Arte. Viterbo. “Bianco/4” degli artisti Massimo De Angelis, Maria Pizzi, Luigi Riccioni e Maria Grazia Tata al Chiostro longobardo di S. Maria Nuova

Nella suggestiva cornice del chiostro longobardo di S. Maria Nuova si è inaugurata ieri la collettiva “Bianco/4” degli  artisti Massimo De Angelis, Maria Pizzi, Luigi Riccioni e Maria Grazia Tata. La presentazione di Enrico Anselmi, curatore della mostra, descrive il bianco che unisce gli autori, “come ancestrale e originario alveo della creazione, come affermazione primigenia dell’atto di separazione dal caos […] come il silenzio che precede le torri babeliche”. Un incontro di percorsi, esperienze e forme espressive diverse con le opere che si confrontano negli spazi, chiusi e aperti, dove il grigio del peperino contrasta e risalta immagini, foto, video e installazioni.

All’aperto si presenta la “Costellazione Nuova” di Maria Grazia Tata, realizzata proprio per il chiostro utilizzando otto fiscoli montati su supporti metallici che attendono di essere degradati dalle intemperie e ci riporta al tempo cronologico, al passato, al perenne moto delle stelle governato da Ananke. L’olio di oliva, richiamato dai fiscoli, è simbolo di accoglienza, nutrimento, estrema unzione, per ricordarci che il chiostro fu utilizzato come fossa comune.

In un angolo la vela di Massimo De Angelis rimanda a miti di approdi lontani, ricerche, tragiche imprese

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Nella cripta l’installazione fotografica di Maria Pizzi presenta volti e corpi in una dinamicità statica tipica del ricordo, del vissuto personale, ristretto nello spazio angusto. Visioni proposte anche nei suoi ‘cartoni inanimati’, il video proiettato in uno dei lati del chiostro. Con un originale montaggio l’artista ci mostra danze macabre e allegre che si alternano a sottolineare l’andamento contraddittorio della vita.

Le sculture in bianco e nero di Luigi Riccioni sono figure leggere e fluttuanti nello spazio, quasi trascendenti, una faticosa maestria che si esprime in un’alternanza di geometrici vuoti e pieni.

La collettiva, ricca di opere, oltre a quelle descritte, offre un contraddittorio aperto, anche in senso fisico, sulle quattro personalità artistiche e i loro percorsi.

L’inaugurazione della collettiva è stata preceduta da un’emozionante esibizione al flauto dell’artista armena Sona Hakobyan che ha voluto ricordare le vittime del genocidio del suo popolo proprio in un luogo che fu una fossa comune. L’artista si è esibita usando uno strumento originale  del suo paese, in legno di albicocco.

Fabio Vincenti