Osservando i collage di Carlo Vincenti, in mostra alla galleria Miralli di Viterbo, fino a domenica 31 gennaio 2016, risulta evidente quanto il termine sia inadeguato per le sue opere. I lavori di Vincenti, in realtà, sono debitori alla colla, in quanto elemento utile ad assemblare gli elementi che li compongono: parlare di collage per Vincenti, da un punto di vista concettuale, è come parlare di pittura per Castellani o Fontana.
Vincenti non esalta un’immagine specifica, non segue una corrente artistica e non crea mai opere fini a se stesse, poiché i principi combinati assieme sono pezzi autonomi d’una veduta più vasta. Converte le tele e i cartoni in studi architettonici (Vincenti frequentò architettura due anni), dove nulla è decorativo, casuale e avanguardistico, i materiali comuni sono scelti non per la loro accezione emotiva o per il loro senso estetico, ma per la capacità di ognuno di celare la storia che devono costruire. Vincenti non ambisce a portare nell’opera una porzione di mondo per esaltarne un significato metafisico, desidera altresì erigere delle gabbie in grado di intrappolare scritture e concetti che formano la sua intera esistenza, le verità scoperte in vita. Le sue opere sono taccuini, parti di mondo.
Poco importa se lo spettatore vi riconosce elementi domestici (fumetti, carte da gioco, segni geometrici…); per l’artista è assolutamente irrilevante, poiché ci sottopone un messaggio che supera il significato dell’oggetto stesso, con le possibili assonanze e i ricordi in grado di alimentare. E’ grazie a queste costruzioni figurate che Vincenti manipola il tempo stesso, un tempo misurabile da un punto di vista terreno e spirituale. Coesistono, senza ostacolarsi santi e dive, pudicizia e pornografia, volti e vagine. Migliaia di forme e simboli, ripetuti in modo incessante, modellano un’area definita dalla consapevolezza, dalla propria condizione nell’universo.
Edificare con la colla è un mezzo veloce per mediare i suoi concetti e l’esistenza tutta, dimostrando la sopravvivenza e l’enigma dell’immagine oltre la storia dell’arte, mostrandoci quello che è a tutti gli effetti, il suo spazio d’azione. Negli anni, Vincenti si è servito di cose banali per velare risposte, per spingere l’osservatore a scalare il visibile e a conquistarsi uno sguardo privilegiato sull’essere umano e divino.
Anton Giulio Niccoli
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Arte. Scalando il visibile con Carlo Vincenti. La mostra "Collage" alla Galleria Miralli di Viterbo fino al 31 gennaio |L'ora Legale
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