La crisi della sinistra europea e lo smarrimento del socialismo: in esclusiva per loralegale.eu l’editoriale di Giuseppe Scanni

I partiti membri della seconda Internazionale, l’Internazionale Socialista, e, sicuramente, i partiti membri del  PES, Partito Socialista Europeo, vivono uno stato che è eufemistico definire critico. La Brexit ha costretto Corbyn in spazi politici angusti; Hollande ed il PS francese si sono inabissati in acque profonde e soltanto dopo le elezioni presidenziali i politologi potranno azzardare previsioni sui tempi necessari al recupero di quella che fu una grande ed orgogliosa flotta; in Germania il caparbio Martin Schulz cerca di incalzare la Cancelliera Merkel superando, dopo dieci anni, lo stato di partner di minoranza della coalizione; in Spagna la crisi socialista ha, dopo travagliate elezioni ed estenuanti mesi di trattative, confermato il governo del leader del Partito Popolare, Mariano Rajoi. In Italia i tre governi in una legislatura, nella quale la maggioranza della Camera è stata viziata da una non costituzionalità della legge elettorale, esprimono significativamente l’imbarazzante difficoltà di offrire risposte convincenti alle tante necessità del paese. Si potrebbe continuare, spaziando a volontà dall’Europa del Nord, a quella centrale, alla Grecia, ma fermiamo qui gli esempi. E’ evidente che la crisi generale della sinistra si concretizza sul deficit culturale della sua politica, che, in generale non si differenzia da quella delle forze moderate sui temi fiscali del welfare, dell’idea di Europa, dei rapporti con gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, sulla sicurezza, l’immigrazione.

Il rapporto tra l’ambiguità del “progressismo”, la globalizzazione che ha comportato l’internazionalizzazione dei mercati, le nuove tecnologie sono considerate a volte fattori di progresso, in altri casi seminano dubbi e paure.

La confusione regna sovrana, i socialisti hanno difficoltà a definire una loro politica,  mentre chi parla la lingua comune della casta, dei costi della politica, della corruzione e dell’onestà è esentato dall’essere competente a governare. Non parliamo poi della franchigia intellettuale che gode chi argomenta il mondo attraverso il pericolo dello straniero, del musulmano, del terrorismo, degli eco mostri.

Soltanto per la Storia si intende, trenta nove anni orsono, il 27 agosto 1978, comparve sull’Espresso un lungo articolo di Bettino Craxi dal titolo: “Il vangelo socialista” in risposta ad un precedente intervento di Enrico Berlinguer sul leninismo. Il testo si avvalse, come ricordato da Massimo Pini in: ”Craxi, una vita un’era politica”, del contributo di  Luciano Pellicani all’interno di una raccolta di scritti in onore di Willy Brandt. Inoltre fece epoca l’introduzione forte del pensiero di Proudhon nel Pantheon socialista.

Dopo quattro decenni la lettura del testo  è utile per definire, fra l’altro, l’identità del socialismo , non soltanto la sua alterità al leninismo. “La storia del socialismo- scrisse Craxi- non è la storia di un fenomeno omogeneo. Nel corso di travagliate vicende sotto le insegne del socialismo si sono raccolti e confusi elementi distinti e persino reciprocamente repulsivi. Statalismo e antistatalismo, collettivismo e individualismo, autoritarismo e anarchismo, queste e altre tendenze ancora si sono incontrate e scontrate nel movimento operaio sin da quando esso cominciò a muovere i suoi primi passi come unità politica e di classe. In certe circostanze storiche le impostazioni ideologiche diverse sono addirittura sfociate in una vera e propria guerra fratricida. È così avvenuto che tutti i partiti, le correnti e le scuole che si sono richiamate al socialismo, si sono poste in antagonismo al capitalismo, ma ciò non è quasi mai stato sufficiente ad eliminare divisioni e contrapposizioni. I modelli di società che indicavano come alternativa alla società capitalistica erano spesso antitetici…

