Quando incontro Simona Mallemi della “Casa Delle Donne”, associazione di promozione sociale di La Spezia presieduta da Maria Cristina Failla, per proporle l’adesione alla X Edizione del Festival di Poesia Palabra en el Mundo, si dimostra entusiasta e in modo del tutto naturale, il primo collegamento che insieme tracciamo rispetto all’adesione è una donna: il Giudice Francesca Morvillo, morta il 23 Maggio del 1992 nella strage di Capaci. In primo luogo sei moglie e madre. – dice Torvald Helmer a Nora in Casa di Bambola di H.Ibsen e lei risponde: – Non lo credo più, credo di essere prima di tutto una creatura umana al pari di te o almeno voglio tentare di diventarlo. So bene, Torvald , che il mondo darà ragione a te e che qualcosa di simile si legge nei libri. Ma ciò che dice il mondo e ciò che si legge nei libri non può più essere norma per me. Io stessa devo riflettere per vederci chiaro nelle cose – Simona Mallemi parte così, con Nora per farmi realizzare il lavoro di “educazione alla differenza” che portano avanti come volontarie dell’associazione: – E’ così che Nora decide di mettere in discussione le norme sociali, quelle che Jung definisce inconscio collettivo per dare spazio al proprio mondo interiore e cercare la norma adatta a se stessa oltre il senso morale, espressione del comune sentire, delle convenzioni, dei ruoli imposti. La tragica scelta di Nora, protagonista del noto dramma di Ibsen, accomuna tutte quelle storie di donne che scelgono di affrancarsi dal ruolo loro imposto dalle convenzioni socialmente consolidate e più o meno scientemente accettate. La ricercare dell’autenticità, per approdare alla piena libertà nelle relazioni di genere. E’ questo che Nora decide di cercare, chiudendosi dietro la porta di casa, la propria identità oltre gli stereotipi imposti dalla cultura dominante…Gli interrogativi che Nora si pone sono comuni a tutte quelle donne che per le più disparate situazioni e circostanze si trovano a dover affrontare la rottura di un assetto relazionale allineato allo schema sociale diffuso e accettato in un determinato periodo storico. In seguito alla rottura di un legame fondamentale la donna si trova a dover affrontare la propria individualità, a dover affrontare il proprio essere donna oltre gli schemi di complementarietà tacitamente imposti dalle strutture sociali e inconsapevolmente assunti come dimensione esistenziale.
Ma in quale momento avviene l’identificazione con lo stereotipo? Al momento della nascita ogni bambino e ogni bambina è semplicemente vita, esistenza: tabula rasa che sarà plasmata e strutturata dall’ambiente esterno. Essere maschio o essere femmina non fa la differenza, entrambi equamente esposti all’impatto esperienziale dell’ambiente. Quando avviene, allora, la contaminazione?In che momento e perché accade che le bambine assimilino determinati paradigmi identitari, che influenzeranno le loro future biografie, il loro modo di guardare e di vivere il mondo esterno?Alcune donne non chiuderanno mai dietro di se la porta di casa come ha fatto Nora, vivranno le proprie esistenze coccolate e ovattate dal consenso sociale, nessun trauma, nessuna rottura, ma forse una velata melanconia. Altre dovranno invece, loro malgrado, ricercare se stesse, perché rispetto alle proprie esistenze lo schema non ha funzionato: a causa di un lutto, una relazione violenta, la povertà. Altre ancora vivranno un conflitto lacerante tra quello che sentono di essere e quello che gli altri si aspettano che siano (madri, mogli , amanti), un conflitto silente e costante, immobili davanti a quell’uscio, non riuscendo a decidere se permanere all’interno delle pareti delle convenzioni sociali,oppure se spalancare la porta e affrontare l’abisso dell’autenticità. Ma se Nora potesse essere semplicemente Nora?Se ogni donna potesse vivere la propria identità scevra da pregiudizi e da ruoli precostituiti? Credendo che tutto ciò sia possibile, nella convinzione che ciascuna bambina e ciascun bambino abbia diritto a vivere e a crescere nel modo più congeniale alla propria dimensione identitaria. – Da questi pilastri di impegno sociale, nasce alla Spezia un gruppo di lavoro e di ricerca permanente, all’interno dell’Associazione di promozione Sociale La Casa delle Donne costituitasi il 14 gennaio 2014 per far emergere il fenomeno della violenza, al fine di contrastarlo e di tutelare, fin dalle sue prime manifestazioni, ogni forma di violenza nei confronti delle donne. Il gruppo di lavoro, coordinato dalla vice presidente Dott.ssa Simona Mallemi, si è formato su iniziativa di alcune socie ed è composto da diverse figure professionali (psicologhe, insegnanti, filosofi/e) ha collaborato anche con l’associazione italiana per la consulenza filosofica Phronesis. – Condividere è il senso che intendiamo dare al nostro intervento formativo ed educativo – riprende la Mallemi – valorizzare le differenze e favorire l’autonomo processo identitario di ciascun bambino e di ciascuna bambina. Riflettere e interrogarsi circa il fenomeno e l’esegesi della violenza di genere, al fine di individuare strategie efficaci per agire soprattutto in termini di prevenzione. In modo particolare si segnala il progetto “Educare alla differenza”con il quale si è cercato di concretizzare tali premesse teoriche. Nell’attività progettuale sono stati coinvolti in un primo momento i bambini e le bambine di una scuola primaria della città de La Spezia e successivamente le donne e i bambini ospiti del centro di accoglienza del Centro Irene del Comune di La Spezia. Si è scelto di utilizzare il linguaggio della fiaba quale espressione più pura dell’inconscio collettivo di cui parla Jung per accompagnare i bambini e le bambini, in quanto, secondo l’insegnamento di Bruno Bettelheim, più fruibile dalla psiche degli stessi, proprio in ragione delle polarizzazioni in termini di giusto\ingiusto, bene/male che rendono tangibili gli effetti dei comportamenti umani, ben oltre un insegnamento etico non percepibile dai bambini e dalle bambine, in un percorso di destrutturazione cognitiva che conduca alla valorizzazione delle differenze. La fiaba, inoltre quale espressione più pura dell’inconscio collettivo, può aiutare le donne ad elaborare il proprio vissuto e ricostruire la propria identità violata. –
Arrivate alla Fiaba, la fermo un attimo, e le propongo di cucire la bambolafiaba per Francesca Morvillo e le sorelle di sorte, le donne rimaste vedove, perché a morire quel giorno oltre al Giudice Giovanni Falcone, vi erano i tre agenti di scorta giovanissimi Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, che hanno lasciato altre donne, dalle madri alle mogli alle figlie e alle sorelle, e non per propria scelta oggi non godono più in vita dell’amore dei propri cari. Un gesto simbolico, che resterà nella memoria del progetto di educazione alla differenza di genere come una poesia che ci sostiene nell’identità della memoria. Il 23 Maggio del 1992 e in ogni altro giorno in cui si consuma violenza, si uccide il valore dell’essere umano e “Imbuca la Poesia…Esplode la Meraviglia” nasce proprio perché ciò non accada. (http://www.loralegale.eu/2016/04/30/la-poesia-arriva-sui-luoghi-della-strage-capaci-il-23-maggio-aderisce-al-festival-internazionale-di-poesia-palabra-en-el-mundo/)
Nadia Lisanti
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