Ieri, venerdì 18 marzo 2016, si è inaugurata a Viterbo la mostra “Tra forma e segno”, presso l’ex mattatoio a Valle Faul. La mostra resterà aperta dalle 10 alle 19 tutti i giorni, esclusi i lunedì non festivi, fino al 29 maggio 2016. Le opere provengono da due collezioni d’arte: quella della Repubblica di San Marino e quella della Società Scudo Investimenti sempre di San Marino. Molti gli artisti presenti con capolavori di Dorazio, Perilli, Music, Vedova, Rotella e Hartung.
Erano anni che a Viterbo non si organizzava una collettiva di così grande importanza, con opere vere, ben datate e, alcune, di qualità museale. E’ sempre bello osservare un quadro autentico, con il suo craquelé, con le imperfezioni del supporto, sia esso tela, carta o tavola, dovute al naturale passaggio del tempo. Finalmente. Sì perché a Viterbo per decenni siamo stati abituati a poster, stampe e polimaterici, con inquietante apprezzamento di alcuni.
Se le opere meritano il prezzo del biglietto (5 euro intero 3 euro ridotto), non può dirsi altrettanto dello spazio e dell’allestimento. Se acquisterete il catalogo della mostra alla cifra di 15 euro, vedrete che la prima di copertina è dedicata giustamente, per l’importanza dell’artista e per quello che accade a livello di mercato, ad un “tre tagli” di Fontana. All’interno del catalogo è ben illustrata la suddivisione della mostra. Iniziando il percorso, però, noterete quasi immediatamente, sulla sinistra, quello che dovrebbe essere il pièce de résistance dell’evento, ovvero il quadro di Fontana montato, tra l’altro, in una cornice imbarazzante che lo affligge. In certe situazioni l’attesa è tutto e visitare una mostra d’arte è una di quelle.
La gente dovrebbe chiedersi dove sia l’opera eletta e invece appare dopo pochi passi in una posizione a dir poco deludente. Tutto finito, breve ma intenso. In altre parole è come se in un’antologica di Picasso, appena entrati, trovaste sulla vostra sinistra le Demoiselle d’Avignon e tutto il pathos dello show si sciogliesse in due minuti. E’ pur vero che lo spazio espositivo non aiuta a valorizzare opere d’arte. L’illuminazione non è delle migliori e le enormi vetrate dell’edificio lasciano passare una quantità di luce esagerata che infastidisce. Uno spettatore giura di aver sentito un acquerello di Ontani gridare aiuto, bagnato frontalmente dalla calda luce solare. Al piano superiore, idealmente il più importante, dove ci si aspetterebbe di trovare il culmine della mostra come in un crescendo rossiniano, ci sono, tra le altre opere, una piacevole veduta di Venezia del 1915 di De Chirico, un lavoro di Gentilini e un disegnino di Modigliani del 1917, innocuo nel suo candore. Nelle pareti laterali troviamo tre disegni di Bonetti da una parte ed un’opera di Cagli dall’altra. Tutto in onore della natura e del paesaggio. Chi l’avrebbe detto che Fontana sarebbe stato sacrificato sull’altare della figurazione?
Ma alla fine del gioco, che visibilità avrà Viterbo dopo questa mostra? E’ soltanto una buona pubblicità per San Marino? Sarà come al solito il classico sasso nello stagno o sarà l’inizio di una nuova e inaspettata apertura della città verso il meraviglioso mondo dell’arte?
Anton Giulio Niccoli
Foto di Fabio Vincenti
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