Rispetto alla ortodossia comunista, il socialismo è democratico, laico e pluralista. Non intende elevare nessuna dottrina al rango di ortodossia, non pretende porre i limiti alla ricerca scientifica e al dibattito intellettuale, non ha ricette assolute da imporre. Riconosce che il diritto più prezioso dell’uomo è il diritto all’errore. E questo perché il socialismo non intende porsi come surrogato, ideale e reale, delle religioni positive. Il socialismo nella sua versione democratica ha un progetto etico-politico che si inserisce nella tradizione dell’illuminismo riformatore e che può essere sintetizzato nei seguenti termini: socializzazione dei valori della civiltà liberale, diffusione del potere, distribuzione ugualitaria della ricchezza e delle opportunità di vita, potenziamento e sviluppi degli istituti di partecipazione delle classi lavoratrici ai processi decisionali. Carlo Rosselli definiva appunto il socialismo come un liberalismo organizzatore e socializzatore.”

Il socialismo è, come sintetizzò Norberto Bobbio, democrazia pienamente sviluppata, dunque superamento storico del pluralismo liberale e non già il suo annientamento: “ via per accrescere e non per ridurre i livelli di libertà e di benessere e di uguaglianza”.

La cultura della sinistra non riesce da tempo ad indicare il campo, non soltanto lessicale ma di emozioni, di convinzioni che l’erosione del sistema partitico in Europa ha al momento precluso a parti importanti di quella sinistra che fu, che si sente o spinta fuor dalla porta della Storia, o spintonata all’interno di una richiesta di soluzioni immediate, e quindi impossibili, alla crisi sociale.

Craxi e Bobbio, naturalmente su piani culturali e di influenza assolutamente diversi, avevano in comune una idea generosa e non deterministica della Storia. Il loro socialismo non era utopico, ma nello stesso tempo conosceva i tempi futuri, le realtà che si formano col progetto e con la programmazione degli interventi.

La frattura di visione deterministica della cultura europea e generalmente occidentale (per quel che significa occidentale, termine degno di ben altre riflessioni) ha portato assieme il trionfo dell’universo della scienza e della necessaria precisone della matematica, ha confermato la centralità dell’uomo attraverso la  la ricerca e la soddisfazione della felicità immediata, ma pensando esclusivamente al  l’”ora e subito”  lo ha privato del futuro, del sogno, quindi della speranza che si limita ad essere aspettativa di un bene.

Per traversare il deserto, per fuggire dall’oppressore, è necessaria l’autorevolezza del pensiero, l’autorità della competenza. E qui entriamo in un altro non effimero motivo di studio epistemologico, cioè l’influenza del metodo per conseguire la conoscenza.

L’auto informazione del web non ha sviluppato informazione autorevole,  ha creato,  con  quella che Habermas definisce “ cultura di integrazione”, un estremismo di centro, una classe facilmente manipolabile, che ripudia appartenenza e quegli obblighi che rendono attive, come ha scritto Lipset, le “infrastrutture delle libertà”.

Il web non è stato soltanto strumento di informazione globale. Ha modificato la Storia perché,  molto più della integrazione dei mercati ha abbattuto i confini degli Stati e la moltiplicazione delle informazioni; la facilità di accesso ad esse, non è figlia di pluralismo e madre di libertà, è generata da un sistema internazionale monopolista saldamente nelle mani per gli hardware di Microsoft ed Apple e per i motori di ricerca da Google, Firefox e Safari. Internet è divenuto un luogo che gode di extraterritorialità ma influenza i poteri degli Stati perché crea modelli comportamentali globali, plasmando la mente piuttosto che opinioni.

Ecco il nodo che i socialisti hanno difficoltà ad affrontare, se lo Stato serve a proteggere la società dalla globalizzazione che genera asocialità, aumenta la precarietà del lavoro, gonfia la fascia di gruppi sociali a rischio di dipendenza, accresce emarginazione, estraneità, come fare a governare la  riproduzione dei meccanismi del darwinismo sociale, che abbatté una civiltà contadina mentre oggi falcia una società matura iniziando dalla prima delle conquise socialiste europee, il welfare ?

