L’Ora della Storia. La vera storia degli Umiliati, lavoratori medievali della lana

Non troppo lontano da dove abito sorgono alcune delle più famose abbazie del milanese. E si sono venute a trovare in un contesto ben diverso dai tempi in cui furono costruite. Inglobate dalla conurbazione dell’hinterland e strette tra tangenziali ed autostrade mantengono però vivo il loro grande fascino e meritano una visita da parte del turista frettoloso che crede che a Milano ci sia poco da vedere.

E prendendo spunto da una di queste, l’abbazia di Viboldone, voglio parlare stavolta dell’ordine degli Umiliati e della sua soppressione. Perché anche questa storia vecchissima ha una sua attualità.

Innanzitutto vediamo chi fossero questi Umiliati. Erano lavoratori medievali della lana. Quella tessile era una proto industria dove il processo produttivo era parcellizzato e suddiviso in una sorta di “catena di montaggio” dove cardatori, filatori, tessitori e tintori lavoravano in successione facendo ciascuno la sua parte ma non avendo alcun controllo sul prodotto finito.

A questi lavoratori è preclusa qualsiasi possibilità di miglioramento salariale e mobilità sociale. E’ vietato loro di riunirsi in associazione per timore che avanzino richieste sindacali. Anche allora nel secolo XII, come del resto oggi, i sindacati non erano ben visti.

Questi lavoratori allora si riunirono in associazione religiosa, rivendicando la dignità del lavoro fin dalla loro veste di lana grigia che si contrappone allo sfarzo dei ricchi ma anche della Chiesa.

Nascono così gli Umiliati che cominciarono a riunirsi in case private fino a quando aprirono una sorta di casa comune a Brera, dove oggi sorge la pinacoteca non lontana dal quartiere della moda.

Intendevano leggere ed applicare il vangelo alla lettera: non testimoniavano in tribunale per non avallare la tortura e la pena di morte. Vivevano in modo comunitario perché rifiutarono la proprietà privata ed attuavano tra loro una sorta di mutuo soccorso.

Ce n’era abbastanza per avere odore d’eresia e difatti furono scomunicati nel 1184 ma la loro popolarità era talmente forte che la già pochi anni dopo Chiesa si vide costretta a ritirare la scomunica e a riconoscere il movimento. Per controllarlo lo istituzionalizzò e lo divise in una parte composta da chierici ed in un’altra da laici.

Furono loro a bonificare la pianura padana, ad inventare le famose marcite a ottenere incrementi della produzione agricola tali da far divenire l’ordine molto ricco e potente ma sempre pericoloso sul piano ideologico. Basti dire che nell’abbazia citata si vede un affresco dove è ritratta la madonna che legge un libro (!) ed un giudizio universale col papa fra i dannati.

Quando Lutero iniziò la sua predicazione non pochi i loro, pur senza aderire, guardarono con simpatia al movimento protestante al punto che il noto Carlo Borromeo (quello dei Promessi sposi, per intenderci) fu incaricato dal papa di riportare ordine in una diocesi troppo vicina ai protestanti sia geograficamente che culturalmente. E Carlo cominciò a combatterli per prima cosa sul piano economico (visto che sul piano teologico non poteva poiché gli Umiliati si dichiaravano fedeli alla Chiesa di Roma).

La situazione si fece così tesa che nel 1569 il prevosto degli Umiliati, Girolamo Donato detto il Farina, cercò di assassinare il Borromeo. L’attentato fallì e la scure della repressione si abbatté inesorabile sugli Umiliati che furono sciolti d’autorità e tutte le loro proprietà incamerate dalla Chiesa. La storia degli Umiliati finisce qui tra le purghe della famigerata Controriforma che fece fare al nostro paese un passo indietro di due secoli.

Come spesso accade (anche in tempi più recenti) Carlo Borromeo divenne un grande riformatore (e fu fatto santo) e si distinse in seguito come grande organizzatore di processi a “streghe” ed “eretici”. Si vede proprio che qui in Italia si usa chiamare riforme quelle in cui da una parte si riducono diritti e dall’altra si riduce al silenzio chi avanza qualche perplessità sul progresso che tali riforme dovrebbe produrre.

Per inciso le condizioni dei lavoratori si fecero più precarie, dopo che ogni forma di organizzazione “sindacale”  fu proibita con l’avallo della Chiesa.

Intanto l’Italia, sotto il dominio spagnolo, entrava in una crisi economica senza precedenti da cui si sarebbe ripresa solo in anni molto recenti e con molte differenze tra nord e sud.

I lavoratori della lana avrebbero visto la loro industria, per anni all’avanguardia, prendere la via di un declino senza ritorno.

Gianvittorio Musante