Citizen journalism, l’informazione ai tempi dei social media

I tentativi di definire il citizen journalism, o giornalismo partecipativo, sono tanti, ma la definizione più efficacie è quella del professore Jay Rosen della New York University, secondo il quale il “Citizen journalism è quando la gente, in altri tempi detta pubblico, usa gli strumenti della stampa che sono in suo possesso per informarsi l’uno con l’altro.”

Per i nati nella generazione digitale sembra impossibile pensare che fino a qualche anno fa il giornalismo investigativo o d’azione potesse essere riservato solo a dei professionisti dotati di esperienza, conoscenze e mezzi in grado di supportarli.

Anche se si può far risalire la nascita del citizen journalism addirittura ad Abraham Zapruder, che filmando l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy con una telecamera amatoriale rese disponibile uno dei primi filmati non ufficiali di un evento storico, è indubbio che oggi la disponibilità di uno smartphone contenente  telecamera, macchina fotografica, registratore vocale e connessione internet veloce consente a chiunque di essere pronto ad agire come giornalista e fotoreporter ovunque e in qualsiasi momento, trasformando anche chi non sarebbe predisposto a questa disciplina, in un potenziale produttore di scoop.

Sono però i social media a gettare le fondamenta del giornalismo partecipativo: infatti la fitta rete di risorse su cui possono contare le maggiori testate giornalistiche, non può competere con quella dei social media formata da milioni di utenti pronti a testimoniare su fatti ed eventi. Un tweet o un post su Facebook si rivelano infatti fonti di informazioni, magari con un’attendibilità inferiore rispetto alle fonti “ufficiali”, ma sicuramente in grado di raggiungere molti più lettori/utenti.

Accanto a questi due social network però, si accostano alcuni network, diventati anch’essi dei punti di riferimento per la comunicazione globale: uno tra tutti è You reporter, il primo sito italiano di video-giornalismo partecipativo, che si è così accreditato come fonte attendibile tanto che le immagini condivise nella sua piattaforma hanno spesso integrato servizi di telegiornali e giornali on line, dimostrando come i contenuti prodotti dagli utenti possono completare il sistema dell’informazione tradizionale.

La diffusione di notizie mediante questi social, ne ha evidenziato un tratto identificativo: l’immediatezza, velocità irraggiungibile da qualsiasi altro tipo di media.

Inizialmente i media tradizionali (giornali, radio e televisione) si aprirono al giornalismo partecipativo solo in casi di mera necessità, in mancanza di notizie e immagini dei propri inviati.

Contrariamente a quella che è la realtà disegnata dagli old media, il citizen journalism nasce allo scopo di supportare il giornalismo tradizionale, sopperendo alla mancanza di informazione dei canali ufficiali in eventi o situazioni in cui è negato l’accesso ai giornalisti professionisti per motivi di vario genere.

Ci si trova quindi davanti ad un bivio: bisogna scegliere se opporsi ancora al citizen journalism difendendo a spada tratta la propria supremazia, oppure cercare dei punti d’incontro dando vita ad un giornalismo collaborativo, un buon binomio tra gli old ed i new media.

È comunque opportuno evidenziare dei “dettagli” assolutamente non irrilevanti: nonostante i citizen journalist siano spinti da una grande voglia di informare e documentare eventi più o meno importanti, ciò che gli manca sono le basi giornalistiche necessarie per portare a termine il loro obiettivo.
Quest’esperienza, contrariamente a quanto affermano i “giornalisti fai da te”, non si acquista sul campo, ma è frutto di studi e doti naturali che non tutti possiedono.

Questi, in mancanza di standard etici che sono propri del giornalismo professionale, il più delle volte riportano gli eventi dando una visione personale, diventando in qualche modo parte di quell’evento.

Sebbene molti giornalisti del giornalismo tradizionale siano scettici di fronte all’ avvento di questa nuova forma di giornalismo, in termini di qualità, attendibilità, approfondimento, esiste un dato di fatto che tutti riconoscono come tale: la comunicazione è cambiata.

Simone Rufino