“La voglia di fare del male”, questo il movente che ha dato luogo all’omicidio di Luca Varani, il ragazzo di origini slave che in una notte di movida privata ha perso la vita ucciso da altri due giovani: Manuel Foffo e Marco Prato. Il secondo, con piccoli precedenti penali, entrambi habituè delle notti brave Romane. Luca il ragazzo trucidato ha ricevuto tramite SMS l’invito a partecipare a una festa, lui, come altre 22 persone, che però hanno disdegnato l’evento. L’esca sono state alcool e droga, lo scenario il teatro delle illusioni,o meglio delle ombre, dato che di quel delitto, poco o niente sono realmente chiari. L’avvocato di Foffo, un certo dott. Andreano, ha dichiarato:”C’era un contesto sessuale, ma il movente non è uscito fuori. Il mio assistito continua a ripetere che non sa perchè lo hanno fatto”. Dunque il mix delinquenziale poteva essere un’orgia, dato il numero degli invitati, e il banchetto, una tavola imbandita di sostanze stupefacenti. La trappola è scattata, Varani ha suonato il campanello, uno degli ultimi suoni della tragedia di quel macabro scenario; infatti “dietro le quinte”, come nei drammi più consumati del teatro horror, gli sono state recise le corde vocali perchè non potesse gridare. 30 coltellate gli sono state inferte, insieme a martellate, che hanno fatto scempio di quel giovane corpo, ritrovato straziato. Dalle analisi derivate dell’esame autoptico, la perizia che rientra nella facoltà operativa dei medici legali che viene di norma richiesta, nel caso in cui le cause di un decesso risultino difficoltose o sconosciute, ha rivelato particolari agghiaccianti.
Il rapporto è stato consegnato al P.M. ed è emerso che il ragazzo è stato ucciso in modo brutale, violento, colpito al polmone sinistro, con un coltello affilato, due ore di tortura inaudita, ferito appositamente, perché soffrisse e provasse dolore. Foffo ha ammesso di aver inscenato il delitto, (come fosse un set cinematografico) con questa motivazione:”Per vedere che effetto fa uccidere una persona”. Il pericolo e lo sconcerto di questa indagine è rappresentato dal fatto che il sangue del ragazzo uscito dal corpo copiosamente ha fatto si che sulle armi del delitto non rimanessero le impronte digitali degli assassini e che la scusante dell’inconsapevolezza, dovuta all’ introduzione di sostanze stupefacenti, possa rendere possibile, ai due assassini, di uscire indenni dalla loro atroce responsabilità. La nostra contemporaneità è giornalmente macchiata da modelli deviati, le droghe, l’alcol, il superamento del proprio” io” sono una costante; certe persone si mettono alla prova per superare “l’oltre”, la normalità diventa un concetto banale e soprattutto transitorio, per la sua limitatezza senza brividi. Negli usi e costumi,del proiettarsi oltre, c’è un non contenimento di sentimenti innaturali,inumani deviati, brutali, e l’implicazione di evocare scelte di comportamenti di estrema crudeltà. Le famiglie, qualunque siano, non condizionano ad uccidere, non condizionano neppure alla follia, anche se i contesti educativi sono depravati, miserrimi, inesistenti o vuoti di contenuti. La cosa che condiziona maggiormente è il disagio personale, non ben delineato, non incanalato verso sorgenti umane di valori positivi invalicabili e costanti. Se si arriva ad uccidere, come in questo caso, le giustificazioni non possono essere imputabili a una famiglia assente, oppure troppo ossessiva, dove magari il padre ha dato troppo, o troppo poco, o perchè non è stato presente durante lo sviluppo emotivo di un figlio in termini materiali e immateriali. La coscienza, in tutti i casi è unicamente nostra, in un duello costante tra il bene e il male.
I giudici dovranno emettere presto una sentenza, speriamo si tramuti in un inno alla giustizia.Terranno conto prima che delle attenuanti, ,se alcool e cocaina dovessero rappresentare la prima condizione, anzichè dell’aggravante di un omicidio efferato, calcolato e pianificato? Oppure il verdetto sarà ascritto all’incapacità degli assassini di intendere e volere? Il loro racconto lucido, particolareggiato e dettagliato risulterebbe difficile da riordinare se solo alcol e droga avessero in realtà offuscato le loro menti malate e criminali. Penso non si possano descrivere la sofferenza e il dolore imposte a Luca Varani e alla sua famiglia, ore fatte di minuti eterni di agonia e, per i genitori, una rassegnazione quasi impossibile da trovare, negli anni a venire. Manifestazione aperta di lucida follia e del piacere di uccidere, andate in scena come spettacolo aberrante e gratuito, malvagità pura elargita allo stadio più primitivo, atroce e inumano stralcio di esibizione, senza nemmeno un briciolo di pietà. Fëdor Dostoevskij scrisse:“La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera”, la pietà ne è sorella, ma a quanto pare questi sono sentimenti in afflizione, anzi in stato di soffocamento. ( Dedicato ai lettori de l’Ora legale, e in particolar modo a quelli che, solo qualche giorno fa, chiedevano di non dimenticare Luca).
Maria Grazia Vannini
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