Siamo in Garfagnana, terra a me sconosciuta, e per la precisione a Bagni di Lucca. Il primo “peccato” è proprio questo e la gente del posto mi accoglie facendomelo notare con un detto popolare che ora non ricordo a memoria, ma il cui senso è questo: “ Avrai visto Pisa e Venezia, Torino, Napoli e Firenze ma se te non hai visto Bagni di Lucca, te non hai visto niente”. Son finita in questo magico luogo per incontrare una persona meravigliosa: Mamadou Dioume. E così mi sono iscritta al workshop Cammini organizzato dal Centro Internazionale di Teatro Policardia con il Comune e la Proloco di Bagni di Lucca.
Unico contatto prima di arrivare un certo Roberto Corso, che si è occupato delle comunicazioni da diffondere attraverso il social e dell’accoglienza insieme a Valerio Ceccarelli, presidente della proloco. E così per riabbracciare Mamadou mi sono messa in cammino dalla Basilicata, ho coinvolto la mia clown preferita Mary e con lei son partita alla volta di questa esplorazione. Materiale necessario al workshop, tre palline da tennis, un tappetino da campeggio, abbigliamento comodo, un bastone di legno e il libro di J. C. Carrière Il segreto del mondo. Il viaggio con i regionali delle Ferrovie dello Stato da Picerno (PZ) a Bagni di Lucca dura quasi dieci ore e le abbiamo percorse tutte per trovarci lì a meno un quarto d’ora dall’inizio del lavoro. La prima cosa che ho sperimentato e percepito, prima di abbracciare Mamadou, è dunque questa: la Basilicata è più terza del terzo mondo come scriveva il bambino del libro di Marcello D’Orta*, sì, ma è pur vero che il tempo è una dimensione elastica e l’attesa di un incontro importante mi ha fatto percepire la distanza dimezzata, mi son sembrate cinque ore di viaggio, non di più. Arrivata a Bagni di Lucca con un passaggio in auto dalle ragazze iscritte allo stesso workshop, scendiamo dall’auto ed ecco, materializzarsi in carne ed ossa, il profilo di Facebook: Roberto Corso. Ci accompagna, gentilmente, all’Hotel Europa e ci indica il percorso che dovremmo fare a ritroso per raggiungere il circolo dei Forestieri dove si terrà l’esperienza di tre giorni con Mamadou Dioume. Il tre Gennaio, atmosfera intorno è quella natalizia, il borgo ha luci accese e angoli pittoreschi, somiglia tanto ad una location cinematografica senza cameraman che girano. Saranno andati tutti a riposare e sono le 17:45? Lavorano di notte come Mamadou? Questo è il segreto del mondo?!
Affrettiamo il passo e siamo davanti al Circolo dei Forestieri, realizzo avvicinandomi che quell’altezza è Mamadou Dioume, corro verso di lui e faccio per abbracciarlo a mo’ di Nadia, lanciandomi al collo ma Mamadou mi ferma, donandomi la sua estraneità: – Sono all’antica Nadia, sono io che mi porgo verso la donna – Rewind. Tutto da rifare ma è così che ci si abbraccia incontrando un’altra cultura, così che ci si conosce, da un gesto, il primo, quello più spontaneo per me quando voglio bene a qualcuno.
E io a Mamadou voglio un gran bene. Dopo una dissolvenza su questo piano relazionale, ad abbraccio sciolto ho il piacere di stringere la mano di Andrea Elodie Moretti, direttore del Policardia e a Valentina, compagna di Mamadou. Stessa sorte tocca a Mary come in ogni rito che si rispetti. Si parte, via, si entra nella Sala Rosa del Circolo e si è rapiti dal lavoro di Mamadou con un gruppo di adolescenti. Le prime due ore ci coinvolgono così, siamo osservatori silenziosi e rispettosi di quanto accade. Jean Claude Carrière, si siede accanto a me, come fantasma di un’opera che si sta creando sotto i miei occhi, fra tanti altri occhi, mani, respiri, piedi, persone che diventano miei compagni di viaggio, complice segreto di ogni silenzio o parola, gesto o seduzione, postura o espressione che ci circonda. Siamo vivi e siamo in compagnia di vivi e morti, siamo assorti in continui risvegli, il tempo è una dimensione elastica, ritorna ad ogni sensazione, si sprigiona dalle viscere della terra fino ad esalare attraverso le venature del legno per farsi sospiro, attrito e distanza, passo e costanza. Assume forme geometriche di un assolo che in prosaici atti di vita quotidiana ricrea l’ensemble, lì sotto gli occhi dell’autore, sotto i piedi di un Attore che ci invita, evocando i continenti e tutti i cammini che li hanno attraversati, a compiere un viaggio verso noi stessi: è così che si incontra l’altro. E penso al gup generazionale, a questa formula in cui stiamo ingabbiando chilometri di civiltà per allontanarci dalle persone, quando basterebbe concepire la narrazione come ciò che è sempre stato, il presupposto di una tradizione, il principio cardine di una realtà che si tramanda. E penso anche a loro, a tutte le persone sorde verso le quali abbiamo creato un divario culturale perché, non accedendo alla loro lingua, ne ignoriamo la storia. E penso anche a tutti i Maestri che dalla nascita ad oggi mi hanno trasmesso conoscenza, e che nella parola e della parola, ne hanno fatto strumento di percezione della realtà. E mi chiedo allora, dopo un lavoro intensivo sul linguaggio del corpo, dopo aver acceso un fuoco insieme ai miei compagni di viaggio e narrato una storia come si faceva una volta, dalla notte dei tempi, in ogni civiltà e ad ogni latitudine umana: – Qual è il segreto del mondo? –
Forse il segreto è solo la vita in tutto il suo mistero.
E il mio viaggio continua, mi arricchisce di bellezza, sta negli occhi di chi ci fotografa, Valerio, che di Bagni di Lucca non è, ma che a Bagni di Lucca resta perché in quel luogo è sepolto suo figlio. E mi viene da piangere per tutta la meraviglia che si nasconde nel legame con la terra, con le radici, con la vita, con la morte, con il futuro che si fa presente, puro e semplice istante in cui tutti noi stessi ci trasportiamo da un luogo ad un altro, centimetro dopo centimetro, ora dopo ora. E così ogni spazio umano diventa un tempo naturale che asseconda il ciclo del giorno e della notte, un orologio immateriale che come un diapason accorda i respiri dell’universo. Il segreto del mondo allora, siamo noi stessi, esseri senzienti senza direzione, zingari distratti con il peso di domani, angoli sepolti da una briciola di pane che continuano a lottare per un soffio di vento.
Questo vento che è, anche quando non si sente, impercettibile suono che dà voce al silenzio, è, anche quando non si vede.
- Qual è il segreto del mondo allora? –
- Il silenzio con cui gli occhi lo ascoltano? –
Grazie Mamadou Dioume e grazie a tutti, compresa me che ha camminato verso Te.
Nadia Lisanti
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