Ai tempi del duce, quando il minculpop era proprietario di decine di testate e controllava strettamente i giornali “indipendenti”, non era possibile pubblicare notizie che in qualsiasi modo mettessero in cattiva luce il regime. Niente cronaca nera: la criminalità era stata debellata. Nessuna protesta sindacale: il sistema corporativo aveva cancellato ogni attrito tra operai e “padroni”. Ed in tempo di guerra, solo vittorie: ancora nella primavera del ’43, a leggere le cronache del tempo, l’Asse stava vincendo.
Il compito della stampa non era fare informazione ma fare propaganda. Chi voleva sapere come stessero le cose si sintonizzavano su Radio Londra. Buffo che Radio Londra divenne in tempi più recenti una trasmissione televisiva condotta da Giuliano Ferrara, che forse pochi ricordano. Ai tempi di Berlusconi, che bisogna dirlo aveva la stampa mediamente contro, gli “invisibili”, i problemi irrisolti tornarono in prima pagina. Era come se fosse necessario contrastare l’ottimismo governativo mostrando sempre e comunque il rovescio della medaglia. Con effetti a volte controproducenti. Ricordo i manifesti elettorali del PD che chiedevano angosciosamente: “Riesci ad arrivare alla fine del mese?”. Eh,sì che al confronto di oggi quelli erano tempi di vacche grasse!
Se la Rai e Mediaset mostravano sempre ed invariabilmente solo il bicchiere mezzo pieno i gruppi editoriali che non facevano parte della galassia berlusconiana ne mostravano solo la parte mezza vuota. Se spesso il controcanto era necessario per digerire i postumi dell’indigestione propagandistica non sempre si trattava di buona informazione.
E adesso? Adesso tutto va bene, madama la marchesa. Impera l’ottimismo obbligatorio di stato. E chi aveva problemi ora non li ha più. Con 80 euro, seguendo i consigli della chef Pina Picierno si mangia bene per 15 giorni e senza aumento del colesterolo che poi devi rivolgerti al Servizio Sanitario e farti tante analisi (a pagamento).
Mi capita di ascoltare la radio, Radio 2, verso le sette della mattina. Il GR è telegrafico: poche notizie di politica internazionale, se possibile un bel fattaccio di cronaca, un bel delitto tanto efferato quanto avvolto dal mistero, una riforma o un intervento del premier volto a rendere invariabilmente questo paese migliore. E poi tanto sport e se il campionato è fermo vai col calciomercato o coi dissapori tra il noto calciatore ed il noto allenatore. Non si parla d’altro. I problemi? Ci stanno lavorando. Le fabbriche che chiudono? Il governo, il tal ministro, sta studiando una soluzione. I giovani disperatamente disoccupati? Aspettate che il job-act dispieghi appieno i suoi benefici effetti.
E chi mette il dito nella piaga, chi solleva dubbi, chi non si accontenta di risposte superficiali e preconfezionate entra a far parte del coro sgradevole dei gufi “rosiconi” invidiosi e meschini. In altri tempi li si sarebbe chiamati sprezzantemente disfattisti ma oggi siamo più giovani e moderni. E’ morto il giornalismo d’inchiesta. I talk show sono diventate inguardabili passerelle di politici e personaggi vari (un prelato, un criminologo e una starlette non mancano mai) dove tutti urlano in coro e nessuno dice niente.
Mi capita alle volte di passare, qui a Milano, per Viale Tibaldi dove c’è la sede di Pane Quotidiano, un’organizzazione caritatevole che eroga pasti ai meno abbienti. Non solo la fila è sempre più lunga ma anche sociologicamente più variegata: ai barboni e agli extracomunitari tradizionali “clienti” si sono aggiunti padri separati, operai licenziati, donne sole, piccoli artigiani e altri ancora. Li riconosci perché ancora cercano di stare attenti al vestire, perché d’essere in quella fila si vergognano.
Chi invece non si vergogna sono i nostri parlamentari indignati perché, udite, udite, si pretende che facciano lo scontrino al bar prima della consumazione! Ma dove siamo? Nella Mosca dei tempi di Stalin? Bene ha fatto l’onorevole Lupi a difendere la libertà di cornetto e cappuccino! Siamo qui uno o due giorni la settimana per guidare questo sciagurato paese verso “magnifiche sorti e progressive” non possiamo mica perdere tempo facendo la fila alla cassa, hanno tuonato molti dei nostri eletti all’indirizzo dei tristi questori che controllavano che avessero pagato la colazione. E questa è la nostra classe dirigente. State sereni, come si suol dire, e voi pezzenti non disturbate il manovratore.
Gianvittorio Musante
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