Banche: chi vigila sui vigilanti?

In una recente intervista ad un autorevole analista economico il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha elencato, con malcelato compiacimento, le molteplici funzioni della sua Autority, quasi a voler far passare il concetto che, fra i tantissimi e delicati compiti affidati ad un’articolazione plurifunzionale, qualche ombra nell’esecuzione di singoli incarichi possa anche starci. Probabilmente egli intendeva riferirsi alla Vigilanza  sulle banche e sugli altri intermediari finanziari che, di recente, aveva dovuto incassare non poche critiche. Ma il Governatore, pur avendo ribadito l’abusato astratto principio secondo cui chi sbaglia deve pagare, ha incondizionatamente poi difeso l’operato della sua Vigilanza anche (e soprattutto) con riguardo alle vicende di Popolare di Vicenza, Veneto Banca e delle Popolari in genere. Ancora una volta, dunque, il massimo responsabile della Banca Centrale ha inteso riferire quel sacrosanto principio di responsabilità solo ad altri soggetti, attribuendo le cause dei ripetuti disastri bancari alle anomalie gestionali “scoperte” da Bankitalia (sic!), alla poca trasparenza nel rispetto dei requisiti di capitale richiesti alle banche, ai disinvolti finanziamenti concessi senza adeguate garanzie o, come sempre, al protrarsi della crisi economica. Infine, un suo plauso alla riforma delle banche popolari (“il pianeta popolari è complesso e intrecciato e, soprattutto, poco trasparente … da anni ne chiedevamo pubblicamente la trasformazione in s.p.a. per interrompere questa anomalia e alla fine il decreto è arrivato e la riforma sta cambiando drasticamente il sistema”).

Onore al merito, dunque, e complimenti !

Ma è lecito chiedersi: il Governatore fa riferimento ad un mondo reale oppure vive in un contesto onirico? Con tutto il rispetto, un  minimo di autocritica non potremmo proprio aspettarcelo ? Stupisce proprio che una persona come lui non abbia avvertito l’esigenza di spendere una parola di conforto per le decine di migliaia di poveri disgraziati che (improvvisamente) hanno perso tutti i loro risparmi. Al di là degli stereotipi discorsi di sistema, il Governatore pare non aver considerato che, nell’opinione pubblica (anche in quella, più raffinata, riconducibile ad economisti, studiosi, giornalisti …) si sta facendo strada il convincimento che una rilevante concausa del disastro sia, invece, riconducibile proprio alla Banca d’Italia (alla Vigilanza, in particolare) per le sue continue omissioni, distrazioni, opacità, superficialità, anomali interventi nelle decisioni di merito.

Vien quasi da pensare che Bankitalia scopra le anomalie bancarie solo leggendo i giornali. E ci si chiede: sulla base di quali criteri essa, nel 2014, ha spinto Veneto Banca a ricercare una fusione in Popolare di Vicenza, fatta credere come banca di elevato standing? Analoga domanda andrebbe fatta con riferimento a Banca Etruria, che era stata destinata a fondersi sempre in BPVI. Per anni il Governatore di Bankitalia ha ripetuto che il sistema bancario italiano era solido, che non esistevano problemi, che non servivano interventi esterni e che i risparmiatori potevano stare tranquilli..

Ma, in realtà, così non era e tuttora non è. Lo stanno a dimostrare le tante storie recenti delle nostre banche, che hanno reso tutt’altro che tranquilli i sonni degli  azionisti: Unicredit, che, dopo avere, pochi anni fa, avviato un aumento di capitale per 7 miliardi oggi ne richiede almeno altri 10. (dal 2007 al 2016 Unicredit ha bruciato 66 miliardi di euro in capitalizzazioni ed ha accumulato oltre 16 miliardi di euro di perdite di bilancio); MPS, una delle due banche bocciate agli stress test del novembre 2014, esige massicci interventi della mano pubblica (dopo un aumento di capitale di 8 miliardi di euro) per non scomparire (MPS è la banca più antica e gloriosa del mondo, che, giusto un anno fa, il premier Renzi aveva dichiarato essere stata totalmente risanata e nella quale, dunque, proprio lui consigliava di investire);

