Della “casta” ha detto l’indignazione di giornalisti informati oltre che portavoce e coscienza del popolo di contestatori che definiscono indecenti i privilegi dei professionisti, o meglio, dei mestieranti della politica italiana (Gian Antonio Stella, “La Casta” / Gerardo Mazziotti, “Assalto alla diligenza”). Non è mai abbastanza se è vero che non cambia niente e che anzi qualche mattacchione di deputato spara la provocazione sul gran lavoro dei parlamentari che meriterebbe il raddoppio delle prebende. Di che stiamo parlando: prima ancora di leggere la “busta paga” dei parlamentari diamo un’occhiata al trattamento dei mille dipendenti di Camera e Senato, categoria di lavoratori esclusi dalla soppressione dell’articolo18. Per loro c’è l’impossibilità di licenziarli, il via libera ad assenze anche di tre anni per malattia e retribuzioni con un tetto fino a 240mila euro. Se poi si assentano dal lavoro senza alcuna giustificazione non succede niente e il pensionamento è previsto ai 65 anni contro i 67 del settore privato. Scatti di anzianità? Un dipendente della Camera triplica lo stipendio dopo vent’anni di lavoro, da 30.000 euro a 100,000. Smistiamo l’analisi sui cosiddetti onorevoli che, grillini compresi, non rinunciano a questo titolo abolito dal fascismo, perciò usurpato: costiamo 350mila euro all’anno (lo stabilisce la legge di bilancio) per assicurare vita, invalidità e infortuni di deputati e senatori (chissà se anche quelli del senato dimezzato, previsto dal referendum costituzionale). Il grillino Fraccaro ironizza così: “Li assicuriamo per punture e morsi di animali, malattie tropicali affogamenti, ernie addominali, escursioni in montagna, inondazioni, alluvioni, eruzioni vulcaniche, colpi di sole, calamità naturali, terremoti, alluvioni, inondazioni. Paghiamo anche l’assicurazione ai deputati se subiscono un infortunio in stato di ebbrezza”. In tema di stipendi, intralci, ostacoli, ritardi e omissioni, con moto perpetuo remano tutti contro ogni ipotesi di tagli, proposti invano dal Movimento 5 Stelle. C’è chi va oltre. Tale Marco Marcolin, deputato saltellante come una quaglia, passato dalla Lega a “Fare” e infine al gruppo parlamentare che vede insieme Ala e Scelta Civica, sbraita contro la demagogia dei tagli e spara un “raddoppiamo gli stipendi dei parlamentari”. Applausi di Palazzo Madama e Montecitorio. Niente male neppure il fantasioso Brunetta. Propone di calcolare la retribuzione dei parlamentari in modo progressivo rispetto al reddito percepito prima dell’elezione. In altre parole, se un Brunetta-simile prima di entrare in Parlamento guadagnava, mettiamo, un milione all’anno, dovrebbe essere retribuito molto, ma molto, molto più di un ex metalmeccanico prestato alla politica. Ma quanto mettono in tasca deputati e senatori? La bellezza del sessanta percento più dei colleghi europei. Oltre sedicimila euro al mese. Nella scala delle retribuzioni parlamentari l’Italia è in testa, seguita dalla ricca Australia e poi in fila indiana da Stati Uniti, Canada, Norvegia, Molto più giù, in classifica, Irlanda, Germania, Nuova Zelanda, Svezia. In coda si trovano Regno Unito, Francia, Spagna, con indennità pari a circa il 50% in meno del nostro Parlamento. E i colleghi europei (736 deputati)? L’indennità, al netto, è di 6.200 euro, il vitalizio è riconosciuto ai 63 anni (1.392 euro per un mandato, 28000). Ricchi e poveri “Gli on. Italiani? In fondo alla graduatoria dei ministri c’è la Boschi (96.568 euro), in cima il titolare dell’Ambiente Gian Luca Galletti (126.119 euro). Il deputato più ricco, è Brunetta naturalmente. Dichiara un reddito imponibile di oltre trecentomila euro. Capito perché propone maggiori indennità ai più ricchi? Al fin della…è permessa la domanda “ma a che servono tanti parlamentari, la maggior parte dei quali in aula si vede e non si vede?
Luciano Scateni
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