Esclusivo. Caso Orlandi, scintille tra il fratello Pietro e Peronaci: “Le prove ci sono!” “No, frena”. E nel post irrompe Accetti: “La donna torturata era Emanuela”

Un dialogo a tre, dal quale sono emersi elementi inediti sul giallo di Emanuela Orlandi. un terzo di secolo dopo, il caso della ragazza vaticana sequestrata nel lontano 1983 accende ancora scontri e infuoca le coscienze. Il serrato confronto ha visto partecipare, assieme al giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, il fratello della scomparsa, Pietro Orlandi, e il presunto rapitore, Marco Accetti, prosciolto sia dall’accusa di sequestro sia da quella di calunnia e autocalunnia. Il paradosso è palese: l’ex superteste, autoaccusandosi di aver partecipato al rapimento, ha mentito? Per la Procura no, ma non ci sono nemmeno gli estremi per portarlo in Corte d’assise. Questa sorta di “tavola rotonda” è andata “in onda” a partire da un post nel Gruppo “Giornalismo investigativo” dedicato il 21 ottobre (ore 12.36) da Fabrizio Peronaci alle misteriosi voci di uomini sparite da un nastro con gemiti e lamenti, attribuiti alla ragazza  da una perizia dell’epoca. Una delle voci, secondo quanto messo agli atti giudiziari da Marco Accetti, era di un “ecclesiastico vicino  a Marcinkus”. La polemica tra Peronaci e Orlandi, che insieme hanno scritto “Mia sorella Emanuela” (2011), parte su un tema: quali e quante siano le prove finora raccolte. E poi si dividono anche sul recente film “La verità sta in cielo”, di Roberto Faenza.

Fabrizio Peronaci  La responsabilità di Accetti è emersa dall’incrocio di prove, riscontri e indizi e dal racconto di fatti nuovi mai emersi in tre decenni.

Pietro Orlandi Dire che la responsabilità di Accetti è emersa da riscontri e prove vuol dire portare la gente fuori strada perché non è vero. Se la cassetta di cui parla con la voce del monsignore non è stata resa pubblica vuol dire che non si riferisce alla cassetta di cui parliamo, dopo tre anni potrebbe fare uno sforzo ed essere più chiaro. Poi, se ancora non si sono capite le motivazioni del perché è stata fatta ascoltare quella cassetta della voce della ragazza in Tv mi dispiace, credo di essere stato esauriente sull’argomento e dovrebbe essere comprensibile a chi vuol comprendere, anche perché se non fosse stato fatto, ora non staremo qui a parlarne e non sarebbe uscita l’importanza di quel documento audio.

F.P. Le prove cosi si chiamano, Pietro! Poi, certo, devono essere vagliate in un processo

P.O. No, quelle non sono prove, le prove sono ben altra cosa, ne abbiamo parlato spesso insieme. Anche tu mi dicevi che il problema è che non ci sono prove a supporto di quello che dice. Non basta dire “c’è una cassetta con la voce di un monsignore e la voce di Emanuela”, la prova è dimostrare quello che si dice. Tu dici chiaramente nel post: ” la responsabilità di Accetti è’ emersa da riscontri e prove” e non è vero, lo sai.

F.P. Ok, allora mettiamola in questi termini: esiste tantissimo materiale ad alta valenza probatoria che viene scartato e/o sottovalutato, pur sapendo che porta dritto alla soluzione. E che sarebbe il caso di diffondere, in appelli, interviste, documentari, film, se davvero si vuole la verità. Io ci ho provato, e diciamo che il mio sforzo non è stato gradito a più livelli, ciao, con affetto

P.O Questo che dici, Fabrizio, nel tuo ultimo commento, è diverso, è corretto rispetto a dire che la responsabilità è emersa da riscontri e prove. Ma è sbagliato però dire che il materiale sottovalutato porta diritto alla soluzione, proprio perché siamo in assenza di riscontri e prove, ma si dovrebbe dire “potrebbe portare.. ” perché in assenza di prove e riscontri rimane un’ipotesi. Capisco che ognuno protende per una propria verità, però bisognerebbe cercare un equilibrio tra quelli che sono i fatti reali e quello che si vuol far credere a tutti i costi, e questo è un riferimento generale non direttamente a questo post.

