Viterbo. Crisi al Comune. Fioroni, Sposetti, Panunzi, gli implacabili killers del centrosinistra viterbese. Una città in stand by

E’ davvero angosciante vedere che, anche dinanzi ad una crisi così grave e preoccupante, sia della città che della sua amministrazione comunale, non si senta parlare di “politica”, ma solo di tatticismi, di riunioni carbonare, di direzioni centrali di un partito che dovrebbero valutare e decidere;

sarebbe stato meglio assistere ad una forte contrapposizione polemica tra primo cittadino e dissidenti tesa a costruire una qualsivoglia ripartenza. Ad onor del vero, sul fronte della maggioranza, l’unico a parlar chiaro è stato Francesco Serra che almeno alla fine ha preso e ribadito una posizione precisa, per il resto il nulla assoluto: solo le opposizioni hanno cercato con molta buona volontà di riportare il confronto sul terreno dei reali problemi della città, ma anche qui è mancato lo “stacco netto”, l’allure dell’alternativa che nasce e si  sviluppa, la “proposta”, almeno sinora. Viterbo vive senza sapere a quale modello di città ispirarsi, naviga stanca verso i lidi di una intoccabile routine che pare le si voglia imporre da più parti: da Roma, che non ha alcun interesse a veder crescere una città da cui dista neanche 100 km e dagli stessi top players della politica che dovrebbero rappresentarla nella capitale. Sia mai detto che la triade al momento composta dagli onorevoli Fioroni e Sposetti e dal “regionale” Panunzi riesca a portare a casa qualcosa di buono per la propria terra: solo annunci altisonanti nei decenni uguali a se stessi. Mai che avessero lavorato seriamente ad un progetto decente, favorito la crescita e l’affermarsi di un giovane politico che fosse anche una “testa pensante” e non solo un esecutore di ordini: sono loro che hanno sempre tenuto ben appiattito la classe dirigente di questa città, appunto per poter dialogare tranquillamente tra loro di business più o meno grandi da spartirsi assieme ad un peso politico misurato col bilancino. Fioroni ha provato a rompere questo equilibrio calando sul tavolo l’asso dei moderati e riformisti, un disegno non proprio evoluto, laico e progressista a dire il vero, ma i “tumulti” che ne sono seguiti altro non sono stati e non saranno che la reazione degli altri due ai deliri di onnipotenza del primo. Il panorama per la città è desolante e le ormai quasi inevitabili nuove elezioni comunali altro non promettono che piccoli, grandi giochi di potere fra i soliti noti. Strano destino quello di Viterbo, essere oppressa da un sistema feudale ancora nel terzo millennio e ricavarne sempre più sottosviluppo e nessun beneficio: la storia a questo punto potrebbe prevedere l’entrata in scena del grande liberatore, l’ousider del rinnovamento…ma Viterbo aprirà le porte delle mura al suo passaggio, o al solo vederlo le richiuderà terrorizzata?

Pasquale Bottone