Le difficoltà enormi e comprensibili dei socialisti europei e mondiali (dall’Uruguay  il capo della coalizione progressista Frente Amplio, che riuscì a convertire il movimento tupamaro in forza politica parlamentare, José “Pepe” Mujica, non esita a lanciare il grido: Sinistra desaparecida!) al momento gli impedisce di  individuare una strategia riformatrice di lungo periodo della società e dell’economia, nel contempo questa difficoltà li spinge ad accentuare l’impegno per la difesa dei diritti individuali.

Accade quindi che la sinistra, storicamente soggetto collettivo chiamato ad elaborare progetti innovativi di breve e lungo termine, sposti il dibattito sulla valenza planetaria delle sfide e, conseguentemente, della impossibilità di risolverle. Oggi in nell’Unione , meno che in Germania ed in alcuni paesi nordici, è stata importata la forma partito dei democratici statunitensi; dalla Germania fu appreso e diffuso il Welfare, ma sempre dalla Germania si è evitato, segnatamente in Francia e in Italia, di importare il sostrato del Welfare: le riforme necessarie alla crescita e alla buona amministrazione; in italia la sinistra ha trasformato il centralismo dello Stato nel tentativo renziano di  autoritarismo popolare, stante l’impossibilità di porre un freno autentico ai disseminati centri di potere (dei quali fu rottamata la dirigenza per sostituirla con altra spesso non adeguata). Insomma si parla d’altro, demotivando i cittadini elettori della sinistra. In questo parlar d’altro grande enfasi è dedicata ai diritti individuali, al diritto ed alla giustizia in generale.

In Europa fu l’Italia a diffondere per prima il giustizialismo come etica base della attività politica. Alla fine della giostra il cittadino si è trovato dinnanzi a culture imposte. il politicamente corretto, per esempio, è connaturato all’idea di Stato e di Democrazia la cui matrice affonda nella edificazione degli Stati Uniti, dove l’uomo e le imprese sono lo Stato, concorrono alla edificazione della “città sulla collina”, la nuova Gerusalemme dei padri pellegrini e coloni  del  Mayflower,  modello di società da esportare, come missione. L’ordine europeo, che è pluralista, è nato, e si è rafforzato nei secoli, dopo la guerra dei trent’anni con la Pace di Vestfalia, cioè con l’adeguamento pratico alla realtà, l’assenza della concezione stesa di una morale unica, l’equilibrio generale dei poteri.

I socialisti sono alla ricerca continua, insistente, a volte disperata di pace, e quindi di ordine, perché il lavoro coroni coi sui frutti i bisogni e le necessità degli uomini, rafforzi le libertà collettive, garantisca quelle individuali. Senza progetti definiti non possono illudersi, come fa invece un’altra parte di popolo, che sia possibile incapsulare la dinamica sociale in regole gestite dalle Leggi, trasformando la Politica in Amministrazione e il disequilibrio amministrativo, o sociale o etico in materia di giudizio, il magistrato in Dio. Né è permesso, altro paletto, perdere per strada, in nome della collettivizzazione dei sistemi informatici, la peculiare essenzialità dell’espressione singolare nella elaborazione, accettazione e gestione degli interessi generali.

La strada è molto accidentata ed è ingeneroso attribuire a singoli o a diverse formazioni politiche responsabilità totali. L’autoritarismo popolar-democratico di Renzi ha spostato l’attenzione sugli obiettivi che la sinistra , per antonomasia progressista, si pone nel mondo intero, ma né la crisi del PD, né lo stato di difficoltà del PSI o la natura dell’opposizione di Articolo1, sono diversi dallo smarrimento planetario del socialismo. Occorre , con umiltà, studiare,  se possibile proporre, liberamente plaudire o criticare politiche o singoli atti. Il cantiere è aperto, ma è essenziale riconoscere il campo, che non può essere quello degli altri, quello dei diritti dell’individuo a scapito dei diritti sociali.

Giuseppe Scanni