F.P. Bravo Pietro, diciamo anche così, Marco Accetti “potrebbe portare” alla verità. Trentaquattro anni dopo, grazie a un personaggio in carne e ossa che forse, probabilmente, chissà, all’epoca ebbe contatti diretti con Emanuela, le parlo’, contribuì a farla sparire, diede ordine a una ragazza di scrivere delle lettere di rivendicazione e a un’altra di spedirle da Boston, grazie a un tipo del genere che sapeva della morte di paola diener legandola a un certo criptico comunicato, che ha investito Jose garramon in circostanze a dir poco equivoche, che chiede di aprire la tomba della skerl perché lui sostiene che la bara è stata tolta (ma guarda caso nessuno lo fa, sarebbe troppo rischioso), grazie a un tipo che aveva abitato a cento metri dalla scuola di Mirella Gregori, che ha dimostrato di essere informato sulla misteriosa scomparsa di alessia rosati, che fotografa ragazzine e aveva manie spionistiche, che era andato a scuola nel collegio diretto dal principale collaboratore di Casaroli, figlio di padre massone, si “potrebbe” sapere cosa è accaduto. Questi sono fatti, non ti pare? Ti sembrano di poco conto? Uno così te lo fai sfuggire?? E non ti ribelli quando si fa di tutto per sminuirne le dichiarazioni di Accetti, senza riscontrarle, nonostante sia risultato a tutti chiarissimo che è stato necessario fare fuori un procuratore aggiunto da una inchiesta, fatto enorme e senza precedenti nella pur nebulosa procura di Roma, per mettere una pietra tombale su una vicenda scomoda? Le risultanze sono evidenti, suvvia, a decine…
Però nel film non ve ne è traccia!! Perché? E nemmeno in TV mi pare che tu abbia mai parlato nello specifico, di tutto ciò che è emerso. Non è per criticarti, sia chiaro, solo per un confronto aperto, pubblico, leale. Cosa che molti non amano fare, ciao

P.O. Si, ma un conto è parlare di Accetti e cercare di capire che ruolo può aver avuto, un conto è dare valore senza prove alla sua ricostruzione dei fatti che conosciamo per come lui l’ha raccontata, alla quale, lo sai, io non credo, non crede Capaldo e non credi neanche tu. Però se continuiamo a dire che ci sono riscontri a quello che lui racconta, dai codici in poi facciamo un torto alla ricerca della verità. Dici il film non approfondisce il suo ruolo, il perché è che avrebbero dovuto fare un film di dieci ore minimo per raccontare le ipotesi di questa vicenda, Faenza ha preferito approfondire quelle che sono entrate più in contrasto con l’archiviazione e mettere in evidenza gli errori perché dalle dichiarazioni della Minardi in parte effettivamente ci sono stati riscontri, ha fatto i nomi delle persone che accusava, ci sono intercettazioni che avvaloravano le sue dichiarazioni. Nel film non si dice questa è la verità , perché la verità non si conosce, però a differenza di Accetti la Minardi ha detto cose che hanno avuto riscontro anche per la procura, lo dice lo stesso Pignatone nella sua richiesta d’archiviazione, e nel film hanno fatto una scelta per poter in sostanza fare una critica all’archiviazione, lasciando aperte le altre ipotesi compresa quella di accetti.
Su Accetti che film avresti raccontato? Le ipotesi sul suo eventuale ruolo sono diverse, potrebbe aver avuto un ruolo diretto o indiretto, di manovalanza, di depistatore o nessuno di questi, potrebbe essersi inserito dagli inizi in questa vicenda per pura mitomania facendo telefonate o scrivendo lettere oppure conoscere alcuni fatti grazie ad alcune sue ” attività” poco edificanti. Non lo sapremo fin quando lui non si spoglierà dal suo personaggio.

Marco Accetti Orlandi, parli sempre dei codici, come un qualcosa di indimostrato. Non esistono le coincidenze che si ripetono, e quei numeri rientravano in un significato preciso, non può essere il caso. Del periodo mestruale di tua sorella ne sapevano solo i familiari stretti, chi di loro me lo avrebbe raccontato? Il tuo negazionismo esagerato, il rigorismo di pretendere la perfezione ti ha rovinato. Io ho portato infiniti indizi e prove. il 5×100 di questi era sufficiente per istruire in processo. Tu fai il gioco dei giudici, nel non accettare tale realtà.

Pietro Orlandi Se proprio vogliamo, mia madre ne parlò i primi tempi, non era più una cosa strettamente famigliare. Sbaglio o anche tu i primi tempi mi facesti una telefonata, quando io mi fidavo di tutto e tutti e soprattutto della buona fede e della tua volontà nell’aiutarci, e ti parlai di quel fatto perché tu stesso avevi dubbi, come se ne avesti sentito parlare?

