“Vita da numeri uno”. Intervista con Mario Capece, allenatore-portieri lucano noto in tutto il mondo

“Sin da piccolo ho sempre pensato che ogni mio sogno potesse diventare realtà anche a costo di girare tutto il mondo”, questo il motto di Mario Capece, una carriera brillante nel mondo del Calcio. Dall’ Eccellenza lucana dell’Az 81 Picerno, piccolo comune in provincia di Potenza, Mario Capece, 44 anni, attraversando numerosi Club tra cui Biellese, Süd Tirol, Canavese, Ivrea, Academy Milan a Sydney e le ultime due stagioni al Virtus Entella approda al Partizani Tirana in Albania.Dopo aver preparato portieri quali Marchetti, Mirante, e Seculin, ben noti agli appassionati di Calcio, lo incontriamo e ci spiega qual è il segreto del suo progetto  “Vita da Numeri Uno” con sede in Italia presso l’Accademia Calcio di Sorrento, che Mario porta in giro per il mondo e che si riassume, sostanzialmente, nell’idea che il Portiere sia l’uomo in più della squadra e che, per questo, richiede un allenamento di un certo tipo:

• Vita da numeri Uno Project rappresenta tutta la summa del tuo percorso nel Calcio, il ruolo del portiere come da te inteso non può prescindere da un allenamento atletico e “spirituale”: come si impara a motivare gli altri?  

” Sicuramente,”Vita da Numero Uno Project” racchiude in una sola parola il mio percorso di vita abbinato allo sport, dentro c’è tutto quello che ho vissuto emozionandomi e che trasmetto a chi ho la fortuna di presentare il mio progetto. Sicuramente l’allenamento tecnico di un atleta non può distaccarsi dall’aspetto mentale, il vero motivo per cui riesco a motivare le altre persone non saprei dirtelo, so che accade, forse perchè cerco, con tutti i miei pregi e difetti, di essere me stesso sempre e di ascoltare tutti e questo viene apprezzato”.  

• Senza un sogno non si possono raggiungere traguardi importanti, tuttavia, il mondo del calcio appare ancora uno di quei settori in cui “Uno su mille ce la fa”, accessibile a pochi… La tua storia rovescia un po’ questa prospettiva o avvalora questo detto?  

” Un sogno va coltivato anche nei momenti in cui agli altri appare invisibile, in questo modo, anche senza rendersene conto nell’immediato,aggiungi nuovi tasselli alla tua crescita personale avvicinandosi ai propri obiettivi. In un incontro con i giovani delle scuole medie e superiori, organizzato dalla Virtus Entella in Liguria, tenutosi lo scorso anno, portai proprio come tema principale “Nello sport e nella vita voglio essere l’uno e non gli altri 999 che non ce la fanno”… Questo non significa distaccarsi dalla realtà che purtroppo tante volte poi risulta diversa, ma essere coscienti di avercela messa tutta e, di conseguenza, nel tuo percorso di vita lasciare un segno vincente per ricominciare altrove”.

• Sei definito il nomade felice del calcio, per la tua esperienza quanto conta aver attraversato più realtà geografiche e in quale di queste ti sei sentito “a casa” e perchè? 

“Come dicono i miei nipoti sono uno zingaro felice perchè mi sento a casa ovunque. Sicuramente l’esperienza ti porta ad adattarti in breve tempo ovunque ti trovi, ma il segreto, almeno per me, è quello di non dimenticare mai il mio primo viaggio fatto da Picerno(PZ)…Ricordarsi il primo step per raggiungere un obiettivo ti fa sentire sempre a casa, perchè ti ritieni fortunato a non aver detto mai “NO” alla parola “Coraggio”.  

• Hai allenato i giovani e gli adulti, che differenza passa tra aspirare a diventare numero uno di una squadra e sentirsi l’uomo in più della squadra, puoi raccontarci qualche aneddoto in proposito? 

” Continuo a percorrere questi due percorsi alternativi, ad allenare portieri adulti nei club e giovani Numeri Uno nei College, la risposta è già nella domanda: il portiere di una prima squadra deve sentirsi l’uomo in piu’ per essere all’altezza della situazione, mentre con i giovani hai a che fare con tanti ragazzi che hanno una voglia matta di affermarsi, ed è proprio lì che si deve insegnare la realtà in cui si vive, spronandoli a dare il massimo senza costruirgli un mondo illusorio e facile, che non esiste per nessuno, ma prepararli ad essere pronti nelle difficoltà”.

