Non ha bisogno di presentazioni Antonio Nicola Bruno, musicista d’eccezione nel panorama della musica d’autore; lo incontriamo prima dell’uscita del nuovo lavoro “Elettronica Popular”, “in Fiore di Lucania”, Terra natìa.
Antonio Nicola Bruno, qual è il primo strumento o corda che hai suonato e che ricordo hai di quell’esperienza?
“All’età di 5 anni ereditai la mia prima chitarra da mio fratello Alessandro, che non era interessato allo studio della musica. Mi arrivò così questa chitarra che aveva sole tre corde, e con questa iniziai a comporre i miei primi pezzi insieme a Giorgio, mio fratello. Addirittura registravamo con un registratore geloso a bobina, e iniziammo a fare molti pezzi che si concludevano sempre con un urlo da stadio ed intervista che ci scambiavamo. Dopo qualche anno, dopo aver imparato tutti i pezzi dei dischi che arrivavano a casa, mia madre si convinse che era tempo di farmi studiare e cosi’ cominciai un percorso di studi classici per chitarra durato all’incirca 6 anni. E comunque continuavo a scrivere e cantare le mie canzoni, sempre rigorosamente musica rock”
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- La musica che cos’è per te da allora ad oggi?
“La musica è sempre stata la parte più importante della mia vita. Da sempre tutte le persone che incontro mi chiedono della mia musica, sentono che stanno davanti ad un musicista. Non so per quale motivo, ma da quando ne ho ricordo, la musica è sempre esistita in me, una cosa che sgorga come l’acqua dalla fonte, non ho il minimo problema nel crearne di nuova, se mi siedo davanti ad un quaderno, ed oggi davanti ad un computer, un nuovo pezzo sta per nascere. M piace anche molto creare per altri, mi basta un minimo di stimolo per partire e comporre musica e parole…Ho collaborato ultimamente alla realizzazione del pezzo Fior di Lucania, che sta andando fortissimo su YouTube, collaboro con il gruppo salentino dei Petrameridie, gruppo che è stato chiamato a suonare a Melpignano alla famosissima “notte della taranta” e stiamo scrivendo insieme a Pietro Cirillo un brano sulla nostra Basilicata.Ovviamente scrivo e collaboro in molti progetti con Tony Esposito, con lui ho pubblicato molto materiale, come il pezzo “Danza e ridanza” che da anni riproponiamo sulle piazze d’Italia e del mondo. Poi ci sono i miei dischi da solista e in gruppo…”.
- Nella tua famiglia siete due musicisti e un pittore, purtroppo da poco volato in cielo e sei cugino del grande Maestro Infantino crescere in un clima di confronto “familiare” credi che abbia determinato le tue scelte artistiche?
“La mia famiglia, soprattutto il ramo degli Infantino di Tricarico, è una famiglia di artisti, in tutti, anche quelli che fanno altre cose, c’è un qualcosa che attiene all’arte.
In casa, noi tre fratelli abbiamo costituito una cellula d’Arte, e, insieme abbiamo creato musica e curato da sempre grafica e fotografia, un gruppo ben assortito e completato da mia cognata Tiziana, che spesso curava i testi che poi pubblicavo. Antonio Infantino è stato determinante per me, per quel che riguarda la musica popolare, che ho iniziato ad apprezzare e ad amare grazie a lui. Mi ha anche insegnato tutte le metodologie per giungere ad un buon prodotto finale, che deve essere curato in ogni suo dettaglio e garantisco, che per pubblicare un cd intero, è necessario uno sforzo enorme, c’è bisogno di tante persone, maestranze e tecnici e in cui tutto può’ portare fuori strada. Nella musica, nello stile, nella composizione dei testi, c’è bisogno di molto lavoro e soprattutto di una chiarezza di intenti, bisogna avere dei contenuti che possano essere capiti e condivisi dal pubblico”.
- Il tuo percorso di musicista è improntato ad una ricerca sottile, sei anche autore dei testi, e questa poliedricità farebbe di te oggi un’artista completo…In realtà non ci si sente mai completi in arte o sbaglio?
“Ogni autore, mette nella sua arte quello che è. Se sei una persona colta, profonda non farai mai nulla di sciatto, se credi nell’Arte, non potrai mai permetterti di scrivere cose commerciali, fatte solo per il ritorno economico. L’artista poi è in continua evoluzione, non arriva mai per fortuna, può’ solo andare avanti e rendersi conto in un secondo momento di quello che sta scrivendo, molto spesso i testi sgorgano dalla quotidianità’ e dai momenti della vita, dagli amori, dalle delusioni, dalla politica e dalla strada, ogni componente, combinata con la sensibilità di un artista dà vita ad un qualcosa. Tutti sono degli artisti o potrebbero esserlo e non lo sanno!! Parlando poi di ricerca, io sono alla ricerca delle mie radici, delle possibilità future, e di tutto ciò che noi italiani del Sud siamo nel bene e nel male, leggo moltissimi autori, amo il mondo classico e gli scenari fantastici, anche psichedelici. Per fortuna non ci si sente mai completi, fino alla fine ci sarà sempre qualcosa di nuovo che mi sorprenderà e mi dar nuovi stimoli”.
- Puoi raccontarci come nasce la musica e come il testo quando sei ispirato lasciandoci percorrere questo viaggio attraverso il tuo lavoro sin qui e quello che stai per affrontare?
