Incideva il ventre delle sue vittime con la lettera “S”: la vera storia del Mostro di Udine

La numerologia si avvale di molti significati, il tredici per esempio, viene associato alla fine di un ciclo significativo del fatto che ci sono tredici mesi lunari in un anno, e tredici sono i segni zodiacali dell’astrologia Celtica . Il tredici predice nuovi inizi, e significa che i vecchi sistemi devono terminare a favore di nuove trasformazioni. Tredici furono le donne ammazzate, quasi tutte escort, sgozzate con un rituale identico, rigorosamente nelle notti di pioggia, l’assassino lasciava la firma compiendo le stesse identiche azioni per ognuna di loro. Per anni nessuno ha associato questi omicidi ad un serial killer, ma ora qualcuno ci pensa in maniera seria, ma sarà sufficiente per riaprire il caso? Il killer è un uomo rimasto nell’ombra per una infinità di anni, nessuno lo ha mai descritto, il suo profilo o la sua personalità deviata non sono mai state svelate, tanto da essere quasi passato inosservato rispetto al suo famoso collega toscano, definito il “Mostro di Firenze,” che per un ventennio, dal 1968 alla metà degli anni 80 ha seminato il terrore tra le coppiette che si appartavano per amoreggiare.

Nessuno ha mai saputo che a Udine, nel benestante Nord -Est, considerato per decenni un territorio fuori da ogni rischio, quasi preda della monotonia, ha agito indisturbato un altro mostro sovrapponibile per crudeltà mentale al celeberrimo assassino toscano. Un killer seriale, meticoloso, scientificamente preciso, silenzioso, passato nell’ombra della lente delle ricerche degli inquirenti. Ha ucciso per quasi vent’anni come il suo omologo fiorentino, ma nè i giornali e nemmeno le TV hanno dato risalto ai tredici omicidi che avrebbe commesso, rimasti senza un colpevole, e archiviati nel nulla. Omicidi efferati, raccolti in faldoni ammassati e polverosi in qualche deposito dimenticato, perchè la polizia non è riuscita a dare un nome al colpevole. Un bel giorno, dal nulla è spuntata una scrittrice friulana, una ex allieva della scuola Holden di Torino, Elena Commessatti, che ha deciso di rispolverare quella storia dimenticata, anzi quelle 13 storie, legate da quel filo di sangue. Ha incominciato ad aprire quei fascicoli incrociando dettagli, fattori e coincidenze, quelli a cui gli inquirenti non avevano dato importanza o avevano trascurato di esaminare a dovere, ed è scaturito all’improvviso un nuovo “Mostro” non certo da meno del toscano, nella storia già cospicua dei crimini Italiani.

Gran bella città Udine, costruita sotto i colli friulani, cittadina pulita ,ordinata, puntuale e tranquilla, che ha nascosto tra le sue vie dal 1971 al 1989 un colpevole di tredici omicidi. Le donne avevano una caratteristica in comune, erano tutte prostitute, unite tra di loro da quella professione e da quel destino avverso. L’unico dato certo, fornito dalle indagini su almeno quattro corpi dal nucleo anatomopatologo, composto dal dottor Vidoni e dal dottor Moreschi, hanno riscontrato la stessa mano assassina. Atroce, efferata e delittuosa, ma sempre la stessa. Sembra che l’assassino nel 1989 abbia smesso di agire, ma dai dossier con i nomi delle vittime precedenti a quella data sembra che gli omicidi fossero in qualche modo sovrapponibili. Maria Bellone, 19 anni per esempio fu uccisa nel 1980.

