I recenti terribili attentati di Bruxelles ripropongono il problema dell’Islam e della Jihad. Ci si chiede: l’Islam è una religione compatibile con i nostri valori o no? E’ una religione di pace o di guerra? Difficile dare una risposta chiara e netta perché tutti e due gli aspetti sono previsti e contemplati e questo semplicemente perché nessuna religione è davvero eterna ed immutabile ma si evolve continuamente a contatto con le diverse realtà storiche. Nel Corano, che ben pochi hanno letto davvero, potremmo trovare sure che invitano alla tolleranza ed alla concordia ed altre che invitano alla guerra senza quartiere agli infedeli.
Ma anche le altre religioni abramitiche contengono passi dove si invita a combattere ad oltranza nemici ed infedeli, specie il Vecchio Testamento.
Se il cristianesimo ha una maggiore parvenza di mitezza lo si deve essenzialmente al fatto che il suo fondatore non fu fondatore di stati, non fu capo politico e militare come invece furono sia Mosè che Maometto. Se mai Gesù Cristo ebbe l’idea di sollevare il suo popolo dal giogo straniero (e quest’idea sicuramente circolava tra i suoi seguaci) la spietata macchina repressiva dell’impero romano la stroncò sul nascere. Non è improbabile che uno dei motivi che spinsero Giuda al tradimento del suo maestro fu proprio il non vederlo passare dalle parole ai fatti.
Nel caso di Maometto siamo di fronte ad un leader religioso che è anche capace di condurre i suoi fedeli alla conquista di un impero. Fin da subito deve lottare per la sua sopravvivenza e quella dei suoi fedeli.
Eppure la parola jihad può avere molteplici significati e si può intendere sia come lotta violenta che come lotta tutta interiore, sforzo per operare il bene e raggiungere la vicinanza con Dio. L’arabo è una lingua piena di sfumature, un po’ come il greco studiato al liceo dove una stessa parola aveva un significato diverso a secondo del contesto ed era difficilissimo da tradurre.
Bisogna inoltre tener presente che il Corano, come pure i vangeli furono messi in forma scritta solo molti anni dopo la morte dei rispettivi profeti.
Al periodo di Medina, quando la lotta di Maometto ed i suoi seguaci attraversava il periodo più cruento, risalgono i versetti più bellicosi. Vi si parla di premi per quanti moriranno in battaglia e si esorta il fedele a sterminare quanti non vogliono riconoscere nell’Islam la vera fede.
Ma quando Maometto esorta ad uccidere gli infedeli lo fa sottintendendo che sia sempre e comunque un atto positivo? O parla come un generale che deve spronare in quel momento i suoi soldati alla battaglia? (Così come avrebbe fatto un generale qualsiasi in una guerra qualsiasi)
Il problema della religione è che non si può storicizzare. Si pretende che le parole siano sacre ed immutabili (e tra i musulmani si discute perfino se il Corano sia creato o increato) ed è chiaro che questa visione complica molto le cose.
In realtà, durante la lunga e splendida storia della civiltà araba la forza delle “cose” ha imposto l’interpretazione più utile al momento. Lo stesso Maometto, nel suo periodo meccano quando ha ormai consolidato il suo potere, fa prevalere nelle sure l’aspetto di tolleranza nei confronti delle altre religioni. Non va infatti dimenticato che paesi come la Siria e l’Egitto erano per lo più popolati da gente di fede cristiana. Se Maometto ed i suoi successori avessero imposto il loro dominio attuando una feroce applicazione della sharia avrebbero ottenuto soltanto la ribellione dei sudditi contro un potere in via di consolidamento. Da qui la dottrina dell’indulgenza verso i popoli “del Libro” intendendo per essi cristiani ed ebrei.
Non era questione di fede ma solo di realpolitk. E comprensibilmente, quanto più aumentavano le conversioni (spesso solo per sfuggire alle tasse che gli infedeli dovevano pagare) la tolleranza diveniva via via meno necessaria e da qui il prevalere della jihad intesa come lotta contro gli infedeli e non più come sforzo interiore. Una volta consolidato l’impero era bene che i sudditi si uniformassero al credo di chi detiene il potere. Esattamente come del resto avevano preteso Costantino prima Teodosio poi imponendo il cristianesimo come unica religione lecita.
E oggi? Negli anni sessanta il mondo arabo guardava all’Occidente o anche al comunismo (che dell’Occidente è stato un prodotto) come ad un modello di progresso da imitare. Che cosa è andato storto? Sicuramente le velleità neocolonialiste di Europei ed americani spensero molti ardori specie quando finirono per appoggiare governi autocratici che uccisero sul nascere ogni speranza di partecipazione democratica. Il tutto è poi complicato dal fatto che nell’Islam non è mai avvenuta quella separazione tra Stato e Chiesa mai attuata perfino in Occidente.
Non c’è dubbio che l’Islam porti con sé una serie di istanze che mal si conciliano con il nostro stile di vita (che non necessariamente è il migliore di quelli possibili). Il ruolo subalterno della donna, l’impossibilità di una seria discussione sulla religione sono ad esempio macigni su qualsiasi vero dialogo. L’Islam ha le sue responsabilità ma noi non siamo da meno.
Una serie di scelte politiche sciagurate da parte delle due superpotenze in Afganistan, Siria, Iraq e altrove ha fatto il resto. Scalzando dittatori come Saddam o Gheddafi ed imponendone altri come lo scià o Assad abbiamo aperto vuoti di potere che sono stati fertile pascolo per il fondamentalismo che ha potuto vestire i panni della lotta anticolonialista in vece del comunismo che ha perso ogni appeal.
E’ il mondo globalizzato che ha risuscitato la Jihad. Quei disgraziati popoli ora possono scegliere tra il medioevo immaginario di un sedicente califfo o lo stato di polizia instaurato da qualche leader locale di nostro gradimento. Bene, poi non stupiamoci che scappino tutti.
Gianvittorio Musante
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