Libri d’inchiesta. Quello che Stato e Br non dicono su via Fani nell’ultimo saggio di Altamura, “La borsa di Moro”. Un caso ancora ben lontano dalla soluzione

In esclusiva per loralegale.eu il giornalista d’inchiesta-scrittore Marcello Altamura, redattore del quotidiano Cronache di Napoli, ci presenta il suo ultimo libro “La borsa di Moro” che “tenta di mettere ordine in quello che già era presente sulla scena del crimine ma che, inspiegabilmente o forse con una ragione precisa, è stato ignorato o in qualche caso addirittura insabbiato”. A 38 anni di distanza il caso Moro è ancora ben lontano dall’essere risolto, nonostante il lavoro fin qui  svolto dai più commissioni parlamentari. 

Il 16 marzo 1978  è una data che segna per sempre la storia del nostro Paese, una data scritta con la sangue di cinque innocenti. Il blitz che, in via Mario Fani a Roma, porta al rapimento di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, da parte delle Brigate Rosse, resta ancora oggi un rebus difficile da risolvere. Anche in anni recenti, col lavoro dell’ultima Commissione Parlamentare, si sono date nuove chiavi interpretative di questa tragica vicenda, aggiungendo però, ad un quadro già caotico, ulteriori elementi, che arricchiscono il quadro ma non lo rendono più nitido. A via Fani, quella mattina, ci sono presenze e accadimenti che, pur segnalato, sono poi stati inspiegabilmente cancellati dalla scena. Come la moto Honda, a bordo della quale si muovono due soggetti che potrebbero aver avuto un ruolo nell’ambito di un commando che era certamente più numeroso di quello indicato dai brigatisti pentiti. Tra i tanti testimoni di quella tragica mattina, ci sono anche tante persone le cui parole sono state sottovalutate o addirittura ignorate, ma che aprivano invece squarci mai esplorati del rapimento Moro. Nelle loro preziose testimonianze, gli assalitori del Presidente della Dc hanno volti e fisionomie diversi da quelli dei quattro avieri (Valerio Morucci, Franco Bonisoli, Raffaele Fiore e Prospero Gallinari) indicati dai pentiti brigatisti e in particolare dal Memoriale Morucci, la vera architrave, insieme alle dichiarazioni de relato del superpentito Patrizio Peci (quest’ultimo, tra l’altro, informatissimo sull’agguato e sulla prigionia di Moro pur dicendo di non avervi preso parte…), della ‘storia’ ufficiale non solo di via Fani,  ma dell’intero caso Moro. Il mio libro è dunque il tentativo di provare a mettere ordine in quello che già era presente sulla scena del crimine ma che, inspiegabilmente o forse con una ragione precisa, è stato ignorato o in qualche caso addirittura insabbiato. Parto da un assunto: i ricordi dei testimoni ascoltati ‘a caldo’, cioè già subito dopo il fatto in particolare dai carabinieri, quelli che abitavano in via Fani e che in qualche caso hanno assistito alla strage, hanno ricordi nitidi, ‘freschi’. Sarebbe stato logico, perciò, partire da loro. Invece no: su quelli che raccontano ciò che hanno visto, viene operata una ‘selezione’ che, guarda caso, arriva a combaciare perfettamente con la verità ‘ufficiale’ fornita dai brigatisti. Così, spariscono quelli che io chiamo i pezzi mancanti di via Fani. Testimonianze, fatti, ma anche materiale, fotografico e cinematografico, che viene inspiegabilmente sequestrato o addirittura svanisce nel nulla, celando forse il segreto di immagini troppo ‘scottanti’. E non si è mai fatta luce su figure come il killer ‘mascherato’ che, armato di mitra, minaccia i testimoni, o sul giovane col giaccone blu che con una paletta da poliziotto che devia il traffico e sorveglia la situazione.

Restano ancora oscuri anche la reale dinamica dell’agguato e la sua preparazione. Negli anni sono state cancellate le ansie di Moro e del maresciallo Leonardi, i documenti scomparsi in cui il caposcorta del Presidente denuncia i pedinamenti della 128 bianca targata CD. E non ci si è mai davvero spiegati come i brigatisti sapessero del tragitto . A via Fani, quella mattina di marzo, andò in scena un agguato diverso da quello che sinora ci hanno raccontato: i brigatisti erano divisi in più nuclei, con più uomini e più mezzi impiegati e non tutti sapevano chi c’era quella mattina e quali erano i compiti assegnati. Una scena del crimine caotica, coperta dalle bugie dei brigatisti pentiti, contraddetti dai testimoni oculari sia sul reale svolgimento del blitz che sui membri effettivi del commando, coperti anche da potenti ‘mani’ che fanno sparire le foto che ritraggono i brigatisti in azione e la borsa di Aldo Moro con i documenti ‘sensibili’ dello statista. Questo libro è il tentativo, per una volta, non di aggiungere elementi ad un quadro già caotico ma di mettere a fuoco quelli che, pur accaduti, sono stati ignorati o peggio ancora insabbiati. Insomma i pezzi mancati di una strage organizzata nei minimi dettagli, nella quale sono stati impiegati più uomini e più mezzi. Perché sulla scena di via Fani, quella mattina, appaiono auto che si dileguano nel nulla. Una sola, dopo 55 giorni, rispunterà fuori: è una Renault 4 rossa e all’interno del bagagliaio ospita il corpo martoriato di Aldo Moro.

Marcello Altamura