Esclusivo. Il giallo di Roberta Ragusa: l’ultima verità è nelle mani del fantino di San Rossore

A poche settimane dall’udienza del gip sul caso di Roberta Ragusa, ospitiamo questo intervento scritto per “L’ora legale” dal giornalista Fabrizio Peronaci, autore dello scoop dello scorso 18 aprile sul Corriere.it, che ha fatto emergere la cosiddetta “pista del boschetto”, determinante per risolvere il giallo dell’imprenditrice pisana. Nei mesi successivi, al Gruppo Fb “GIORNALISMO INVESTIGATIVO” fondato dallo stesso Peronaci sono pervenute altre novità, qui presentate in esclusiva.

Nell’Italia dei cold case un tanto al chilo, dei plastici confezionati negli studi televisivi e delle telefonate-choc mandate in onda per far schizzare gli indici d’ascolto, esistono ancora margini per un lavoro informativo serio e tenace, capace di aprire squarci di luce in misteri volutamente sepolti. A dispetto dei colleghi scettici e dei non pochi mestatori in azione, è proprio questo il caso del giallo che più ha appassionato l’opinione pubblica nell’ultimo quinquennio: quello di Roberta Ragusa, la bella imprenditrice di Gello (Pisa) dagli occhi blu mare, scomparsa il 14 gennaio 2012 dopo una lite con suo marito, del quale aveva scoperto la relazione extraconiugale con la baby sitter.

La gip Elsa Iadaresta il 18 novembre si pronuncerà sul rinvio a giudizio di Antonio Logli, indagato per omicidio e occultamento di cadavere. Ma fin d’ora risulta evidente come le novità portate alla luce da un lungo lavoro di giornalismo investigativo abbiano aperto scenari concreti al fine dell’accertamento della verità, impensabili fino a pochi mesi fa.

L’ESCLUSIVA Sono due gli elementi di grande rilievo indiziario legati alla scomparsa di Roberta che si sono imposti in tempi recenti. In questo articolo per “L’ora legale” vengono fatti tutti i nomi e i cognomi dei personaggi a vario titolo coinvolti, che finora, al contrario, sono stati criptati dai colleghi di altre testate, più per timore di certi “poteri forti” di cui si sussurra nella provincia pisana che in un empito di rigore professionale.

Il primo elemento riguarda la deposizione di un pubblico ufficiale, la vigilessa Silvia Sbrana, che ha rivelato di aver assistito a movimenti sospetti di persone vicine ad Antonio Logli nel boschetto nei pressi della stazione di San Giuliano Terme e di essere convinta che lì, almeno per un periodo, sia stato sepolto il corpo di Roberta. La testimonianza è stata ritenuta meritevole di approfondimento dalla Procura, tanto che la donna è stata interrogata dai Carabinieri del comando provinciale di Pisa lo scorso maggio, pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo sul Corriere.it (18 aprile). 
Il secondo elemento è altrettanto rilevante e inconfutabile: riguarda le minacce di morte a una ex volontaria della Protezione civile, la dottoressa Claudia De Gregorio, bersaglio di pesanti intimidazioni (“attenta, farai la fine della Ragusa”) da parte di suoi superiori, qualora avesse reso pubbliche le circostanze dello spegnimento di un incendio esploso nella primavera 2012 nello stesso boschetto – guarda caso – di cui parlò la vigilessa. È scontata una deduzione di buon senso: a quasi cinque anni dalla scomparsa della vittima, chiarire le zone d’ombra legate alla nuova pista (oggetto di forti resistenze e tentativi di depistaggio) potrà contribuire in modo decisivo all’accertamento delle responsabilità.

Restano, così, le domande sospese. Il rogo nel boschetto, documentato anche dal raffronto tra due foto di Google Earth (prima e dopo: marzo e luglio 2012), servì a distruggere prove compromettenti? O forse addirittura il cadavere di Roberta? E perché chi denunciava stranezze e omertà sulle operazioni di spegnimento fu minacciato? E ancora: come mai l’esposto indirizzato al procuratore capo di Pisa Ugo Adinolfi dalla stessa dottoressa De Gregorio, contenente accuse e circostanze precise, è stato insabbiato? E’ su questa mole di dubbi ancorati a dati reali che dovranno esercitarsi nelle prossime settimane gli investigatori per dipanare l’intrigo.

I TESTIMONI Ma c’è dell’altro: nuovi e importanti testimoni potrebbero essere sentiti nei prossimi giorni, proprio sull’incendio nel boschetto, da taluni addirittura, sfacciatamente, negato. Al riguardo va tenuto presente che nessuna smentita è stata fatta alla lista del personale della Protezione civile impegnato dopo la segnalazione delle fiamme nei pressi dello scalo ferroviario. Secondo un brogliaccio non ufficiale, le squadre furono tre e così composte: nell’autobotte Bremach Sandro Fabbrini, Davide Lorenzi (allora minorenne) e Simone Madrigali; nella jeep Land Rover verde Marco Bacci, Alessandro Balzi e Davide Ferrari; nella jeep Land Rover bianca (ultima a partire) Maurizio Garzella, Simone Sbrana e Lorenzo Fumarola. 
L’escussione di questi volontari, che per un caso fortuito potrebbero essere venuti a conoscenza di elementi importanti sul delitto Ragusa, non è escluso possa essere richiesta dai magistrati prima dell’udienza del gip. Così come un altro importante testimone, ricercato da mesi ma mai individuato, nelle ultime settimane pare stia finalmente assumendo una fisionomia: si tratta del famoso passeggero del traghetto per l’isola d’Elba che, pochi giorni dopo la scomparsa di Roberta, si trovò per caso ad ascoltare una conversazione tra il marito e il suocero della vittima, concernente l’occultamento di un corpo in un cimitero.

IL FANTINO Il cadavere era quello della donna dagli occhi blu? Il camposanto quello di Orzignano, nel quale gli inquirenti hanno collocato ben quattro telecamere nascoste, in cerca di manovre compromettenti tra i loculi? Mistero, il dubbio rimane. Con uno spiraglio di luce, però. Perché oggi, grazie a un particolare inedito pervenuto al gruppo Fb “Giornalismo investigativo by Fabrizio Peronaci”, l’attesa svolta del giallo pare davvero più vicina: il nuovo testimone, appassionato di cavalli, fa infatti un mestiere inusuale e facilmente riconoscibile, il fantino, e lavora a San Rossore, la frazione di Pisa nelle cui vicinanze si trova la celebre tenuta (un tempo di proprietà del presidente della Repubblica) dotata di ippodromo. La soluzione è lì, tra stalle e purosangue? Molti nel pisano, nel nome di verità e giustizia su una vicenda che ha sconvolto le coscienze, tornano a sperare. A ragion veduta, finalmente: perché i tanti indizi gravi, precisi e concordanti emersi negli ultimi mesi corrispondono di fatto ad altrettante prove, di cui presto si potrà discutere di fronte a una Corte d’assise.

Fabrizio Peronaci

(nella foto in alto Fabrizio Peronaci intervistato a Pomeriggio Cinque sul caso Ragusa)