La sindrome dell’intestino irritabile (SII o IBS dall’inglese irritable bowel syndrome) è un disordine della funzione intestinale, caratterizzato da dolore addominale in relazione a cambiamenti dell’alvo (o in senso stitico o in senso diarroico) e con segni di alterata defecazione e meteorismo. Questa sindrome è una delle patologie che più frequentemente affligge l’apparato digerente. I sintomi sono: dolori addominali, stipsi e diarrea alterne, meteorismo con raccolta di gas nel transito intestinale e rigonfiamento dell’addome. Spesso questo disturbo è dato da stress, nervosismo o stati conflittuali e può essere aggravata da lassativi e da alimenti che possono dare fastidio, se consumati in eccesso. Non evolve, in genere, in patologie gravi e non ci sono terapie specifiche a riguardo. Si può correggere a livello alimentare. È stato dimostrato da molti studi scientifici che la riduzione di particolari nutrienti, definiti FODMAP, allevierebbe la sintomatologia della malattia. Tra questi ingredienti troviamo i carboidrati a catena corta, difficilmente assorbiti nell’intestino tenue. Tra questi troviamo oligosaccaridi a catena corta del fruttosio, galatto-oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e alditoli come sorbitolo,mannitolo, xilitolo e maltitolo. Il termine FODMAP deriva da “Fermentable-Oligo-Di-Monosaccharides-And-Polyols”. Questi ingredienti dannosi risultano essere molto presenti nell’alimentazione umana e la riduzione del loro utilizzo, comporta un miglioramento dei sintomi delle persone che dimosrano la sindrome dell’ intestino irritabile ed altri disturbi gastrointestinali. I FODMAP sono contenuti per esempio nel frumento, in certi tipi di frutta e verdura ed in alcuni prodotti a base di latte. Nell’Europa occidentale, gli oligosaccaridi come i “fruttani” ed il monosaccaride “fruttosio”, sono i più frequenti, mentre il frumento è considerato la più frequente componente di fruttani nel Regno Unito. Alcuni di questi alimenti, considerati responsabili di tali patologie, sono: latte, budini, yogurt, orzo, segale, cipolla, porro, aglio, scalogno, carciofi, piselli, cicoria, pistacchi, anacardi, legumi, mele, pere, mango, ciliegie, cocomero, asparagi, miele, sciroppo di glucosio e fruttosio, albicocche, chewing-gum, mentine e dolci senza zuccheri. La diarrea spesso accompagna questa sindrome e pertanto, quest’ultima, non può essere definita come una patologia, ma come un vero e proprio sintomo di alterazione. Le cause possono essere virus, tossinfezioni alimentari, intolleranze o farmaci. Le raccomandazioni, in caso di diarrea, sono: garantire una buona idratazione, ridurre consumo di FODMAP, preferire metodi di cottura al vapore, griglia o piastra, pentola a pressione piuttosto che frittura e bolliti di carne. I condimenti devono essere semplici e si deve rispettare una corretta distribuzione dei pasti, evitando pranzi e cene abbondanti. Sostanzialmente possiamo affermare che i pazienti affetti da colon irritabile e/o con diarrea possono mangiare di tutto, anche se si consiglia di verificare quali alimenti possano dare problemi. Perché si sviluppa un approccio dietetico a basso contenuto di FODMAP per contrastare tale patologia? Semplicemente perché questi nutrienti contenenti elevate quantità̀ di carboidrati a corta catena, hanno sia la peculiarità̀ di essere poco assorbiti nel piccolo intestino, sia la grande abilità di richiamo di acqua (effetto osmotico) dando così il via ad una maggiore fermentazione di batteri intestinali, creando classici sintomi del colon irritabile (anche gonfiore e meteorismo). Inoltre, dato che il glucosio è noto per la sua capacità di aumentare l’assorbimento del fruttosio, sono consentite fonti dietetiche in cui è associato glucosio con uguali quantità di fruttosio, mentre sono escluse quelle con più fruttosio rispetto al glucosio. Tra i monosaccaridi non completamente assorbiti a livello intestinale troviamo infatti proprio il fruttosio (contenuto in frutta e sciroppi), il cui assorbimento è dose-dipendente e avviene mediante specifici trasportatori della membrana apicale delle cellule epiteliali intestinali (prevalentemente GLUT5 e GLUT2). L’assorbimento è massimo in presenza di un rapporto fruttosio/glucosio pari a 1:1, pertanto il fruttosio presente in eccesso rispetto al glucosio non viene assorbito. Vi è notevole interesse per questa dieta in quanto l’apporto di FODMAP (specie fruttosio) è aumentato nelle diete occidentali negli ultimi tre decenni a causa della maggiore disponibilità di frutta e succhi di frutta concentrati e l’ampio utilizzo di sciroppo di mais ad alto fruttosio in una vasta gamma di cibi e bevande elaborati, che vanno dalle bevande allo yogurt ed al pane. Fondamentalmente, quindi, cosa si deve fare? Eliminare alimenti ad alto contenuto di FODMAP per almeno sei/ otto settimane ed i miglioramenti sono visibili già nella prima settimana di dieta. In seguito reintrodurre un alimento appartenente a ciascun gruppo ogni sette giorni (schema a quantità incrementanti); se si manifesta reazione non testare alcun altro alimento per altre due settimane. Come fare questi test? Per il lattosio: mezza o una tazza di latte, per il fruttosio: uno o due cucchiaini di miele, per i fruttani: due fette di pane o un piccolo piatto di pasta (50 g) o broccoli se il paziente è celiaco, per i galattani: mezza tazza di lenticchie ed infine per i polioli: sorbitolo, mannitolo, due albicocche secche, mezza tazza di funghi. Durante la reintroduzione degli alimenti a più alto contenuto di FODMAP è prevista la compilazione di un diario alimentare con annessi sintomi correlati da far vedere ad un esperto nel settore, in modo da capire quali alimenti possono provocare maggiormente questi sintomi. Va ricordato, infine, che questa dieta non deve essere mai ad eliminazione totale ma, in pazienti come questi, dovrebbe essere uno stile di vita da seguire.
FRANCESCO SERAFINI
Biotecnologo con laurea magistrale in Biologia Cellulare e Molecolare presso l’Università degli Studi della Tuscia e specializzando in “Scienza dell’Alimentazione e Nutriterapia” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Abilitato alla professione di Biologo (sez.A), ha frequentato i corsi di “ Alimentazione pratica nello sportivo” e “Nutrizione ed integrazione nel paziente oncologico II ” presso Scuola di Nutrizione Salernitana ed i seminari di “Gravidanza ed Allattamento” e di “Svezzamento e prima infanzia”. Nella sua carriera universitaria si è interessato di “Checkpoint immunologici e regolazione della risposta immune. Blocco del CTLA-4 come nuova strategia di immunoterapia tumorale” e di “A novel synthesis of bioactive Dopa-peptidomimetics by biocatalytic processes”.
BIBLIOGRAFIA
– Stepherd SJ, Lomer MCE, Gibson PR “Short chain carbohydrates and functional gastrointestinal disorders” Am J Gastroenterol; 2013, 108: 707-717
– Kathryn Murray et al. “Differential Effects of FODMAPs (Fermentable Oligo-, Di-, Mono-Saccharides and Polyols) on Small and Large Intestinal Contents in Healthy Subjects Shown by MRI” Am J Gastroenterol 2014; 109:110–119
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