Omicidi “storici” irrisolti: il caso Montesi

Il rapporto quasi morboso che l’Italia ha con i casi di cronaca nera può contare su un intero palinsesto televisivo ogni giorno della settimana, perchè vivere in prima persona, conoscere e diffondere le storie altrui, fa parte di un malsano sport nazionale. Subentra la curiosità di sapere perchè queste vicende accadano, a chi accadano, o per colpa di chi succedano. La sequenza poi si sviluppa nel: chi è il colpevole, perchè l’ha fatto, sconterà o meno la pena, e soprattutto in termini di dolore e di giustizia, chi sarà la vera vittima? Ricordate il mostro di Firenze? dopo 50 anni se ne sa come allora o quasi, i dubbi non si sono mai dissipati. Infiniti i casi rimasti senza un colpevole, casi controversi, intricati, soprattutto mai risolti. Wilma Montesi, appartiene a questa categoria, o meglio… il suo omicidio ne fa parte.

Wilma Montesi era una ragazza di 21anni romana, morì il 9 aprile 1953, quando alcuni di noi non erano ancora nati. Fu uno dei più famosi episodi di cronaca nera che l’Italia ricordi, apparentemente simile a quello avvenuto negli Stati Uniti a Dalia Nera, entrambi i casi dai risvolti inquietanti e quasi sovrapponibili. Simili gli accadimenti, apparentemente legati al mondo dello spettacolo, della politica, dei faccendieri danarosi e del giro di torbidi festini a base di droghe e orge, ma data l’epoca, non con videogame. In quel periodo, parliamo della prima metà degli anni 50, la presunta “politica bene”con l’impronta digitale della D.C. sollevò diversi polveroni.

Il caso ebbe inizio l’11 aprile 1953; sulla spiaggia di Torvaianica venne ritrovato il corpo di Wilma Montesi, apparteneva alla classe operaia, e da tempo progettava il matrimonio con un giovane dell’Arma dei Carabinieri. Fu ritrovata morta, stesa a faccia in giù sulla battigia in riva al mare, con la parte superiore del corpo affondata nell’acqua. Il medico legale, che esaminò il cadavere, notò che il corpo della ragazza non si era ancora irrigidito e che lo stato dei vestiti e la lacca sulle unghie, indicavano, quasi con certezza, che non poteva trovarsi li da più di un giorno, calcolato nelle 24 ore. Dalle ricostruzioni degli inquirenti attraverso le testimonianze raccolte presso la famiglia e dalle dichiarazioni di due testimoni sulle ultime ore di vita della ragazza, si appurò che era stata vista uscire di casa il 9 aprile ed osservata mentre saliva sul treno diretto ad Ostia. Questo caso fu inizialmente archiviato come un normale decesso dovuto a una “sincope da pediluvio”, che prevedibilmente ne avrebbe causato l’annegamento. L’indagine si avviò in breve verso l’archiviazione, il giudice istruttore accolse l’istanza e in prima battuta il caso fu chiuso. Esistevano comunque delle notevoli incongruenze fra i tempi di avvistamento della donna dichiarati dai testimoni, comparati allo stato reale del suo cadavere. Se realmente l’annegamento fosse avvenuto nella giornata indicata del 9 aprile, il corpo non si sarebbe trovato in quello stato di buona conservazione, considerate le correnti marine, che avrebbero trasportato il cadavere per due giorni (stabiliti dagli investigatori) della spiaggia di Ostia fino a quella di Torvaianica. La ricostruzione del percorso del corpo fu dichiaratamente questa, ma, come spesso accade, furono i giornalisti a colmare le magagne e i buchi dell’inchiesta e lo fecero in modo dettagliato e cavilloso; allora emerse che quello, che inizialmente sembrava un semplice incidente, diventasse quasi una bomba pronta ad esplodere, un omicidio colposo.

Tramite l’accanimento mediatico di TV, giornali e radio saltò fuori che Wilma Montesi non era la ragazza della porta accanto, che tutti conoscevano, ma un’aspirante attrice con amicizie altolocate, che conduceva uno stile di vita non consono alle sue possibilità economiche, troppo superiore alle sue tasche. Alcuni giornali addirittura riportarono la notizia secondo cui la donna fu certamente vista pochi giorni prima di morire, in compagnia del figlio di un alto politico italiano, l’allora vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Attilio Piccioni, Piero. Ci fu un periodico scandalistico dell’epoca che indagando, segnalò la presenza di Wilma la sera della sua scomparsa ad un festino a luci rosse, privato e organizzato nei pressi di Torvaianica per rampolli di spicco della borghesia e della politica italiana. La festa si svolse a base di cocaina, orge e alcool e la ragazza si senti’ male. Gli “amici”, pensandola morta, l’abbandonarono sulla spiaggia vicinissima al mare, dove completamente incosciente e totalmente priva di sensi sarebbe poi annegata. Il direttore del giornale scandalistico, Silvano Muto, venne accusato e processato per “diffusione di notizie false e pretenziose”, ma il caso non si chiuse, anzi finì per esplodere in una vera e propria questione politica. Il tribunale di Roma nel 1954 sospese il processo a Muto e avviò una nuova inchiesta sulla morte della Montesi, riuscendo ad escludere l’ipotesi dell’annegamento causato da un malore.

Passarono alcuni mesi, poi Pietro Piccioni venne arrestato con l’accusa di “concorso in omicidio colposo”, gli fu recapitato un mandato di comparizione che includeva anche l’ex questore di Roma, incolpato a sua volta di aver inquinato e depistato l’indagine, prodotto prove e piste false, a beneficio dell’archiviazione del caso della prima indagine, per coprire il figlio di”tanto padre”. Una ragazza testimoniò contro Piccioni e fu l’unica, ma non furono trovate altre prove del coinvolgimento diretto dell’uomo nell’omicidio della ragazza, perciò tutti coloro che vennero imputati in quel procedimento penale vennero rilasciati e assolti nel 1957,lasciando che la politica, il perbenismo di costume, la dubbia moralità e l’esaltazione mediatica fossero scagionati senza macchia. Quell’omicidio rimase e rimane senza un colpevole…