Migliorare la vita: diete ipocaloriche? No grazie

30l corpo umano è un sistema aperto e come tale scambia energia e materia con l’ambiente esterno. Fino a poco tempo fa si credeva che semplicemente abbassando il livello di introito calorico dell’alimentazione si potesse dimagrire. Qualora infatti il nostro dispendio energetico fosse stato più elevato dell’introito, si sarebbe diminuiti di peso. Ad oggi si è visto che in realtà non è così semplice. Parlando dell’organismo umano, infatti, dobbiamo necessariamente alludere a qualcosa di complesso, soggetto quindi a continui cambiamenti ed a variabili differenti. Nelle diete ipocaloriche si stabilisce un regime dietetico basato sul conteggio delle calorie, sulle grammature degli alimenti e, soprattutto, portando il paziente ad una continua lotta contro sé stesso. Infatti spesso e volentieri, chi è sottoposto a queste diete viene più facilmente tentato dall’ambiente circostante nel tornare a mangiare quanto prima (se non più di prima) alimenti che sono stati la prima causa del suo sovrappeso. Maclean et al. dimostrarono che su ratti obesi, sottoposti a regime ipocalorico, dopo aver ridotto il loro peso di circa il 14% e dopo averlo mantenuto per circa 16 settimane, nel momento della rimozione di questa restrizione, si presentava la riacquisizione del carattere “obeso”. Possiamo dunque affermare che negli individui sottoposti a tale regime, si sviluppino una serie di risposte adattative che coinvolgono cervello, fegato, muscoli, intestino, tessuto adiposo e sistema neuroendocrino. La maggior parte delle diete ipocaloriche infatti, porta ad avere un minore immagazzinamento energetico, dovuto a scarsezza di alimenti ingeriti e soprattutto al basso livello di carboidrati introdotti. La presenza di pochi zuccheri nel sangue significa basso livello di insulina (ormone secreto da pancreas che ricordiamo aumenta quando il livello di glucosio ematico è alto per ritornare ad uno stato di equilibrio) e bassa produzione di leptina. Il tessuto adiposo è il principale produttore di questa molecola, quindi l’aumento della massa grassa causa l’aumento della produzione di leptina, comunicando al cervello che i depositi di grasso sono sufficienti. Pertanto tale ormone ha un’azione anoressigenica, perché inibisce la crescita del tessuto adiposo tramite la diminuzione dell’appetito e della lipogenesi (accumulo di grasso) e l’aumento della spesa energetica e della lipolisi (mobilizzazione/ eliminazione di grasso depositato). Quando nelle diete ipocaloriche diminuisce la massa grassa, gli adipociti sono più piccoli e producono meno leptina. Basso livello di leptina e di insulina stimolano l’ipotalamo a mettere in moto una serie di meccanismi che porteranno ad un’ attivazione del profilo anabolico. In sintesi quindi, se la dieta è drasticamente ipocalorica, a lungo andare il “gap energetico” verrà colmato stimolando l’aumento dell’introito calorico, con conseguente riaumento del peso. Questo regime dietetico serrato, inoltre, può compromettere anche la massa muscolare. Qualora infatti non vi sia il giusto introito di carboidrati e grassi, l’organismo, per poter ricavare energia, potrebbe addirittura cominciare a degradare il muscolo, fino ad intaccare il cuore, causando a lungo andare problemi cardiaci. Molte diete ipocaloriche hanno portato nel corso degli anni ad un fallimento generale. Se inizialmente infatti perdere il peso in eccesso è una corsa tutta in discesa, ad un certo punto si instaura una fase di stallo, in cui è sempre più difficile continuare a perdere peso. Cosa fare a questo punto? Per non arrivare ad un fallimento della dieta potrebbe essere opportuno cambiare il piano dietetico volgendosi verso la ormai di moda “dieta ciclica”. Questa prevede il mantenimento di uno stile ipocalorico ma con fluttuazione nell’assunzione di carboidrati, alternando giorni “low-carb” a giorni “high-carb”. Prima di andare avanti va precisato che per dimagrire bisogna, oltre che mangiare di meno, muoversi di più. Lo sport, dato ormai pluriconfermato, è la chiave di tutto. Nei giorni in cui la spesa energetica è più alta, a causa ad un’attività fisica più intensa, si attua un regime “high-carb” in cui si inseriscono più carboidrati per compensare la perdita di energia. Nei giorni invece considerati “di riposo” o di attività meno intensa si attua un regime “low-carb”. Tutto ciò ovviamente non è così semplice, ogni dieta infatti va indossata, ovvero personalizzata sul singolo individuo. Questa “altalena” di calorie permette però di ingannare il metabolismo, di riattivarlo e di continuare a perdere peso, superando lo stallo iniziale. Questo escamotage viene usato, oltre che per tale fine, anche per incrementare la massa muscolare negli sportivi e bodybuilder. Importante da ricordare è che per dimagrire in modo corretto però va diluita la diminuzione carboidratica nei mesi, non approcciare subito con questa dieta ma iniziare magari con un regime più abbordabile che non spaventi subito il paziente. E’ consigliato sempre non saltare i pasti ed assumere i nutrienti quando è necessario, non per sfizio o per altri fini. Alla sera inoltre è raccomandato di non consumare carboidrati, ma in genere proteine, a meno che non ci si alleni in quegli orari. In conclusione è inoltre importante diminuire leggermente i grassi e viceversa nei giorni in cui si alzano i carboidrati, per non andare incontro (nei giorni di “high carb”) ad un aumento di insulina che stimola la lipogenesi con il conseguente accumulo (stoccaggio) di grassi volti all’aumento di peso. Prima di dare una dieta, inoltre, bisogna sempre valutare lo stato antropometrico del paziente, calcolare il suo metabolismo basale e monitorare il suo livello di attività fisica. Mai fare diete “fai da te”, senza l’occhio di un esperto per non intaccare in problemi di salute seri.

            FRANCESCO SERAFINI

Biotecnologo con laurea magistrale in Biologia Cellulare e Molecolare presso l’Università degli Studi della Tuscia e specializzando in “Scienza dell’Alimentazione e Nutriterapia” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Ha frequentato il corso di “Alimentazione pratica nello sportivo” e frequenta il corso di “Nutrizione ed integrazione nel paziente oncologico” presso Scuola di Nutrizione Salernitana. Si è interessato nella sua carriera universitaria di “Checkpoint immunologici e regolazione della risposta immune. Blocco del CTLA-4 come nuova strategia di immunoterapia tumorale” e di “A novel synthesis of bioactive Dopa-peptidomimetics by biocatalytic processes”.

Bibliografia

–           P.S. MacLean et al. – “The role for adipose tissue in weight regain after weight loss”  Obesity reviews    (2015) 16 (Suppl.1), 45-54

–           P.S. MacLean et al. -“Peripheral metabolic responses to prolonged weight reduction that promote                    rapid, efficient regain in obesity-prone rats” Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol. 2006                 Jun;290(6):R1577-88