Lo strano caso delle Camere di Commercio. I soliti giochi all’italiana…

La storia infinita della Camera di Commercio di Napoli e dei criteri di rappresentatività delle imprese per il rinnovo degli organismi del 30% degli enti camerali italiani  è estremamente emblematica di come vanno le cose in Italia.

Per la rappresentatività “democratica” di quelle realtà, quali il commercio e l’artigianato, che rappresentano il denso tessuto connettivo della micro e piccola impresa, in una fase di accorpamento territoriale e di ottimizzazione complessiva del sistema delle Camere di Commercio (con la riduzione degli enti da 105 a 60), la conduzione richiesta è che le relative associazioni siano presenti nel CNE. Ma come, proprio il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro che la riforma costituzionale vorrebbe cancellare?

Segno, questo, che le rendite di posizione sono dure a morire: la società si evolve, l’economia fa passi da gigante, ma, come direbbe Tomasi di Lampedusa, autore de Il Gattopardo, “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.

Ma allora, questa riforma non è espressione dello stesso Governo che spinge sui risparmi della spending review? Il solito gioco all’Italiana: levi da una parte e rimetti dall’altra. Come a dire: invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Basta che il sedere resti saldamente incollato sulle poltrone che contano.

La situazione paradossale rischia di diventare ancora più grottesca nel caso della Camera di Commercio di Napoli, commissariata da un anno, privando così la città dell’organo di governo e rappresentanza delle attività economiche.

“I funzionari camerali che hanno applicato alla lettera i criteri di rappresentatività, espellendo tutte le associazioni della micro e piccola impresa, soprattutto del commercio e dell’artigianato – spiega Vincenzo Perrotta, presidente di ConfimpreseItalia Napoli e Area Metropolitana – sono gli stessi finiti sotto inchiesta per una serie di irregolarità”.

Risultato? Il denso e vitale tessuto economico cittadino, costituito da piccole imprese, spesso familiari, resta fuori da ogni consesso decisionale. Sarebbe come ignorare una buona fetta delle attività produttive napoletane: si torna indietro al dicembre 2014.

“Sarebbe il caso di azzerare tutte le procedure – prosegue Perrotta – anche perché è ormai imminente la riorganizzazione nazionale degli enti camerali, con procedure e accorpamenti che cambieranno la stessa faccia delle Camere di commercio”.

ConfimpreseItalia rimarca il paradosso della vicenda CNEL: “un criterio ininfluente, soprattutto nelle more della riforma Costituzionale, che, però, ci ha penalizzato, lasciandoci fuori dagli organismi rappresentativi – continua Perrotta -. Insomma, ammesso che tutto vada bene, rischiamo di ritrovarci a fine 2017 con una Camera di Commercio valutata su parametri del 2014”.

Intanto sono in corso le indagini che finora hanno prodotto arresti e sequestri di ingenti somme, anche a carico dei funzionari che stanno applicando alla lettera le regole per la gara camerale . “Urge un appello a chi indaga – conclude Perrotta – per fare presto e chiudere i fascicoli con i rinvii a giudizio, perché è l’unico modo per fare pulizia in un ente importante, in cui le imprese tutte mettono soldi che fanno una pessima fine, mentre la Camera sbanda senza una governance seria”.

Francesco Bellofatto