Una volta conosciuta la Lis (Lingua dei Segni Italiana) si rimane inevitabilmente coinvolti e la bellezza risiede proprio nella misura di una non approssimazione, di un continuo slancio di ricerca che è il motore attivo di ogni processo di conoscenza, è vero, ma lo studio della lingua dei segni richiede un’apertura mentale e una capacità di confronto che non appartiene a tutti.
Ecco perché ringrazio fortemente il Direttore del giornale indipendente “L’ora legale” Pasquale Bottone per la sensibilità e “bontà culturale”, senza le quali non sarebbe stato possibile riconoscere la necessità di una rubrica pensata ad hoc per i sordi e per il mondo professionale che ruota intorno intrecciando contenuti e visioni che ritagliano lo spazio di un silenzio in tutte le sue espressioni.
Si può essere sordi in tanti modi da udenti, e udenti pur essendo sordi, spaziare nella dimensione culturale è un viaggio per il quale nessuno ha previsto una tariffa obbligata. Da qui l’amore della sottoscritta verso la Lis e la comunità delle persone sorde e del ponte culturale che mi auguro io possa essere in una visione di inclusione sociale e non più, solo ed esclusivamente, di integrazione sociale, nel rispetto di entrambe le culture di riferimento.
Non essendo io una “Coda” (termine adottato per identificare i figli delle persone sorde da Children of Deaf Adult) considero le persone sorde miei fratelli e sorelle di sangue esattamente come concittadini dello Stato Italiano Civile di cui siamo parte, credo che le minoranze linguistico-culturali abbiano pari diritti così come sancito dalla Costituzione Italiana art. 6 e per gli stessi io mi batterò al fine di crescere e approdare insieme ad una forma compiuta di vita, la stessa che si alimenta nell’incontro e scontro costruttivo con gli altri. Non si può più invertire la rotta, il viaggio ha in se stesso tutto il gusto di una durata infinita, come la vita che ci si sente di avere davanti quando si condivide con gli altri.
Ecco allora che la sfumatura quasi impercettibile, le differenze sensoriali se concepite in quest’ottica non sono altro che il trastullìo delle stesse onde che ci trasportano in questo viaggio sperimentale, frutto di un approccio vocativo alla professione in senso stretto. Il mio interesse primario nasce dall’amore verso il silenzio, quel silenzio che si fa sentire, lo stesso che per me è rumore scritto in ogni verso che il mio animo concepisce, con questo stesso approccio mi sono avvicinata, in punta di piedi, e a mani vuote allo studio della lingua italiana dei segni. Ad oggi credo di essere debitrice in stato di grazia al mondo che giorno dopo giorno sento mi appartiene sempre di più.
Di questo mondo fatto di persone sorde, professionisti che lavorano insieme, di ricercatori e matrimoni, di isolamenti e slanci di condivisioni e di amori e dolori sento la nostalgia ogni volta che all’orizzonte quella stessa nave si àncora in qualche porto non sicuro.
Dietro il riconoscimento giuridico della lingua dei segni viaggia per me lo stesso mondo, fatto di persone cui si tenta di sottrarre l’identità. Anche la lingua italiana ha affrontato un cammino fatto di lotte civili, di incontri e scontri prima che si riconoscesse nel volgare fiorentino la lingua d’Italia, i dialetti e i modi di dire che apparentano regioni lontane dalla Toscana non si sono per questo smarriti, sono ancora patrimonio di conoscenza e, nel riverbero delle loro memorie scritte e orali, ci consegnano la nostra identità culturale oggi ieri e domani. Ai sordi tutti non deve essere impedito lo stesso bagaglio di esperienze, non deve essere negata la strada che conduce alla piena autonomia. Che sia frutto allora di una battaglia civile condivisa, che ci rianimi di quel senso pieno del termine Patria oggi presente solo quando si ascolta l’Inno Nazionale, che è il coro delle voci bianche, che si estenda ai percorsi di tutti gli esseri che anonimamente sentono di essere fratelli in seno alla famiglia di cui fanno parte e, dove il dato della differenza sensoriale, si connota del primo limite esistenziale. Per loro e a loro la mia voce siano le mie mani e le mie mani la mia voce, è un patto stretto tra me e quel “dio minore”, è il là su cui si possono accordare le infinite armonie del cielo. Non sono la sola a volere questo, sono a modo mio l’interprete di questo livello di comprensibilità della realtà che ci circonda. Al di là di tutte le barriere esistenti, ho imparato che non esistono le persone handicappate ma le persone con disabilità, perché è la società che crea le barriere non adeguando spazi, tempi e servizi alle esigenze diverse che la vita esplica. Reinventarsi un mondo in funzione dei bisogni di ognuno è ciò che nel cuore, nella mente e nell’anima dell’individuo rappresenta il senso dell’essere società. E così come ho imparato da un libro “Il piccolo Principe” di Saint-Exupery che l’essenziale è invisibile agli occhi, così ho imparato dalle persone sorde che il proprio linguaggio e la propria lingua rende visibile l’essenziale.
Finchè lasciamo che il mondo ci basti come lo vediamo, finchè non siamo disposti a nutrirci di occhi nuovi ogni giorno in famiglia come con lo sconosciuto partendo da noi stessi ogni piccolo passo teso al miglioramento non è che un paravento dell’apparenza. Unire mani ed occhi avviene ogni giorno nella vita di ciascuno di noi, in forme che restano inconsapevoli. E allora se la vita è un palco della realtà, la nostra immaginazione può costruire nuove realtà.
E così gli innamorati che si salutano nella stazione di una città che noi osserviamo da un muto finestrino non sono altro che la proiezione di ciò che siamo capaci di ascoltare con gli occhi o guardare col cuore. In assenza di suoni si preferisce pensare che siano udenti?!
Incontrando la lingua dei segni si ammette un’ipotesi alternativa e, non importa quale sia la risposta, in quella stazione, quella mattina mentre stai per partire ci sono due persone che comunicano l’amore.
E tu al finestrino che guardi ne sei il fedele interprete o traduttore, dipende da te, dal destino che compie il contenuto di quel messaggio, dall’arricchimento cui sei disponibile per tua cultura personale, per tutto quanto viaggia dentro e fuori le parole, in segni e azioni di cui si è gli attori o gli interpreti a seconda del contesto in cui si sceglie responsabilmente di stare al mondo, questo mondo che appartiene a tutti, come la Luna, le stelle, il sole, gli alberi, la dignità, l’onore di un’Identità.
Nadia Lisanti
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