Perché l’Italia ha meno infrastrutture degli altri Paesi europei? E perché il Sud ne ha ancora meno? Questa doppia carenza non dipende dall’ammontare della spesa complessiva né dalla sua distribuzione sul territorio, dipende invece dall’incapacità della pubblica amministrazione di tradurre quella spesa in opere pubbliche adeguate, per costi, tempi di realizzazione e bisogni del Paese.
Nel corso degli anni, infatti, il tema delle “infrastrutture” è diventato una questione importante e cruciale per l’economia e lo sviluppo della nostra amata isola Siciliana.
Occorre, quindi, iniziare a lavorare pensando allo sviluppo delle infrastrutture nel suo complesso: dal sistema dei trasporti, alla realizzazione di opere pubbliche, ai fondi FAS, al sistema energetico fino ad arrivare al sistema delle telecomunicazioni.
IL MANCATO POTENZIAMENTO DELLE INFRASTRUTTURE IN SICILIA
Iniziamo dallo sfatare un luogo comune, secondo il quale il primo sforzo serio per dotare di infrastrutture il meridione si sarebbe avuto a partire dagli anni ’50 con l’”intervento straordinario”. Così non è stato e non è ancora oggi. Le risorse dello Stato impiegate nel Mezzogiorno quasi sempre non sono state ben utilizzate per la realizzazione e lo sviluppo delle strutture dedicate al meridione. A volte sono state private al Mezzogiorno per altri interventi nel resto del Paese.
Lo sforzo protratto e ingente per dotare di infrastrutture il Mezzogiorno non ha dato i risultati desiderati. Infatti, se dall’analisi dell’impegno finanziario si passa ad un inventario di quel che effettivamente è stato costruito, i chilometri di strade, le ferrovie, eccetera, si conferma l’opinione corrente: nel Mezzogiorno vi sono meno infrastrutture che altrove. Una quantificazione del rapporto che vi è tra quanto è stato speso e quel che si è realizzato nelle diverse parti d’Italia è eloquente: i comportamenti meno virtuosi si hanno al sud, particolarmente in Sicilia e le differenze osservate rispetto al resto del Paese sono notevoli. Su questo aspetto dovremmo aprire un capitolo a parte: infiltrazioni mafiose e corruzione.
Un esempio: se si considerano le infrastrutture effettivamente presenti, la Sicilia nel 1997 disponeva di una dotazione pari al 66% rispetto alla media nazionale. Se si considera quanto è stato speso nel tempo, l’ammontare delle infrastrutture in Sicilia avrebbe dovuto essere pari al 114% della media nazionale. Così non è stato.
Non si può svincolare un ragionamento sulle opere e sulle risorse necessarie da una considerazione approfondita sul modo in cui l’amministrazione riesce a gestire le realizzazioni. Per esempio, è difficile prestare fede alle previsioni di spesa per la costruzione del ponte sullo Stretto, che interessa le regioni che storicamente si sono dimostrate meno capaci nel realizzare le opere pubbliche (Sicilia e Calabria). Una stima seria dei costi dovrebbe contemplare, oltre alle alternative tecnologiche, degli scenari “amministrativi”, per descrivere come il costo previsto si modifichi a seconda della capacità delle amministrazioni, per esempio nel gestire le inevitabili variazioni che si renderanno necessarie per un’opera così complessa.
