Martina Minchella, ovvero la “supercasta dei figli di papà” attacca la presunta casta viterbese “moltoniana”. Che brutta politica, povera città

La pace armata tra Fioroni e Panunzi regge, ma la polemica tra maggioranza ed opposizione, dopo la famosa questione della decadenza di Moltoni che sembra l’unico grave problema che al momento deve affrontare Viterbo, è risalita di tono in queste ore.  Ed è assai sorprendente che ad evocare lo spettro dei privilegi di casta che salverebbero il suddetto Moltoni sia proprio una appartenente alla supercasta di figli di papà e famiglie di notabili del viterbese: perchè ad altra categoria non appartiene appunto la consigliere Minchella che ha ottenuto la delega alla Sanità da Michelini, nonostante, come da noi già scritto in precedenza, fosse   l’adorata figliola dell’ostetrica del Belcolle Antonella Ambrosini, professionista che, come si intuisce, per qualifica e ruolo non è proprio lontanissima dal mondo della citata  Sanità (oltre ad essere nota per l’attività sindacale, la Ambrosini, responsabile della Funzione Pubblica della Cgil). Una cosa è rispettare le regole, una cosa è accusare inopinatamente gli avversari politici di essere protetti dalla casta (quella per gente semplice, evidentemente, non la supercasta dei veri protetti). Il tutto quando è ormai universalmente noto che ai Moderati e Riformisti preme l’ingresso in consiglio del primo dei non eletti alle scorse elezioni, tal Claudio Mecozzi, al posto di Moltoni, per poter contare su un voto in più in consiglio. Certo questo tipo di politica non ci appassiona, ma c’è chi a Viterbo da decenni non riesce a rinunciarvi.

(J.M.D.P.)