ll dossier piu’ ricco risale al 1994, ma l’assassino dal 1989 aveva smesso di agire,si era dato uno stop. Per quattro omicidi (Maria Bellone, 19 anni uccisa nel 1980, Luana Giamporcaro, 22 anni, uccisa nel 1983, Aurelia Januschewitz, 42 anni, morta nel 1985, Marina Lepre, 40 anni, morta nel 1989 e con tutta probabilità anche la prima donna uccisa di questa lista infinita, Irene Belletti, uccisa nel 1971, segue lo stesso schema degli altri omicidi, le modalità non cambiavano e nemmeno il finale cruento. Tutte donne ai margini della società, colte di sorpresa, senza riuscire a difendersi o a gridare, non un fiato lui era spregiudicato e veloce quasi chirurgico, tutte uccise con lo stesso medesimo e macabro rituale, sgozzate in una notte di pioggia e durante i fine settimana. La firma dell’assassino impressa dalla lama di un coltello molto affilato , quasi un bisturi, sempre sul ventre. Con precisione millimetrica agita da una mano esperta, un solco paragonabile alla lettera “S” un taglio fermo, senza esitazioni capace di ripetersi, il segno rivelatore di una mano abile, la stessa abituata a non sbagliare. Si sospettò che l’arto dell’ assassino potesse appartenere ad un chirurgo o ad un studente di medicina, magari con praticantato presso il nosocomio di Udine. Ci furono delle indagini, ma le prostitute che battevano il marciapiede non volevano parlare, e i clienti interpellati dovevano tutelare la loro onorabilità e salvaguardare le loro ordinate famiglie da una infamia non tollerata.

Tutto rimase in una nebulosa infrangibile, in quel mondo di emarginazione, tossicodipendenza e prostituzione, Se le vittime fossero state note professioniste mogli, sorelle o figlie di persone importanti, le indagini avrebbero preso una piega diversa? Il capo della Procura friulana, alla fine delle indagini, Giampaolo Tosel che concluse la carriera nel 2004, analizzando l’ultima vittima, Donatella Cordenons, pensò al “killer Della Balestra” accertando con sicurezza che due donne le aveva uccise certamente lui, e considerata la sua colpa si suicidò in carcere nel 2010 subito dopo il suo arresto. Diciassette omicidi sono stati commessi in Friuli, una di loro, non praticava la prostituzione, uccise dal 1971 fino al 2004. Quattro sono state le condanne per questi delitti, dunque ne restano tredici senza colpevole, ma eseguite probabilmente dalla stessa persona. Elena Commessatti la scrittrice, è partita dalla sua analisi e commenta ” La tesi che muove il mio libro è quella che ascolta dal profondo il respiro di una città, un respiro mai mutato da oggi fino agli anni Settanta. Udine è una location quasi sconosciuta per la narrativa italiana e in epoca di globalizzazione questa città di circa centomila abitanti e di poche vie dedite alla prostituzione, sempre quelle del centro, immutate dagli anni Settanta. Porta i segni evidenti del localismo conservatore, eppure qui non si è mai notato nulla di così fondamentale per le indagini, strano.” Le famiglie delle vittime aspettano quella giustizia fino ad ora negata, l’auto di Irene Belletti, una delle vittime, era coperta di impronte, dove sono finite si chiede la Commessatti. Le nuove tecniche investigative permettono ora di scoprire il DNA di una persona, dunque il profilo del serial Killer potrebbe essere identificato. Una nuova indagine avrebbe buoni margini di riuscita, c’è anche un mazzo di chiavi, al vaglio degli inquirenti, ancora non è stato stabilito se appartenesse a una delle vittime o fosse stato dimenticato sulla scena del crimine dall’assassino, che potrebbe essere friulano o meno, e potrebbe essere ancora vivo, magari frequentava Udine durante il week end, soprattutto se pioveva. Che serratura potrebbero aprire quelle chiavi? In quel periodo le indagini non si allargarono troppo e la psicosi si sviluppò solo a Udine e non fuori del perimetro della città, era il periodo delle Brigate Rosse che occupavano la cronaca nera Italiana. Perciò si trascurò quel fenomeno inquietante e sociologico che si nascose sotto il respiro trasparente , occulto e silenzioso del Mostro della lettera “S”,forse l’iniziale del suo nome? Abbiamo un vicino di casa all’ombra del monti Friulani che si chiami S…?