Ma il problema in Sicilia va ben oltre. Nel terzo millennio nella nostra Isola il trasporto pubblico è solo stradale (siamo nel medioevo). Le strade sembrano costruite con la “carta pesta” e crollano come se niente fosse, mettendo a rischio un’intera popolazione. La Gela-Caltagirone da due anni è fuori uso per il cedimento di un ponte a pochi mesi dalla sua realizzazione; la “presunta” autostrada Ragusa-Catania (attendiamo da 50 anni la sua realizzazione) viene finanziata e poi come per incanto non viene considerata tra le infrastrutture strategiche (anche da questo Governo) e quindi non si può realizzare; la Rosolini-Catania è stata realizzata con la “cera ponga”, non sembra neanche un’autostrada. Poi capita che crolla il viadotto, in cattive condizioni da molti anni, nella Palermo-Catania, anello strategico che collega la Sicilia meridionale da quella occidentale e non ci sono alternative perchè il traffico ferroviario è stato totalmente smantellato, le ferrovie completamente dismesse nella maggior parte dell’isola. E non ci possono essere alternative perchè in Sicilia la classe dirigente, indistintamente dal colore politico, per 50 anni ha scelto di puntare esclusivamente sul traffico gommato mortificando tutti i territori (soprattutto il profondo Sud) e bloccando i grandi investimenti sul trasporto pubblico. Dai Governi nazionali (compreso quello Renzi) a quelli regionali che hanno avuto interessi per gli appalti “stradali” anzichè per un modello di sviluppo infrastrutturale moderno ed efficace, a passo con il resto del Paese. Inoltre, questo governo regionale non è stato capace di fare la manutenzione e di mettere in sicurezza le strade siciliane che sono quelle che reggono l’intero trasporto di una isola abitata da 5 milioni di persone. Eppure ci sono autostrade gestite direttamente dalla Regione siciliana attraverso il Cas, il Consorzio autostrade siciliane, un ‘carrozzone’ regionale che gestisce le autostrade Palermo-Messina, la Messina-Catania e che dovrebbe realizzare l’autostrada Siracusa-Gela. Nella gestione del Cas, infatti risultano: manutenzione bloccata da un decennio, illuminazione carente nelle gallerie, persino – unico caso in Europa – un’agenzia di assicurazioni nazionale che ha disdettato il contratto per via dell’alto numero di incidenti che si verificavano sulla Palermo-Messina.
Pertanto, il gap infrastutturale siciliano nei confronti dell’Italia è grave e risulta sostanzialmente invariato negli ultimi anni. Eppure una regione ben dotata di infrastrutture avrà un vantaggio comparato rispetto ad una meno dotata e questo si tradurrà in un più elevato Pil regionale pro-capite o per persona occupata e/o anche in un più elevato livello di occupazione. Da ciò consegue che la produttività, i redditi e l’occupazione regionale sono funzione crescente della dotazione di infrastrutture.
In Sicilia, dai dati raccolti attraverso i numerosissimi piani di infrastrutturazione, che a varia scala sono stati proposti negli anni, i valori degli indici di dotazione infrastrutturale in tema di trasporti (rete stradale, ferroviaria, e aeroportuale) testimoniano come il forte gap rilevato a livello complessivo che contraddistingue la nostra isola rispetto al resto del Paese sia da attribuire in larga parte proprio ai ritardi accumulati in tale ambito. Occorre inoltre rilevare che gli indici di dotazione non evidenziano lo stato qualitativo, o in altre parole, la rispondenza in termini di funzionalità delle infrastrutture rispetto alla domanda e non sono in grado di rappresentare la dimensione territoriale dei divari. Inoltre, per quello che concerne i dati sulle infrastrutture autostradali si rileva in Sicilia la totale mancanza di una rete autostradale a tre corsie contro i 23 chilometri per 1000 kmq di superficie territoriale dell’Italia. La dotazione di autostrade a due corsie è pari a circa 23 chilometri per 1.000 kmq di superficie territoriale. Pochissime. Le maggiori problematiche delle strade siciliane riguardano soprattutto lo scadente livello nei servizi agli utenti, gli alti livelli di incidentalità con i relativi tassi di mortalità che risultano superiori alla media nazionale e lo scarso collegamento tra nodi urbani, zone costiere e aree interne, con conseguente aggravio dei costi di trasporto. Debole si presenta, inoltre, il sistema delle strade rurali secondarie, sia in termini di collegamento che di livello di manutenzione e presenza di strutture a protezione e segnaletica.
Alla luce di questo quadro desolante è necessario insistere sulla necessità di varare una politica infrastrutturale che privilegi la qualità degli interventi piuttosto che la quantità. Se non si cambierà questa visione il Sud si allontanerà sempre di più dal Nord Italia. Anzi, il Sud, soprattutto la Sicilia, resteranno sempre più isolati tra frane e crolli.
La spesa pubblica intelligente è quella che crea sviluppo e occupazione. Questa spesa non va tagliata ma sostenuta.
Questo gap deve essere colmato. Credo, che molti soldi possano essere risparmiati tagliando sprechi e inefficienze ma, di certo, sarebbe un errore ridurre i fondi stanziati per investimenti alle opere infrastrutturali. Si risparmi nella spesa improduttiva ma la prospettiva nella quale ci si deve muovere deve restare quella della crescita e non del mero risparmio.
Valentina Spata
1 Comment
Oblzhu efmadp cialis drug generic cialis 20mg [url=https://ciamedusa.com/#]generic cialis prices[/url] cialis com Smooth as “the abridge surplice of the wicker