La corruzione, patologia o fisiologia dei sistemi democratici? Spunti e riflessioni dal nuovo libro di Davigo

L’incessante susseguirsi di scandali che marcano la storia della Repubblica in tutte le sue edizioni (I, II e III), non ultima la controversa vicenda Consip-Romeo, è un filo nero che permea la costituzione materiale del nostro Paese, come delle altre democrazie. Un fiume in piena chiamato corruzione. Le dittature e gli Stati autoritari ne sono poi totalmente intrisi.

Quale la natura della corruzione e come combatterla adeguatamente? Il tema ritorna puntualmente al centro del dibattito politico-culturale all’esplodere del caso del momento. Esperti, politici, giornalisti, intellettuali, s’interrogano sul che fare, alternando la proposizione di ricette che si rivelano quasi sempre inefficaci. L’introduzione di nuove norme, di pene più severe, appaiono alla prova dei fatti armi spuntate. Il male sembra dunque incurabile. Un cancro maligno che rode dall’interno l’organismo sclerotizzato dello Stato di diritto. Tant’è che sempre più prevale la convinzione che la corruzione non sia una mera patologia dei sistemi democratici, bensì un’insopprimibile cifra dei suoi meccanismi strutturali. La questione è sul tappeto da troppo tempo, il dibattito in corso permanentemente. Talora compaiono contributi analitici che gettano squarci di luce sul fenomeno, facendolo uscire parzialmente dal cono d’ombra che lo avvolge.  Uno dei più recenti è il libro di Piercamillo Davigo (nella foto) – personaggio esperto ed edotto sui fatti in qualità di protagonista dell’inchiesta “Mani pulite”– “Il sistema della corruzione” (edizioni Laterza, 2017).

Dall’alto della sua lunga esperienza di magistrato impegnato sul fronte delicato del contrasto al malaffare, Davigo ci dice alcune cose importanti:

1. la corruzione è seriale e diffusiva “in quanto corrotti, corruttori e intermediari, al fine di assicurarsi la realizzazioni dei patti illeciti e di evitare di essere scoperti, tendono a coinvolgere altre persone, creando una fitta rete di interrelazioni illecite”;
2. si configura e struttura come “sistema”, prevedendo collegamenti con altri reati (fiscali, contabili, di riciclaggio, ecc.);
3. intrattiene strette relazioni con il crimine organizzato poichè, non potendo ricorrere alla tutela legale, è costretta a delegare la funzione di garanzia sulle regole interne ai sodalizi illeciti al potere di intimidazione che promana dalle mafie.

L’autore mette a fuoco con nitidezza, inoltre, (uno dei maggiori pregi dell’agile libro) le differenze intervenute recentemente nei processi corruttivi rispetto alle caratteristiche che li connotavo nella seconda metà del secolo scorso.

“Negli anni Ottanta e Novanta del Novecento – scrive – vi era, per quanto riguardava la corruzione politica, un sistema accentrato, con versamenti occulti alle segreterie dei diversi partiti politici, sostanzialmente forfettari rispetto agli appalti delle grandi opere pubbliche… Parallelamente alla corruzione politica vi era una vasta area di corruzione burocratica”. Oggi, spiega Davigo, la prima area sembra aver subito un certo ridimensionamento, mentre la seconda – quella burocratico-amministrativa – dilaga aggirando l’azione investigativa e giudiziaria di contrasto. E le prospettive non sono rassicuranti. “Purtroppo anche gli interventi di natura preventiva previsti dal legislatore dal 2012… – conclude Piercamillo Davigo – non sembrano risolutivi, ma si incanalano nella tradizione italiana di ulteriore soffocante burocrazia e di controlli formali di scarsa efficacia”.

Dobbiamo allora rassegnarci a convivere con la corruzione, in quanto malattia cronica della democrazia, forever?

Aldo Musci