“Non è facile descrivere il mistero della Creazione e del Creato. Chi ha figli sa che questi non si scelgono, essi vengono al mondo da soli ed ognuno di loro avrà un proprio carattere, una propria bellezza ed un proprio successo nella vita. Quando nasce una canzone, l’artista ne diventa padre, potrà proteggerla, curarla, ma lei da sola avrà una personalità ben definita, questo mistero, quello della vita, mi si ripropone davanti ogni volta che nasce un nuovo pezzo, ed io, sono un patriarca, ho moltissimi figli e li amo ed odio tutti!! Certe volte nascono prima i testi, altre volte, i testi iniziano a sgorgare sulle note o sugli accordi; ho notato, che i miei pezzi migliori, sono nati di getto, all’improvviso, senza stare a pensarci su, le mie cose più semplici, sono quelle che il pubblico apprezza di più”.
- Hai suonato con il grande jazzista James. Senese e con Pino Daniele, nel panorama musicale oggi quale vuoto ha lasciato Pino Daniele, il Pino Daniele, di quegli anni?
“Sono onorato di essere entrato a fare parte di quello che nella storia della musica italiana viene definito neapolitan power. E’ stato Tony Esposito che ha creduto nelle mie potenzialità di autore, di musicista e di cantante, dandomi negli anni sempre più’ spazio. Con lui ho fatto concerti in tutta l’Italia ed in molte parti del mondo e mi ha fatto incontrare tutti i grandi della musica mi ha fatto apparire in moltissimi suoi lavori, abbiamo fatto insieme anche molta radio e televisione. Quando Pino Daniele ci ha chiamato per fare i famosi concerti del Palapartenope, mi ricordo ne fui felicissimo, per la prima volta potevo stare insieme a tutti questi grandi. Li ho conosciuti tutti. Da James Senese a Tullio, Joe amoroso, Rino Zurzolo, Ernesto Vitolo e tanti altri, da questi concerti è nata l’idea di farne un libro,”per rabbia e per amore” di A. D’Errico (ed.Arcana) che parla appunto del movimento musicale Neapolitan Power, un libro con interviste di molti di noi autori e musicisti. Pino Daniele ha incarnato la napoletanità, con parole semplici ha saputo dipingere la realtà’ vissuta dal popolo napoletano.Contemporaneamente è riuscito ad avvicinare la musica più importante, soprattutto il rock, il jazz alla musica popolare. Stessa cosa per James Senese e Franco Del Prete, con “Napoli centrale” ed Enzo Gragnaniello, lo scugnizzo poeta. Ognuno di loro è stato per me un maestro, ho cercato ed ascoltato sempre i loro consigli, ogni cosa che questi mi hanno detto è stato un pezzo che ho aggiunto al mio percorso musicale. Devo anche aggiungere a questi grandi nomi anche quello di Tony Cercola, che mi ha fatto veramente conoscere moltissimi musicisti napoletani e per lui ho scritto “stelle d’oro” presente nel suo cd voci scomposte”.
- Direttore Musicale, in questo ruolo cos’hai scoperto dell’uomo e cosa dell’artista?
“Mi è capitato spesso di fare il direttore musicale, ad esempio con i Tarantolati di Tricarico o con il gruppo salentino dei Petrameridie. Spesso questo ruolo non è facile, bisogna accontentare i committenti, i musicisti e le aspettative di tutti quelli che ruotano attorno ad un progetto. Molto spesso quindi in questo ruolo è più l’uomo che comanda che non l’artista, certe volte c’è anche bisogno di una certa fermezza e quindi di chiarezza di idee, altrimenti non si riesce a mettere in piedi uno spettacolo fatto bene, e c’è bisogno soprattutto di autorevolezza per poter poi risolvere tutta una serie di problematiche che certamente si troveranno sul cammino di un gruppo. Più’ il gruppo è grande e più questo mestiere è difficile. Ovviamente c’è la componente artistica di composizione, arrangiamento e quello di creare un suono, che sia il marchio del gruppo, e. ogni gruppo ha le sue particolari peculiarità. Diverso era il lavoro con i Bellitamburi, dove c’era una grande unità di intenti e dove spesso mi confrontavo con mio Fratello Giorgio, che ha il potere di capire se un pezzo funziona o no, e questo mi è stato sempre di grande aiuto”.
- Come si affrontano le logiche di mercato che obbligano a determinati percorsi artistici quando si è scelto di non essere artista commerciale?
“Il mercato purtroppo comanda e a tutti i livelli. Ovviamente sono necessarie delle vere e proprie strategie, ed è sempre importante vendere il proprio prodotto e rivolgersi alle persone giuste. Non avrebbe senso ad esempio, cercare di vendere musica etnica o musica industrial a clienti che cercano musica pop, o a Sanremo, bisogna individuare degli obbiettivi possibili, fare delle vere e proprie ricerche sul cosa e a chi proporre. Io ho amato sempre la musica di qualità, e cerco di rivolgermi sempre ad artisti o ad operatori di settore che si occupano di quello che anche a me interessa comunicare. Poi gli ingredienti di storie di successo sono molteplici, quindi le risposte possono cambiare notevolmente da produzione a produzione…”.
- Con chi vorresti condividere i tuoi silenzi? Nella tua musica scorre sangue e rabbia, dolcezza e sogno, ritmi ancestrali e presenti: che cos’è per te l’armonia?
“La musica è la mia voce, il modo di farmi sentire, di far conoscere al mondo i miei pensieri, il mio credo politico, il mio modo di percepire gli altri, il mio modo di amare, ed anche i miei silenzi. Per ottenere questo, c’è bisogno di grande ricerca e di grande disciplina, c’è bisogno di studio e di approfondimento continuo, e non di rado mi capita, di fare ricerche per poter poi scrivere e parlare di qualcosa. C’e’ bisogno di scrivere in continuazione, di ricercare musica, di esercitarsi per poterla mettere su un palco, ci sino quindi tante componenti artistiche e tante componenti artigiane. L’armonia è un grande mistero, è matematica con l’anima…”.
Nadia Lisanti
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