Il rapporto Svimez sul Sud ci presenta una fotografia drammatica. Il Sud è in preda ad un vortice di recessione che lo porta verso il naufragio completo. Non si lavora, non si nasce, non si vive. Un meridionale su tre è a rischio povertà mentre la desertificazione industriale e il crollo degli investimenti continuano imperterriti.
Il Mezzogiorno d’Italia dal 2000 ad oggi è cresciuto la metà della Grecia (oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa ).
Al depauperamento del capitale fisico, in mancanza di nuovi investimenti, si affianca il depauperamento del capitale umano, riducendo ulteriormente le risorse su cui il Mezzogiorno potrà contare per uscire dalla crisi. Nel complesso, la lunga crisi che ha interessato l’area meridionale ha come inevitabile conseguenza l’allargamento del divario di sviluppo tra il Nord e il Sud del Paese.
Quella del Sud è una questione che non può essere licenziata come un fallimento dovuto alla crisi ma trova le sue radici nelle scelte politiche sbagliate che negli anni hanno avuto più i toni dell’assistenzialismo che del pragmatismo necessario per rilanciare quella che per secoli era stata la culla mediterranea della cultura e delle arti. È in parte anche il fallimento della politica. Al Mezzogiorno servivano piani di rilancio della competitività che partissero dalle eccellenze dei territori, delle politiche accuratamente studiate per puntare sui settori strategici come il turismo e l’agricoltura ed invece troppo spesso si è visto mettere in campo solo scelte molto discutibili che hanno ingrossato le file della spesa pubblica portando chiaramente al crollo della domanda e degli investimenti nel momento in cui la crisi ha determinato una diminuzione continua e sostanziosa dei fondi provenienti dal Governo nazionale.
E’ doveroso ricordare a chi parla di rilancio e di piano strategico del Mezzogiorno che il Governo Renzi ha dirottato 220 milioni di euro (cambiando destinazione per decreto) destinati all’occupazione giovanile del Sud alle Regioni del nord (Lombardia e Veneto) per sussidi e cassintegrati. Che nel 2014 ha sottratto ben 3,5 miliardi di euro al Piano di Azione e Coesione, quello destinato agli investimenti nel Sud, per finanziare gli sgravi contributivi per i neoassunti (in tutta Italia) previsti dalla legge di Stabilità.
Neanche di fronte ai toni duri della Corte dei Conti che ha esaminato il bilancio della Regione siciliana, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha battuto ciglio. Eppure, La Corte dei Conti nella sua relazione annuale ha evidenziato con toni duri le responsabilità non solo del Governo Crocetta ma anche del Governo nazionale.“Negate all’Isola le somme dovute per Statuto, ignorate le sentenze della Consulta e pesantissimi gli interventi sulla Regione della manovra finanziaria nazionale – a dichiararlo Licia Centro, relatore sul rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2014. Lo Stato – continua – ha tolto e continua a togliere alla Regione somme che sarebbero utilissime, soprattutto in una fase di grande difficoltà come questa” .
A questo si aggiunge la questione della legalità che affligge il Meridione, là dove il confine tra il lecito e l’illecito diventa sempre più confuso e meno definito comportando che anche le molteplici esperienze di buona amministrazione si perdano in un sistema ingolfato che non funziona a livello generale e che rende vane anche le buone pratiche che si provano a mettere in moto.
Ecco, i problemi del Sud non si risolvono con lanci di slogan ma attraverso investimenti mirati, un’agenda politica seria e concreta che inverte la tendenza al ridimensionamento dalla politica industriale per il Sud verificatasi negli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda la politica di incentivazione regionale, ormai praticamente ridotta a zero; riqualifichi il modello di specializzazione produttiva dell’industria meridionale attraverso il sostegno all’innovazione e alla ricerca e puntando, nel rispetto dell’integrità dei territori, sui settori più all’avanguardia della green economy; potenzi l’accesso al credito delle aziende; favorisca la formazione di reti di imprese per aumentarne le dimensioni medie; promuovi l’integrazione delle imprese del Sud Italia nel sistema economico globale; realizzi un grande piano di investimenti in infrastrutture dei trasporti che svolga non solo un ruolo strategico di collegamento del Sud Italia con l’Europa e i paesi del Mediterraneo, valorizzandone così il ruolo di cerniera per gli scambi commerciali fra le due aree, ma anche di mobilitazione delle risorse economiche ed umane del territorio; colmi le carenze istituzionali che ostacolano il processo di sviluppo nel Mezzogiorno, attraverso il miglioramento della qualità dei beni e servizi pubblici essenziali (giustizia, sanità, istruzione, trasporti, servizi locali); promuovi politiche attive per il lavoro che favoriscano l’occupazione, in particolare quella giovanile e femminile, ampiamente penalizzate nelle regioni meridionali. Ciò permetterebbe non solo di ridurre il rischio povertà per molte famiglie meridionali, ma anche di mettere a frutto le risorse, in particolare il capitale umano delle nuove generazioni, presenti sul territorio del Mezzogiorno e che sono oggi costrette ad emigrare in cerca di possibilità di crescita e valorizzazione; potenzi la lotta alla criminalità organizzata. Ogni concreta politica di sviluppo è infatti destinata al fallimento se non accompagnata da un’azione incisiva di contrasto alla sempre più pervasiva e tentacolare infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico, sociale e civile del Mezzogiorno. Inoltre, è necessario investire nella cultura e nel turismo come motori di sviluppo del Mezzogiorno. Molte esperienze dimostrano che questa scelta può creare posti di lavoro e consentire al Mezzogiorno di valorizzare le sue risorse principali: le persone e il territorio. Per fare questo è necessario “fare sistema”: la nascita di tavoli di programmazione in cui coinvolgere la politica, l’università, la scuola, l’impresa, le tante iniziative nate quasi spontaneamente da parte di giovani, potrà creare ricchezza e occupazione e, soprattutto, ridare fiducia e speranza alle donne e agli uomini meridionali che vogliono credere in un progetto di rilancio della propria terra. Recuperare e valorizzare la vocazione agricola del Mezzogiorno attraverso interventi a tutela delle colture e dei metodi di coltivazione e allevamento tradizionali e dei prodotti di qualità dell’agroindustria locale.
Valentina Spata
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