L’ora della storia. La crocifissione tra storia ed antropologia. Un simbolo da non imbracciare come un’arma

Attestano gli storici che l’ultima crocifissione ebbe luogo nel 317 d.C., ossia pochi anni dopo l’editto di Costantino. Poi non si potè crocifiggere più nessuno, anche per non dare ad uno schiavo qualunque il “privilegio” di tale supplizio. E non è un caso che la prima raffigurazione della crocifissione, databile con certezza primi anni del 400 d.C, è quella che si trova sulle porte lignee della basilica di Santa Sabina a Roma, ossia a quasi un secolo dall’ultima esecuzione e nessun testimone diretto era ancora in vita.

Tra i cristiani delle origini il crocifisso non era un simbolo così amato. Gli preferivano, per esempio, il pesce: ICTUS in greco, che poteva essere letto come acronimo di Gesù Cristo Dio e Salvatore (naturalmente sempre in greco). In tempi di feroci persecuzioni un simbolo non immediatamente riconoscibile da chi era estraneo alla comunità era da preferire e, inoltre, in una società schiavistica di massa la croce non era un luogo dell’anima ma un patibolo dove non era troppo difficile finire i propri giorni.

Basti ricordare che quando Crasso sconfigge Spartaco, molti dei suoi seguaci vengono crocifissi lungo la via Appia a migliaia perchè sia da monito per chi sogni, anche lontanamente di ribellarsi ancora. Sarà bene ricordare poi che era una pena terribile. L’agonia del condannato poteva durare giorni durante i quali diveniva pasto vivente per corvi ed insetti.

Insomma la croce potè essere rapprentata nell’arte sacra ed ebbe un posto nel bagaglio iconografico cristiano solo quando si perse la memoria della sua esperienza diretta.

Ma quello che è veramente interessante è capire come la croce sia potuta diventare uno strumento di morte e scoprire quale bagaglio di simbologie porti con sé.

In origine la croce rappresenta le Quattro Direzioni o i Punti Cardinali e, per traslazione, diventa un duplice simbolo solare. Il sole che sorge, raggiunge lo zenith e tramonta, andando da est a ovest si muove liberamente lungo le direzioni (alto, basso, destra, sinistra). Inoltre i bracci della croce possono raffigurare i raggi del sole che raggiungono tutta la Terra.

La svastica, il famigerato simbolo nazista, è un antichissimo simbolo solare indoeuropeo che si ritrova in India e sulle ceramiche minoiche.  La croce rappresenta il disco solare ed i suoi raggi  e dal disco solare alla ruota il passo è molto più facile di quanto si possa pensare e la ruota porta con se ancora ulteriori simbologie. E’ ruota del tempo (ciclico nel mondo precristiano) e ruota della tortura, alla quale il condannato vi veniva legato e fatto girare per accrescere le sue sofferenze.

Nel mondo romano la croce è il supplizio riservato agli schiavi ed ai ribelli. Un cittadino romano veniva decapitato e non crocifisso (è noto che San Paolo fu decapitato proprio per la sua condizione giuridica).

La Giudea, che era una delle province romane, più restia ad accettare il valori ellenistici e  fu teatro della terribile repressione dell’imperatore Vespasiano che ordinò ferocissime crocifissioni di massa. Se lasciamo per un momento la Storia e torniamo ad avventurarci nel meraviglioso mondo dei simboli, possiamo notare che la Croce su cui è condannato il Dio fattosi Uomo, nel momento stesso in cui viene infissa nel terreno diviene albero sacro, Albero della Vita, ed il luogo in cui è piantata diviene Onfalòs, l’Ombelico del Mondo.

Anzi, per i credenti nella nuova religione la Croce si fa Axis Mundi, intorno a cui ruota il mondo salvato dal sacrificio del redentore.

Chi abbia visto gli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo, ispirati alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, avrà notato che l’albero da cui è ricavata la Vera Croce non è un albero qualsiasi, ma quello da cui pendevano i frutti che colsero Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden.

E gli alberi sacri ci conducono ad altri redentori crocifissi di altre religioni ed altre mitologie. Tra essi citiamo Attis, il compagno della dea Cibele, Odino, appeso per tre giorni all’albero del sacrificio e Virachoca il dio Inca morto e resuscitato per portare agli uomini la salvezza.

Perciò, come si vede, il crocifisso è un simbolo potentissimo e carico di significati che abbiamo visto solo in parte, né si può pretendere di trasformarlo in un simbolo nazionale (perchè poi solo degli italiani e non di francesi e spagnoli?) o di imbracciarlo come un fucile.

Gianvittorio Musante