 Il tuo lavoro è simile a quello di “ostetrica” tiri fuori la vita, quella che è già insita nella persona, su di te chi ha fatto questo lavoro prima o si nasce con un dono? 

” Mi emoziona la tua domanda!Credo di essere una persona semplice che però non fa mai a meno di vivere con tutto se stesso le emozioni, non mi stanco mai di viverle e trasmetto tutto questo ogni attimo, in ogni luogo in cui ho la fortuna che i ragazzi mi ascoltano.Credo sia un qualcosa che mi sia venuto non so da dove, forse da mio fratello e mio cugino che giocavano in porta o anche alla semplice passione di vivere una storia fantastica con il mondo intero”.

• Dall’Eccellenza lucana al Sorrento passando per Virtus Entella, oggi approdi in Albania al FK Partizani Albania e sei prossimo alla Champions League, quando sei alle spalle di una porta o stai per calciare un pallone quale emozioni provi?  

” Eh si tanto girovagare ma sempre la stessa cultura del lavoro e della professionalità. Ogni giorno devi avere la convinzione di essere pronto a fare di tutto per dare ai propri allievi il massimo, ma nello stesso tempo ogni giorno studiare un nuovo particolare per proiettarlo verso il massimo dei suoi livelli. Quando calcio sono talmente felice che penso solo alla splendida avventura di ogni giorno che la mia vita mi regala”.

 Per preparare i portieri professionisti oltre allo studio del ruolo del portiere, immagino tu abbia dovuto studiare anche le tecniche di attacco, le due cose sono imprescindibili…Se dovessi scegliere una coppia di giocatori in funzione di un criterio di pari potenza chi metteresti in porta e chi all’attacco per un rigore? 

” Sicuramente negli ultimi anni il portiere, finalmente, è parte integrante della squadra a livello tattico: la conoscenza di tutti gli spostamenti che la propria squadra deve fare diventa fondamentale per la posizione del portiere e la conseguente scelta del gesto tecnico da effettuare. Nello stesso modo bisogna studiare gli avversari e cosa creano in attacco e le loro personali qualità di ogni calciatore. Nel giochino che mi hai proposto abbinerei Angelo Peruzzi, la semplicità, in porta, e Roberto Baggio, la poesia , a calciare”.

• Se ti proponessi lo stesso gioco in un calcio d’angolo chi starebbe in porta e chi segnerebbe o non segnerebbe il gol?  

” In porta metterei Marchetti a cui piace molto attaccare e tutti gli altri a non fare gol…Ahaha”.

• Oggi Mario Capece sogna o sta vivendo una realtà da sogno? 

“Vivo per quello che faccio, esploro, rido, faccio sacrifici, e non mi pongo obiettivi finali, perchè    si sogna tutte le notti ed io preferisco farlo anche di giorno, senza distaccarmi dalle difficoltà della realtà, ma senza un obiettivo si sopravvive ma non si vive”. 

• Essere nato in un contesto “isolato”rispetto ai circuiti nazionali è stato uno sprone o credi che abbia rallentato la tua carriera? 

” Paradossalmente,per come la penso, essere nato a Picerno, è stata la forza invisibile che sempre mi porterò dietro, il problema Nadia è capire di averla, tanti ragazzi vivono sulla cultura di avere tutto e subito, senza però usare il coraggio che si ha dentro di mettersi alla prova senza farsi trascinare dalle poche occasioni che la realtà offre…io posso solo dire che tutto è possibile se si accettono le sconfitte come vittorie non nel senso calcistico ma di vita, e si vivono le vittorie come una nuova pagina di una favola”.  

• Mario Capece quando non è impegnato felicemente col pallone come si distrae? 

” Mi piace tanto scrivere, stare al mare e vivere il silenzio delle onde, leggo tanto, tra i miei preferiti Bambarèn, tanta musica e viaggiare, viaggiare, viaggiare. La cultura mi ha insegnato che il viaggiare non ha limiti”.

Nadia Lisanti