M.A. …se anche ti rivelassi nomi ed altro, non ti accontenteresti mai, per te sarebbero ancora indimostrati. Non comprendi che dopo 33 anni, oltre a quel che ho presentato, ci sono solo le confessioni, che i responsabili non faranno mai. Di alcuni conosci i nomi femminili, eppure non ci puoi fare niente. Se io li dovessi fare, riceverei in cambio solo una accusa di calunnia.

P.O. L’hai fatto il nome di una ed eri stato accusato di calunnia poi sappiamo come è’ andata. Preferirei che tu raccontassi quello che non hai raccontato e che non puoi, secondo quanto mi dicesti, raccontare.

Fabrizio Peronaci Mi inserisco nel dialogo per evidenziare un paradosso:  Marco accetti accusa Pietro Orlandi di “fare il gioco dei giudici” con il suo “rigorismo” eccessivo, mentre Pietro chiede al presunto rapitore di sua sorella di “spogliarsi dal personaggio” e di fare i nomi delle persone coinvolte, da lui conosciute, nella tragedia che ha portato via Emanuela. È amaro sottolineare la constatazione più semplice: un confronto del genere si sarebbe dovuto svolgere nella sua sede propria, di fronte a una corte d’assise, ma il sistema istituzionale-politico-giudiziario di questo nostro paese malato non ha avuto il coraggio di fare i conti con il proprio passato.

Sulle voci contenute nell’audiocassetta, ecco il botta e risposta Accetti-Orlandi, all’interno di un post delle 23.36 del 19 ottobre dal titolo “Nuovo contatto con Marco Accetti, io so di chi erano le voci maschili. Sul nastro anche la voce di Emanuela”, in cui Fabrizio Peronaci annunciava di aver appena parlato con l’ex supertestimone, il cui memoriale è contenuto nel libro “Il Ganglio” (2014).

Fabrizio Peronaci Scusate, giornata al cardiopalmo. Poco fa ho sentito telefonicamente Marco Accetti, il quale testualmente fa sapere: so bene chi fossero i tre uomini le cui voci sono state cancellate dal noto nastro di via della Dataria; so chi fu ad adoperarsi per la manipolazione dello stesso; su uno dei lati e’ registrata la voce di Emanuela Orlandi, facilmente desumibile dal confronto con altra registrazione genuina, nonché suoi gemiti e lamenti, in relazione a condotte che non è il caso di riferire in questa sede.

Pietro Orlandi C’è qualche contraddizione in questa ultima sua dichiarazione, al di là del fatto che tempo fa a me disse che le voci femminili non erano di Emanuela ma di un’attrice che si era prestata. Ma ora sbaglia anche nel collocare le tre voci maschili , che non sono come dice lui, nel lato opposto a quello della voce femminile, ma sono voci inserite tra le frasi e i lamenti della ragazza. Mentre nell’altro lato solo la voce del messaggio.

Marco Accetti Orlandi, io non ti ho mai detto che la voce delle “torture” fosse di un’attrice. Se controlli i verbali firmati ai giudici, constaterai che ho dichiarato che apparteneva ad Emanuela.

P.O. Se ritrovo il commento te lo faccio leggere, dicesti che era un’attrice consenziente a recitare quella parte, non un film porno ma una ragazza d’accordo a fingere.

M.A. Orlandi, cerca pure la mia dichiarazione che menzioni, ma anche il verbale della Procura, nella quale asserisco che si trattava di tua sorella. Riguardo la voce femminile registrata, e fatta sentire telefonicamente alla famiglia: non è verosimile pensare che coloro che volevano creare quel grosso caso mediatico nell’83, già al primo contatto con la famiglia, facessero sentire una voce che non fosse realmente appartenuta alla Orlandi. Se così fosse accaduto i parenti lo avrebbero fatto presente agli inquirenti e alla stampa, e il caso già chiuso al suo nascere. Contrariamente i parenti hanno riconosciuto la voce riferendolo agli inquirenti, e ciò ha dato credito ai telefonisti permettendo loro di continuare i contatti. Confrontando tale voce dell’Emanuela con la voce delle presunte torture, quando quest’ultima non si lamenta o urla, ma esprime toni non concitati, è semplice coglierne l’identicità.

(nella foto Marco Accetti)