Crisi Usa-Russia. La Nato ordina, l’Italia obbedisce. La storia si ripete

E’ una vecchia storia all’italiana. La folle megalomania di Mussolini, esaltato dai bagni di folla in piazza Venezia, arriva a truffare il popolo, ipnotizzato dalla veemenza delle sue arringhe, da proclami di nazionalismo patriottico e dal bluff dell’alleanza nazifascista che avrebbe collocato il Paese in vetta alle potenze mondiali. Com’è andata è scritto nei libri di storia a vantaggio di chi ha solo sentito parlare di guerra e di fascismo. L’inevitabile esito della disavventura bellica ha ridotto l’Italia a  un cumulo di macerie, di miserie e di default che il progetto egemonico degli Stati Uniti ha traslato in subordinazione economica e politica. Per l’Italia affamata e con gli strumenti di produzione in ginocchio, l’opulenta America ha strutturato un  piano di aiuti da ripagare con l’ingresso nella propria orbita, con l’ipoteca su luoghi militarmente strategici per contrastare con un potenziale bellico imponente la minaccia dell’Unione Sovietica, prossima alle tensioni della guerra fredda. Nell’Italia del dopoguerra coincisero mille problemi generati dal calo della produzione industriale ed agricola, dalla distruzione della maggior parte delle case, dalla mancanza di lavoro e allarme per l’ordine pubblico per l’aumento di crimini come conseguenza della fame. Nel ’48 le prime elezioni politiche del dopo ventennio fascista e il condizionamento del voto ad opera del Vaticano e degli Stati Uniti per sbarrare la strada al comunismo. L’appoggio di Washington alla Democrazia Cristiana fu sostanziato dalla minaccia di sospendere gli aiuti del Piano Marshall se avesse vinto la sinistra. Il programma di sostegno all’asfittica economia italiana era ispirato dal presunto reciproco vantaggio ma nei fatti dall’interesse americano a garantirsi l’alleanza politica e militare del nostro Paese. Ironia della sorte, al sottosegretario Marshall fu assegnato il premio Nobel per la pace. Timbro e firma sull’accordo mascherato da generosa solidarietà furono apposti dalla Dc, dai suoi uomini più direttamente coinvolti nel disegno strategico americano, che nel tempo ebbe tra i più attivi e fedeli esecutori Giulio Andreotti, sicuramente protagonista del processo di subalternità con l’intento precipuo di marginalizzare il partito comunista.

Le basi militari concesse agli Stati Uniti sul nostro territorio sono diventate permanenti e strategicamente dislocate al Nord per affrontare eventi bellici con l’Urss e a Sud, per vigilare sul del Medio Oriente e l’Africa setentrionale, in sinergia con gli insediamenti Nato (quello di Bagnoli, a Napoli, di dimensioni e importanza globale). La Nato, voluta dagli Stati Uniti, si costituisce nel 1949 e dietro il profilo teorico di “difendere sicurezza e libertà dei Paesi che ne fanno parte” nasconde il diktat agli alleati che impone di partecipare con uomini  mezzi alla potenza multinazionale pronta a contrastare eventuali pericoli di espansionismo dell’Unione Sovietica. Nei fatti la Nato diventa l’ombrello decisionale a cui sottomettere ogni decisione di intervento in tre quarti del mondo. Fondatori, oltre Stati Uniti e Canada sono dieci nazioni europee, l’Italia tra queste, ma aumenteranno di numero con l’ingresso di ex satelliti dell’Urss. Come è facile dimostrare storia alla mano il potere contrattuale all’interno dell’organismo è proporzionale al ruolo che viene riconosciuto a ogni membro, ma è altrettanto chiaro che le decisioni operative sono appannaggio degli Stati Uniti, come conferma il caso in atto delle truppe insediate ai confini con la Russia, per “precauzione”.  Il bastone di comando è ovviamente a Washington e a nulla valgono le proteste italiane per l’ospitalità imposta ad arsenali bellici (comprese armi nucleari) nel nostra territorio, a città come Vicenza totalmente americanizza, a insediamenti come Sigonella che gli americani sfruttano per lanciare i loro bombardieri con piloti o radiocomandati. Le deroghe al dettato della Costituzione che impone all’Italia l’abiura della guerra e di conseguenza di azioni militari sono alla base dell’invio di militari a difesa armata della diga di Mosul, ma ecco un nuovo motivo per denunciare la violazione italiana dell’articolo che vieta il ricorso alle armi: le sempre più preoccupanti tensioni USA-Russia, si inaspriscono e non annunciano nulla di nuovo,  Putin schiera truppe ai confini con i paesi europei prossimi al proprio territorio, la Nato non perde un istante e replica. Per cautela dobbiamo rispondere in fretta e furia a Putin che ha schierato i suoi  a ridosso della Comunità. All’Italia è richiesto  un contributo di 140 soldati dislocati in Lettonia. Cos’altro ci sarà chiesto se le tensioni Usa-Russia dovessero assumere il carattere dell’emergenza. Ma poi, è o non è uno scherzare pericolosamente con il fuoco?

Luciano Scateni

(nella foto il ministro della Difesa Pinotti, sotto accusa per aver inviato 140 militari italiani in Lettonia)