Qualcosa di sinistra. Quando è troppo tardi anche per il sarcasmo dalemiano….

Stando ad un attendibile sondaggio l’unico in grado di prendere le redini del PD e fargli prendere una direzione diversa da quella voluta/imposta da Renzi sia, udite, udite, Massimo D’Alema. Il nostro, che ha certamente maggiore finezza politica e forse visione strategica, non ha titoli per proporsi come alternativa.

A parte la freddezza machiavellica e l’amore per la battuta sarcastica che difficilmente riescono a suscitare empatia, a mio parere non è l’uomo giusto. Tralasciamo la sterile polemica su “ggiovani” e “vvecchi” su rottamati e rottamandi D’Alema ha una colpa irredimibile, almeno ai miei occhi, è stato colui che ha abbattuto il governo Prodi.

La storia d’Italia, dall’unità ad oggi, è stata caratterizzata dal tradimento sistematico di ogni vera istanza di rinnovamento all’insegna del motto, magistralmente espresso dal principe del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.

Pensiamo un attimo alle speranze suscitate dal Risorgimento. I picciotti seguirono Garibaldi non per avere Libertà e Costituzione ma terra da coltivare. I partigiani che salirono in montagna certo non nutrivano nostalgie per l’italietta umbertina spazzata dall’avventura bellica della Grande Guerra prima ancora che dal fascismo.

Ed ogni volta le istanze di progresso, libertà, diritti furono se non tradite, disattese.

L’Italia è, a mio parere, un paese chiuso, sostanzialmente oligarchico dove poche grandi famiglie controllano tutte le attività economiche e culturali. Basta sentire un tg e notare come i cognomi dei giornalisti siano sempre gli stessi. Invariabilmente.

E sono gli stessi i cognomi dei professionisti, dei notai e degli avvocati, dei medici all’ospedale e potremmo continuare all’infinito.

Se spunta qualche nome nuovo è solo un cooptato e per ciò stesso poco, molto poco interessato a cambiare le cose.

Ha un ricambio maggiore, come classe dirigente, perfino un’istituzione vetusta come la Chiesa dove però vediamo arrivare ai vertici personaggi giunti da paesi lontani geograficamente e irrilevanti politicamente. Può darsi che almeno a questo l’assurdo celibato del clero sia servito.

L’Ulivo è in fondo stato l’unico governo di “sinistra” (pardon centro-sinistra) ad essere votato con entusiasmo dalla gente che non si aspettava la rivoluzione d’ottobre ma sognava di diventare un paese come gli altri in Europa. Sognava una sinistra socialdemocratica che facesse le vere riforme attese da decenni, che scardinasse la giungla di privilegi e di potere accumulato nel tempo.

Sognava una società aperta dove il “merito” non fosse uno slogan o un paravento dietro cui nascondere il solito scambio di favori tra potenti. Sognava, adesso ha smesso, come l’affluenza alle primarie ben testimonia.

Sì, è vero, il governo Prodi era un’anatra zoppa. Non c’era due ministri che fossero d’accordo tra loro, che dicessero le stesse cose ma forse sparargli non era la cura.

Era una vera prima grande occasione ed il nostro, per ambizione personale, lo pugnalò alle spalle.

E appena insediato a Palazzo Chigi, ci mandò in guerra e fece la nota bicamerale credendosi molto astuto ma, bisogna dirlo, Berlusconi fu più astuto di lui. Difficile definire “di sinistra” il suo operato.

D’Alema è fermamente convinto che quando distribuirono i cervelli a lui ne sia toccata una porzione più grossa. Intendiamoci è una mente fina ma incapace di scendere a patti con la realtà. E siccome è noto che la politica sia “merda e sangue” ha sempre trovato chi alla fine gli ha dato il benservito. Ieri il cavaliere ed oggi Renzi.

Ascoltare D’Alema e poi la povera Serracchiani è come ascoltare Caruso e poi la filodrammatica del dopolavoro ferrovieri ma tutto finisce lì. Non si va avanti.

Renzi lo sa e sta sereno. Potrebbe fare sottosegretario il suo cavallo se ne avesse uno e la minoranza dem voterebbe a favore. Per non dividere il partito, per non perdere la cadrega o per tanti altri infiniti buoni o cattivi motivi.

Anche l’ennesimo partito di puri e duri non andrebbe da nessuna parte anzi di fatto farebbe il gran favore di rendere irrilevante qualsiasi opposizione.

Ci vorrebbe altro, per esempio una sinistra moderna, laica, che abbia fatto tesoro dei suoi errori. Non c’è e non ci sarà. Moriremo democristiani o renziani che è quasi lo stesso.

Ma non sarà il vecchio leone ,ormai sdentato, a turbare le notti del premier a cui forse converrebbe lasciare la carica di segretario del partito ad uno dei suoi delfini a scelta, come ai buoni vecchi tempi di Breznev.

L’era Renzi temo che finirà quando tutti i nodi del turbocapitalismo finanziario verranno al pettine e allora sarà troppo tardi anche per il sarcasmo dalemiano.

Gianvittorio Musante