La misteriosa scomparsa di Salvatore Colletta: 25 anni tra silenzi, omertà e lo spettro di Cosa Nostra

Era il pomeriggio del 31 marzo del 1992 a Casteldaccia, nella provincia di Palermo, quando Salvatore Colletta, di 15 anni e Mariano Farina di 13 anni e mezzo, spariscono nel nulla; una storia silenziosa che grida verità…ancora oggi dopo 25 lunghi anni.

Mariano e Salvatore comprarono quel pomeriggio delle merendine, si fecero accompagnare da un conoscente in contrada Gelso, al quale dissero di non voler ritornare a casa – “vogliamo fare un giro per vedere com’è la vita” disse Mariano – da quel momento sono spariti nel nulla.

Carmela La Spina, mamma di Salvatore, non si rassegna: pur consapevole che il lungo tempo trascorso, le rende sempre più concreto il timore che il proprio bambino possa essere morto, continua a non perdere la speranza.

In questo quarto di secolo non le è stata concessa neanche la possibilità di poter piangere o meno il proprio figlio.

Le ricerche ufficiali partirono tardi e furono impostate male. La sera del 31 marzo a cercare Mariano e Salvatore furono soltanto le rispettive famiglie, mentre le forze dell’ordine cominciarono a setacciare la zona soltanto nei giorni successivi alla scomparsa, senza usare però le unità cinofile di solito coinvolte per rintracciare le persone scomparse.

Iniziare male non può che finire peggio; infatti le ricerche si rivelarono un buco nell’acqua e non fecero assolutamente un minimo di chiarezza sui i motivi per i quali Salvatore e Mariano sono stati risucchiati dal silenzio.

Difronte alle tante bufale e notizie false che sono circolate negli anni, di recente mamma Carmela, in un appello diffuso su facebook, ha chiarito e dettagliato alcuni particolari della vicenda.

“Il giorno della scomparsa, il 31 Marzo 1992, Salvatore di mattina non andò a scuola ma rimase a casa poiché non era preparato alla lezione, ha pranzato e poi verso le 16:00 come quasi ogni giorno è uscito per andare a giocare al pallone per circa un’ora”; mamma Carmela sapeva dalla sera prima che il figlio non sarebbe andato a scuola a causa dei compiti non portati a termine, laddove per anni si è ripetuto e parlato dei due ragazzini che marinarono la scuola.

Falsa è anche l’amicizia tra Mariano e Salvatore: “Erano solo conoscenti. Mariano andava da solo dappertutto, anche in America dove la famiglia si è poi trasferita definitivamente da 18 anni. Mio figlio invece non sapeva arrivare da solo nemmeno a Bagheria o a Palermo”.

La famiglia Colletta ha sempre ipotizzato che tutto sia cominciato per gioco, su idea di Mariano, e che poi la bravata sia diventata tragedia quando i due bambini sono finiti, non si sa come, in mano agli zingari.

A conferma della ricostruzione dei Colletta ci sono diversi avvistamenti di Salvatore e Mariano. Racconta ancora Carmela La Spina: “Il giorno successivo alla scomparsa, il mercoledì, una signora di Santa Flavia li ha incrociati al mercato di Bagheria (che dista circa 5 km), chiedevano l’elemosina”– sembrerebbe che la testimone che conosceva i due ragazzi, in quella circostanza, non chiamò nessuno né si attivò per trattenerli in quanto   non sapeva  che fossero scomparsi.

Dopo 15 giorni dalla scomparsa è la stessa mamma Carmela ad avvistare Mariano Farina sulla S.S. 113 a San Nicola “nel momento in cui mi vide in faccia scappò così in fretta che non ho avuto tempo di scendere dalla macchina”.

Ed ancora un altro avvistamento nel palermitano: la piccola Italica,  incontra Mariano vicino l’insediamento degli zingari al porto di Termini Imerese, distante circa 15 km da Casteldaccia; la ragazzina gli avrebbe immediatamente chiesto: “Cosa fai qua? Tutti ti cercano”. Ma lui l’avrebbe liquidata con un “Vattene che poi mi faccio sentire io”. Secondo il racconto di Carmela La Spina, Italica in quell’occasione avrebbe visto anche Salvatore intento a portare un tavolo all’interno della roulotte dei nomadi.

