Buen retiro per camorristi, faccendieri e delinquenti o città d’arte? Omertà “mafiosa” o partecipazione? Viterbo deve scegliere se non è già troppo tardi…

Da molto tempo andiamo dicendo, assumendocene tutte le responsabilità come organo di informazione, che la città di Viterbo è come se abbandonata a se stessa, senza una vita sociale, culturale  ed artistica che sia tale e soprattutto mal frequentata da un bel po’ di residenti o non residenti dall’aspetto e dalla professione misteriosa ed inquietante. Facce che non passano inosservate per la crudezza degli sguardi che rassomigliano ai due giovani di famiglia camorristica del napoletano arrestati in questi giorni come sospettati esecutori dell’omicidio di un loro coetaneo. Una città morta, appartata è l’ideale per chi cerca di nascondersi, così come lo è una città senza regole, dove il potere fa e lascia fare basta che nessuno metta in discussione gli equilibri raggiunti. Un clima sonnolento, ma non disteso, carico di enigmi, poco trasparente, sospeso e vago come se nascondesse sempre trattative sotterranee, accordi sottobanco, commistioni strane di politica ed affari. Non è un caso che anche l’azione amministrativa delle giunte succedutesi a Palazzo dei Priori negli ultimi lustri sia risultata coinvolta da questa generale nebulosa cappa, finendo per apparire sempre più lontana dalla vita quotidiana reale e dai cittadini. Quasi come se istituzioni e cittadinanza fossero due linee parallele che non si incontrano mai: lenta è apparsa l’azione della procura probabilmente oppressa da troppi processi da risolvere, ma pur sempre avvolta in un alone magico come un astro irraggiungibile. Viterbo a volte sembra quasi una città fantasma, dove tutto succede come se non succedesse e la fiction del mistero travalicasse la quotidianità. Arretratezza culturale, chiusura verso l’esterno, politica ed istituzioni lontane dai cittadini, sciatteria e dilettantismo diffusi ovunque, soffocanti clientele per l’accesso al mondo del lavoro, familismi annosi ad ogni livello sono tutti fattori che impediscono il decollo della città dei papi, brodo di coltura per la mentalità mafiosa e per il suo diffondersi sempre più capillare. Una città omertosa è anche una città mafiosa e Viterbo non è lontana dal diventarlo a tutti gli effetti, con la mancanza di un’opinone pubblica partecipe e i silenzi corali dinanzi al malaffare. Per questo di tempo a disposizione ne è rimasto davvero poco per decidere se  degradarla definitivamente a terra di nessuno, ideale buon retiro per boss, faccendieri e corrotti, o iniziare a pensare seriamente e senza indugio a come risollevarne le sorti.

Pasquale Bottone