L’Italia di Renzi. Il governo vorrebbe una repubblica di telespettatori, come Berlusconi

Abbiamo rievocato, non molto tempo fa, i fasti dell’ultimo trionfale congresso del PSI nei grandi stabilimenti milanesi della Ansaldo. L’epilogo di quella storia lo conosciamo tutti. Chi scrive è abbastanza vecchio per ricordare ancora il livore con cui i militanti del PCI si rivolgevano agli “altri” dall’alto di una presunta superiorità morale. Sui motivi oggettivi che non permettevano al PCI ed ai suoi esponenti di accedere al gran ballo delle bustarelle ci siamo già espressi. Esisteva una convention ad escludendum nei loro confronti dovuta soprattutto a motivi di equilibri internazionali.

Oggi assistiamo ogni giorno all’arresto di un esponente PD. L’ultimo di una lista, sempre più lunga, è il sindaco di Lodi, stretto collaboratore del vice di Renzi, Guerini.

E adesso quelli stessi che lanciavano le monetine davanti all’hotel Raphael, la residenza romana dell’onorevole Craxi, invocano il garantismo, parlano di “giustizia ad orologeria” e di magistratura che “fa politica”.

Il fatto è che le amministrative si avvicinano e la marcia trionfale del PD alla conquista delle tre capitali d’Italia (Milano, Roma e Napoli) si sta trasformando in una passeggiata in un campo minato.

Primarie a dir poco discutibili hanno prodotto candidati privi di carisma ed appeal, poco amati dalla base ma funzionali alle scelte del governo centrale. Candidati scelti in modo da non poter fare ombra al leader maximo e calati dall’alto. Non è un caso che potenti cacicchi locali come Bassolino, Emiliano o De Luca non siano amati a Roma ed accettati obtorto collo nel timore che un giorno possano decidere di scalare il partito seguendo l’esempio di un ex sindaco di Firenze. Se non riesci a rottamarli tienili dentro, poi si vedrà.

La classe dirigente renziana è straordinariamente simile a quella berlusconiana. Al leader manca, per una precisa scelta, un delfino che un domani possa prendere le redini del progetto e continuare il percorso tracciato.

Un pugno di opachi fedelissimi e un harem di donne, di bella presenza e scarsa personalità, scelte in virtù dello share televisivo, impazzano sui teleschermi incaricati di ripetere i mantra governativi, condendoli di supponenza astiosetta.

E la televisione è tornata centrale mentre le sezioni del partito chiudono o sono occupate da giovani rampanti che spesso hanno alle loro spalle una storia personale che poco ha a che vedere coi valori della sinistra. E i militanti, la base che arrostiva salamelle e distribuiva l’Unità ai semafori, restano sconcertati e seguono il partito più per rassegnazione ed abitudine che per convinzione.

Il nostro premier è in televisione a qualsiasi ora del giorno e se non vi è di persona ha mandato uno dei supplenti. Tra un poco leggerà anche le previsioni del tempo ma solo in presenza di estesa alta pressione lasciando ogni perturbazione ai soliti gufi rosiconi.

Perché il referendum sulle “trivelle” (tanto inutile quanto malposto) gli ha mostrato l’evidenza matematica di almeno dodici milioni di elettori scontenti del suo operato.

Da qui il frenetico girare per la penisola inaugurando tutto l’inaugurabile (comprese opere fatte dagli svizzeri o incominciate quando lui aveva i calzoni corti) e firmando patti per questo e quello.

Il referendum di ottobre inizia a fargli paura. Sono tanti quelli che lo aspettano per regolare conti in sospeso e presentare il referendum come un referendum pro o contro il governo può rivelarsi pericoloso, al di là della qualità (scarsa) delle “riforme” proposte.

E un’inchiesta a settimana su qualche esponente PD non aiuta.

E così vai col tour de force televisivo ma spesso l’eccedere non giova.

Quando Cossiga prese a picconare la prima repubblica mia figlia era piccina, aveva un paio d’anni ed il presidente picconatore divenne per lei un personaggio di qualche strano cartone animato. Lo riconosceva subito e cominciava a gridare: “Il cossida! Il cossida!” e poi a ridere a crepapelle.

Sarebbe bene avvertire Renzi che sostituire i militanti coi telespettatori può non essere una buona idea. I telespettatori possono sempre cambiare canale.

Gianvittorio Musante