Fino a pochi anni fa Viterbo il più delle volte, per chi la conosceva, veniva definita “città appartata, ma tranquilla”; oggi si può tranquillamente ribadire che sia un luogo appartato, ma non certo più tranquillo. La politiche delle clientele e degli infiniti familismi ha fatto notevolmente crescere la tensione sociale assieme alla crisi e alle disastrose condizioni del centro storico. Poi sono sopraggiunte le rapine, le bottigliate, i coltelli esibiti in forma di minaccia e tutto quanto fa cronaca nera: ed addirittura sabato i primi spari, indirizzati da un automobilista contro il lunotto posteriore di un altro automobilista per motivi di viabilità. Episodio grave perchè lascia innanzitutto intendere come sia peggiorato il livello delle persone che abita o frequenta Viterbo e come sia in forte aumento l’insofferenza ed il nervosismo dei cittadini per le condizioni dell’urbe, il lavoro che non c’è , le chiusure della politica: e poi che il clima di abbandono in cui si vive abbia fatto diventare terra di nessuno la città dei Papi, ormai facile terra di conquista per associazioni criminali. sbandati, delinquenti a caccia di colpi. La crisi di Viterbo è etica, e porta anche alla violenza, alla micro e macro criminalità sempre pronte ad occupare spazi lasciati dalla mancanza di regole: una mancanza di regole che si respira a molti livelli e che sta creando un divario sempre più ampio tra cittadini ed istituzioni e favorendo l’emergenza sociale. Ma tanto poi i soliti noti, tra un affare e l’altro riuscito alle loro sempre più strette conventicole, diranno che tutto va bene, Madama la Marchesa…
Paco Severi
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