Non è importante il chi perché conta il come. Non molto tempo addietro il fratello di un ministro del centrodestra finì in un’inchiesta sull’appropriazione indebita di un incarico istituzionale. L’ente erogatore dell’ambito posto di lavoro compì un capolavoro di macchinazione per essere certo di assumere proprio quella persona e il bando fu confezionato su misura. Niente laurea e una serie di connotati che vestirono a pennello la persona da favorire, a colpo sicuro. Il trucco è patrimonio di tanti baroni della medicina, di un cerchio magico che si estrinseca in “io promuovo tuo figlio, tu ricambi con mio nipote”. Ed ecco il bando pubblicato dal Ministero dell’Interno italiano, dipartimento dei Vigili del Fioco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile: “Procedura comparativa per il conferimento a titolo gratuito di incarico di prestazione di lavoro occasionale per lo svolgimento delle attività di comunicazione “. Il dubbio dei mal, anzi dei ben pensanti è che il bando sia strutturato per un soggetto privilegiato, disposto ad assumere l’incarico inizialmente non retribuito, solo inizialmente, per scoraggiare improbabili concorrenti. Nell’ipotesi fantasiosa che il bando non nasconda nepotismo, la dichiarata gratuità della prestazione lavorativa entrerebbe scandalosamente nella richiesta di lavoro in “nero”, proposta da un ramo importante del governo, in caduta libera nell’illegalità e in aperto conflitto con il dettato costituzionale che impone la giusta remunerazione del lavoro. Il sospetto è che il Ministero in questione abbia esasperato la prassi dilagante di retribuzioni da fame, permesse da contratti capestro e imposti dal dramma del ricatto “prendere o lasciare” che fa vittime innocenti tra i senza lavoro, giovani o meno giovani. Nel caso in questione la richiesta di rinuncia alla retribuzione, considerati i requisiti e le mansioni del bando, è rivolta a un giornalista dal quale ci si aspetta di curare l’ufficio stampa, di sovrintendere alla comunicazione del dipartimento, all’informazione istituzionale materiale e di gestire le relazioni con i media. Sono molti e onerosi i compiti supplementari che a titolo gratuito, come prescrive il bando, sono caricati sulla pelle del matto che accettasse questi presupposti. Tutto apparterrebbe invece alla normalità se non si trattasse di prevaricazione della correttezza nel rapporto tra committente e lavoratore, ma di un caso di nepotismo. In ogni caso, di che meravigliarsi: il caos che avvolge il mondo del lavoro con la giungla di contratti a termine, lavori sottopagati, precariato a vita, sacche impunite di sfruttamento, si manifesta drammaticamente con il sì di tanti giovani e uomini disoccupati a proposte indecenti che nessuna legge impedisce, perché non applicata. Che poi sia un ministero a interpretare le storture che hanno la meglio sulla difesa dei diritti è un’altra storia e il Paese dovrebbe imporsi di cancellarla, perché irricevibile.
(l.scateni)
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