Banco Popolare, che negli ultimi anni ha ottenuto dagli azionisti ben 5 miliardi di aumenti di capitale; CARIGE (l’altra banca che non ha superato gli stress test nell’autunno del 2014), che è ritornata ad essere a rischio dopo vari aumenti; TERCAS, commissariata e poi inglobata nella Popolare di Bari, probabilmente allo scopo di celare le debolezze della banca pugliese e addebitare la perdita di bilancio all’esercizio 2015; Banca Popolare di Bari, la cui storia è particolarmente somigliante alle disastrate due banche venete ex popolari. E poi Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti Banca Popolare di Spoleto (la cui singolarissima e anomala vicenda merita un’attenzione a parte), le due ex popolari venete … Eppure, secondo i vertici di Bankitalia, tutto andava bene ed i risparmiatori dovevano stare tranquilli.

Da tutte queste intricate vicende bancarie, conclusesi quasi sempre con il saccheggio dei risparmi degli azionisti soci, si possono trarre molte riflessioni sull’avvedutezza dell’operato della Vigilanza. Ma, in grande sintesi, emblematico ci sembra il grave errore di valutazione sulla capacità di Popolare di Vicenza di essere  di elevato standing e di poter, dunque, svolgere il ruolo di banca aggregante. E, infatti, Bankitalia l’aveva considerata idonea a salvare Etruria, Veneto Banca, Marostica ecc. salvo poi prendere atto, nell’ottobre 2014, che essa non era stata neppure in grado (a differenza di Veneto Banca) di superare pienamente gli stress test di BCE. Un’ispezione di BCE (subentrata a Bankitalia nel ruolo di vigilanza, a seguito dell’entrata in vigore del sistema di Vigilanza Unica Europea) ha poi rilevato che BPVI aveva acquisito oltre 1,3 miliardi di euro di capitale attraverso operazioni di finanziamento specifico ai soci (con gran quantità di lettere di impegno di riacquisto dei titoli a 62,50 euro).

Questo modus operandi era ben conosciuto da parte di tutto il mondo bancario ma, stranamente, era sconosciuto al Presidente del CDA di BPVI (dott. Gianni Zonin, che ha dichiarato di esserne stato all’oscuro) e, ancora più singolarmente, a Bankitalia.

Ma non è questo il solo esempio di distorsione valutativa da parte di Bankitalia: l’ispezione del 2013 della Banca Popolare di Bari (una di quelle che, entro il dicembre 2016, avrebbe dovuto trasformarsi in società per azioni) ne aveva messo in evidenza molte debolezze, tanto che la relazione ispettiva era stata accompagnata da una lettera che richiedeva un immediato cambio di governance e l’uscita dal CDA della famiglia Jacobini.

Ma, senza apparente motivo (ed a seguito di un colloquio di Jacobini con il capo della vigilanza di Bankitalia), la Popolare di Bari è stata ritenuta virtuosa ed è divenuta “aggregante” e di elevato standing, tanto da aver potuto inglobare la banca di Teramo (TERCAS), con le negative conseguenze a tutti ora note.

Si potrebbe continuare e si potrebbe anche ricordare che, finora, tutti i membri dei vari CDA accusati da Bankitalia di ostacolo alla vigilanza sono stati assolti dai vari tribunali italiani, confermando così il sospetto che le carenze della funzione di vigilanza dipendessero non da comportamenti ostruzionistici dei manager bancari, ma (quantomeno in larga misura) da incapacità valutative dei vigilanti.

Volendo sintetizzare al massimo, ci si deve chiedere su chi avrebbero potuto contare i poveri cristi che, avendo creduto alle ripetute rassicurazioni di Bankitalia, hanno scelto i titoli azionari bancari come strumento di investimento dei loro risparmi.

Giovanni Schiavon