Iniziata la marcia verso il voto (meglio però aprire le urne in autunno inoltrato), ci sono posizionamenti degni di nota tra le forze in campo che sarebbe sbagliato sottovalutare. E’ un errore infatti farsi travolgere dal chiacchiericcio delle polemiche quotidiane senza volgere lo sguardo alle tendenze di fondo che attraversano il sistema politico.
Iniziamo dalla destra berlusconiana. Non si sta saldando un fronte “neolepenista” e “trumpista” tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Il che è un bene. Complice la legge elettorale su cui si lavora in questi giorni (più proporzionale che tedesca), non dovrebbe esserci l’alleanza preventiva Berlusconi, Salvini, Meloni. Difficile riproporla anche dopo il voto. Il che potrebbe radicalizzare ulteriormente Lega e FdI in collocazione testimoniale, sospingendo Forza Italia verso l’abbraccio col Pd puntando raccogliere le schegge del centro (Alfano, Casini, Parisi).
Un fenomeno analogo sta avvenendo dalle parti del Pd, dove non prende forma l’idea di un nuovo centrosinistra. Politica renziana, addio al partito di D’Alema & company, rottura di ogni dialogo con la sinistra radicale, divergenze con i sindacati, stanno trasformando il Pd in un partito che rischia di cancellare dal suo Dna finanche la vocazione degasperiana e morotea di guardare a sinistra rimanendo al centro. Tuttavia nei dintorni piddini, a differenza di ciò che accade a destra dove strepitano Lega e FdI per il tradimento di Berlusconi, le scelte di Renzi sono accompagnate dagli applausi (metaforici) della sinistra che dice di vedere confermate le proprie analisi sul renzismo: quindi nessun rapporto di alcun tipo col Pd e niente resurrezioni del centrosinistra; unica linea praticabile per ora un listone unitario.
Si pone qui un problema di cultura politica. Come si combatte una politica che si ritiene avversa e moderata, che non nasce dal seno della destra? La sinistra sembra aver scelto la linea della più dura contrapposizione, individuando nel renzismo il nemico principale da abbattere. Con il risultato che più il Pd si sposta al centro e a destra, più si vedono confermate le proprie analisi e le proprie scelte. Competere, incalzare, proporre, dividere sono verbi e atteggiamenti politici scomparsi dal lessico della sinistra radicale. Sinistra italiana arriva a mettere pali e paletti perfino al rapporto con Pisapia (perché ha votato Sì al referendum costituzionale), mentre Bersani dice nel suo tipico slang surreale “va bene un nuovo centrosinistra col Pd, non con Renzi”. L’eventuale listone, più facile a dirsi che a farsi, si darà una linea?
Se le cose stanno appena un po’ così, bisogna aggiungere che sotto i nostri occhi sta pure morendo la sinistra di governo: quella in versione D’Alema-Bersani e quella in versione Vendola-Fratoianni. Paradossalmente, combattono più contro le scelte di Renzi i sopravvissuti della sinistra Dem di Orlando-Cuperlo che le sinistre esterne ossessionate dalle mosse di Renzi e dalla propria contrapposizione che si deve confermare ogni volta. Peccato che così facendo si elude il problema del governo e della ricomposizione di un blocco sociale e politico dove devono per forza di cose convivere una sinistra e un centro. Non sarà questione dell’oggi, ma non porsela condanna o alla testimonianza o alla inefficacia politica.
L’eventuale unità nazionale che governerà l’Italia del 2018 potrebbe perciò essere sospinta da ciò che avviene nel resto d’Europa (la Francia di Macron, la Germania di Merkel, la Spagna di Rajoy) ma pure dagli effetti che l’emergere di un sistema tripolare (l’ascesa dei grillini) ha avuto su Forza Italia e Pd. Contro il populismo di destra – è la ricetta europea – bisogna arroccarsi al centro isolando destre e sinistre radicali nel tentativo tutto da verificare di difendere l’euro, moderare le politiche di austerità e rilanciare l’Europa. Chi ritiene che siano aperte altre possibilità dovrebbe praticare altre politiche che non possono essere minoritarie e solo di resistenza. La “vocazione maggioritaria” non è solo quella che piace a Veltroni e Renzi. Vocazione maggioritaria è un modo di pensare e agire in grande immaginando di avere su di sé grandi responsabilità, al di là delle forze che si rappresentano. Proprio il contrario del minoritarismo consolatorio della sinistra radicale o del neocentrismo renziano.
Aldo Garzia
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