Per poter parlare delle elezioni americane si doveva aspettare l’esito del Supermartedì. E il risultato è di quelli che fanno discutere: il vero vincitore è Donald Trump. Non è un politico di professione. E’ un miliardario prestato alla politica. Vi ricorda nulla? Magari un personaggio nostrano che, sebbene ora un po’ in disarmo, ha segnato la storia di questo paese?
Beh, le analogie ci sono e sono tante a partire dai capelli “collodiani”: la capigliatura del nostro è simile a quella di Pinocchio e quella del suo omologo americano a quella di Mastro Ciliegia. Scherzi a parte, il successo dei due ha molto in comune: parlano alla pancia del paese, dicono le cose che molti vorrebbero sentire e che la pratica del “politically correct” ha reso impossibile pronunciare. Citano a sproposito Mussolini e quando glielo si fa notare fanno marcia indietro e proclamano di essere stati fraintesi. Ma chi doveva sentire ha sentito e sa che le smentite sono solo a beneficio della stampa.
E’ assai improbabile che Trump possa diventare presidente degli Stati Uniti. I primi a non volerlo sono proprio i repubblicani. Non dimentichiamo che Trump è un indipendente, estraneo ai giochi di partito, una mina vagante che potrebbe prendere decisioni pericolose soprattutto in politica estera. Inoltre è un candidato perdente sulla lunga distanza. La Clinton, pur risultando l’altra vincitrice in campo democratico, non scalda i cuori e, in un confronto con Marco Rubio, potrebbe risultare perdente. Contro Trump invece vincerebbe facilmente. La prospettiva di affidare la nazione più potente della terra nelle mani di un miliardario fascista, di un dilettante della politica, di un populista esagitato farebbe andare al voto, pur di fermarlo, i molti indecisi disgustati dalla politica.
Non dimentichiamoci che al voto ormai da tempo si reca una percentuale di elettori di poco superiore al 50%. Anche oltreoceano la stima per i professionisti della politica è in caduta libera. Paradossalmente non essere un politico professionista è, al tempo stesso, la forza e la debolezza della candidatura di Trump. Per questo piace agli elettori e non piace al suo stesso partito che gli preferirebbe Marco Rubio, governatore della Florida e di origini latine. Abituati a ragionare secondo parametri italiani, dimentichiamo che latini e afroamericani non sono tutti democratici come se l’appartenenza etnica definisse automaticamente anche quella politica
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Lincoln, il presidente che abolì la schiavitù, era repubblicano. Condoleesa Rice, la prima donna afroamericana, divenne segretario di stato con Bush. La Clinton, salvo impensabili sconvolgimenti, ha buone probabilità di essere il prossimo presidente USA anche perché una nomination di Trump metterebbe fuori gioco i repubblicani. Sarà vista come il male minore anche da chi ha votato Sanders, un uomo molto più a sinistra di Renzi tanto per capirsi. Tutto è rimandato di altri 15 giorni, quando si voterà in Florida. Se Rubio non ce la farà, giocando in casa, allora la Clinton avrà davvero la vittoria in tasca.
Eppure è la fredda e razionale Clinton a somigliare di più a Frank Underwood, il protagonista di House of cards più dell’osceno, sguaiato e cialtrone Trump. Resta inquietante che un personaggio come Trump raccolga tanti consensi tra un proletariato diviso, disorientato e disarmato di fronte alle repentine trasformazioni della società, tra i piccoli borghesi che vedono la crisi sgretolare ogni giorno il loro “american dream”.
A tutta questa gente la sinistra non sa più parlare, in Europa come in America, e li “regala” a Trump, alla Le Pen e ad altri personaggi di tal fatta. E la sinistra, diventata la più affidabile guardiana dell’establishment, perde per strada la propria identità insieme al voto delle classi subalterne.Trump ricorda molto Berlusconi che, bisogna dirlo, fu un pioniere nel campo e che aveva in fondo un bacino elettorale non dissimile.Siamo fatti così noi italiani: inventiamo il Rinascimento e gli altri ce lo copiano, inventiamo il fascismo e gli altri ce lo copiano, inventiamo il berlusconismo e gli altri ce lo copiano.Se solo fosse possibile riscuotere i diritti d’autore risaneremmo il nostro debito pubblico.
Gianvittorio Musante
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