Il racconto assume veridicità anche a seguito di un successivo avvistamento: due giorni dopo i due ragazzini vengono visti a Roma con gli stessi indumenti della segnalazione fatta dalla giovane Italica, e vengono avvistati davanti l’università di Roma mentre chiedevano l ‘elemosina.

La famiglia Colletta segnala e solleva il dito – con assoluta ragione – sui numerosi errori commessi nelle attività di ricerca info-investigative: non sono stati messi posti di blocco in tutta la Sicilia, le ricerche da parte dei carabinieri nel momento in cui scompaiono dei minori non devono avvenire dopo 48 ore, le segnalazioni non sono mai state verificate in tempo utile, né si è identificata la targa della roulotte dei nomadi che la ragazzina di Termini Imerese fornì – e di tanti altri errori, lacune ed omissioni si potrebbe  ancora parlare -.

La vicenda di Salvatore e Mariano è stata seguita sin dall’inizio dalla trasmissione Chi l’ha visto, alla cui redazione, nei primi 10 giorni dalla scomparsa, arrivarono tantissime segnalazioni da Bagheria, Caltanissetta e Palermo; addirittura nella puntata del 10 aprile 1992 giunsero in trasmissione diverse telefonate da Palermo da parte di persone che dichiaravano di aver visto i due ragazzini qualche ora prima.

Ciò va a supportare e a dare credibilità a quanto sempre sostenuto dalla famiglia Colletta; nonostante ciò non si arriva ad una risoluzione; 1500 segnalazioni che danno i due ragazzi in compagnia di nomadi non conducono al loro ritrovamento.

Interrogativi, sofferenze e dubbi si rincorrono per ben 25 anni, nel corso dei quali il mistero di Mariano e Salvatore si trascina appresso una scia di dolore incancellabile.

La vicenda si contorna di maggior mistero quando un pentito racconta che in alcune ville di Casteldaccia, all’inizio degli anni Novanta, si svolgevano summit alla presenza di Bernardo Provenzano. Pare trattarsi proprio delle stesse ville davanti a cui furono visti per l’ultima volta Salvatore e Mariano.
Il verbale secretato del collaboratore di giustizia è agli atti dell’inchiesta riaperta nel 2011 su istanza della famiglia Colletta; esso non contiene circostanze precise, ma si parla di una voce che circolava con insistenza negli ambienti di Cosa nostra.

Il pensiero corre da solo: e se Salvatore e Mariano avessero visto o assistito a qualcosa di scomodo?

Questo potrebbe giustificare il silenzio non casuale visto che tra le regole di Cosa nostra vigeva quella di non fare del male ai bambini; quindi se davvero fosse stato commesso un delitto così efferato doveva essere tenuto nel più stretto riserbo. D’altra parte a dimostrazione che la mafia può infrangere le sue regole, vi è la terribile vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo.

Ma anche tale filone non approda a nulla di fatto.

A gennaio di quest’anno Chi l’ha visto dà notizia di una sconvolgente scoperta in Sicilia: a seguito segnalazione dettagliata fatta ai carabinieri di Monreale, nelle viscere di una montagna a Roccamena (Palermo) è stata rinvenuta una fossa comune della mafia con la presenza di resti umani. Un pool di esperti ha esaminato con cura ogni reperto ed è emersa una verità ancora più inquietante: i resti appartengono a dieci uomini e a due ragazzi di età compresa tra i 12 e i 14 anni.

Gli accertamenti relativi ai riscontri sul dna sono ancora in corso. Atteso tale esito, 25 anni – nel buio totale – sono un tempo infinito… E’ giunto il momento di dire BASTA, e di accogliere l’accorato e straziante appello di mamma Carmela: <<mi rivolgo a chi sa per favore, io non vedo mio figlio da quando aveva 15 anni, oggi ne avrebbe 40. Posso andare avanti così? Mettetevi il cuore in mano e parlate!>>.

Carla Santoro