Uomini Maltrattanti: un’etichettatura da sradicare

Sembra ormai normale essere investiti ogni giorno da notizie relative la violenza di genere, un continuo esser sottoposti a storie di donne vittime di violenza dove il fulcro fondamentale è la messa “al rogo” dell’uomo che agisce violenza. Associazioni e Enti che si prodigano all’aiuto delle vittime, il costante supporto a chi subisce violenze e la continua e svilente etichettatura di chi invece si trova dal lato opposto. Se è vero che bisogna dare un’altra possibilità alle persone, come è giusto che le vittime riescano a superare il trauma per continuare a vivere in maniera più serena è opportuno che questo avvenga anche per chi ha commesso lo sbaglio, la possibilità di non essere messi da parte ma di avere un supporto per una rieducazione alla non violenza e alla voglia di tornare a vivere una vita sana.

Si tende a mostrare sempre e solo un lato della medaglia, senza mai rendersi conto che sarebbe bene ogni tanto osservarla da altri punti di vista. Conosciamo questi uomini? Sappiamo quali sono le loro storie? Perché sono arrivati a tanta violenza? Proviamo ad immedesimarci nei loro stati d’animo?

Salvo casi in cui vi è una situazione patologica di soggetti in cui è necessaria una presa in carico da parte di esperti in quanto si rilevano psicosi o patologie riconosciute dall’OMS, ci troviamo nella grande maggioranza di casi, di fronte a soggetti comuni, dal professionista benestante al bravo ragazzo di buona famiglia, dal primario dell’ospedale al direttore di banca, da chi abusa di alcool a chi ha vissuto durante l’infanzia esperienze di violenza o vicissitudini difficili e altro ancora. Allora chi siamo noi per poter etichettare a mostri e bestie feroci queste persone senza neppure conoscere le loro storie e ragioni?

La violenza è un processo estremamente lungo e complesso, che nasce poco a poco, che segue meccanismi complessi e che risulta essere un combinato di molteplici aspetti di tipo economico, sociale, familiare, culturale e non solo. La letteratura offre ampi spunti riguardo l’argomento, molti sono gli autori e specialisti che si sono occupati di questo, da Lenore Walker con il ciclo sistematico della violenza, a John Dollard con la teoria della frustrazione-aggresione e quindi di come un soggetto reagisce a degli stimoli tramite delle risposte. Le tecniche di neutralizzazione e quindi le scusanti e le giustificazioni utilizzate per  dichiararsi meno colpevoli dei fatti commessi di Sikes e Matza. La “cosificazione” dell’oggetto d’amore nella violenza fisica di Simmel.

Oltre agli aspetti riguardanti le motivazioni e le cause che spingono un soggetto all’uso della violenza, il rapporto conflittuale con se stesso, la difficoltà di capire se stesso, la paura della perdita della compagna, dei figli e dell’accettazione dell’errore con tutte le difficoltà del caso, è da tener presente che non tutte le forme di violenza sono visibili a occhio nudo sia da parte dell’autore che della vittima. Quindi con una maggiore difficoltà di intervento, aiuto e supporto perché

neanche in grado di riconoscerla loro stessi.

Un’insieme quindi di più caratteristiche che influenzano la vita delle persone e che sprigionano questo lato negativo. Tutti siamo dei possibili violenti, tutti potremmo diventare degli aggressori, nessuno è escluso. Importante quindi è capire che se una donna viene aiutata e supportata da un centro antiviolenza, nel momento in cui rientra in casa trova di nuovo un uomo che non ha anch’esso un supporto per sradicare la violenza e rieducarlo, il lavoro può sembrare vano. E’ giusto aiutare e tutelare le vittime ma è altresì importante cercare di estirpare la violenza e rinascere per una vita migliore.

Nel 2009 è nato il primo Centro d’Ascolto per Uomini Maltrattanti a Firenze. Seguito poi dall’apertura di altre 4 sedi CAM e dall’iniziativa di una quindicina di altri progetti in giro per l’Italia per supportare questi soggetti. L’aiuto che viene offerto è strutturato attraverso la valutazione del soggetto, la volontarietà e l’impegno prestato al cambiamento, gruppi psicoeducativi dove vengono affrontate tematiche specifiche.

Importante è capire che non bisogna dimostrarsi giudici di fronte alle notizie riportate dai media, perché potremmo essere noi stessi o il nostro vicino di casa al centro del prossimo dibattito mediatico, ma essere più imparziali possibili e comprendere che è possibile aiutare anche coloro che crediamo dei mostri. Perché se è vero che la violenza è insita in noi possiamo anche essere in grado di reprimere la parte più primitiva di noi stessi e migliorarci.

Marta Scilimati