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Dal 22 marzo partirà su loralegale.eu un doppio appuntamento settimanale con il mondo dei sordi che chiameremo “la voce del silenzio”, una rubrica cui teniamo molto che cercherà di far conoscere un mondo non molto noto al grande pubblico non privo di fascino e calore umano. Di questo universo a sè, così particolare, tutto da svelare, coglieremo sia l’aspetto del Linguaggio che quello della Lis sia la stretta quotidianità di chi lo vive, con i suoi sogni, le sue ambizioni, i suoi traguardi professionali da raggiungere o già raggiunti. Il doppio incontro con il mondo dei sordi sarà curato con rigore analitico, ma anche con romantico trasporto dalla nostra Nadia Lisanti, esperta del settore ed interprete Lis: le facciamo gli auguri di buon lavoro certi che saprà raggiungere risultati di assoluto riguardo. (p.b.)
ll divario sempre presente ancora oggi tra la scelta di considerare la sordità una condizione biologica piuttosto che socioculturale ha così finito per rallentare il riconoscimento delle lingue dei segni. Dovranno passare ottant’anni dal congresso di Milano (tenutosi nel 1880 e in cui si stabilì che “Il gesto uccide la parola”) perché William Stokoe possa, con un testo rivoluzionario, “Sign language structure” riportare l’attenzione di studiosi del linguaggio su queste forme di comunicazione e poterne ammetter le proprietà che le accomunano alle lingue vocali, dando per assunto che siano lingue, nonostante si esprimano al di fuori del canale acustico-vocale
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Eppure proprio la condizione biologica è requisito imprescindibile dalla condizione socio-culturale e, nelle lingue dei segni, nella storia della comunità sorda questo dato è pressochè disarmante, riluce di una chiara evidenza semantica quanto la natura abbia a che fare con la cultura.
Secondo l’Ethnologue al mondo esistono ben 114 diverse lingue dei segni che vantano una varietà interna tale dal momento che, trattandosi di una lingua che non si affida al canale scritto, per essere trasmessa, risente meno del processo di standardizzazione
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In Italia dobbiamo agli studi del gruppo Cnr di Roma intorno agli anni ’80 la possibilità di esprimere il dato che si trattasse di una lingua dei segni e questo a partire dalle prime documentazioni video registrate. A partire dalle osservazioni fatte la Virginia Volterra (neuropsicologa le cui ricerche “pionieristiche” sulla lingua dei segni usata dai sordi, nel corso degli anni, hanno contribuito ad una più approfondita conoscenza e ad una corretta diffusione di questa lingua in Italia) la Serena Corazza e la Elena Antinoro Pizzuto (luminarie della materia al pari della Volterra) hanno stabilito che i cambiamenti della lingua non si avvicendano per cambio di generazione quanto piuttosto per cambiamento delle condizioni esterne in rapporto alla Lis, la regione e i contesti in cui viene utilizzata la Lis.
Elena Radutzky (ricercatrice ospite presso l’Istituto per le Scienze e tecnologie cognitive del CNR) ha dimostra poi, con una serie di osservazioni, che i cambiamenti della lingua attengono ai parametri propri delle lingue vocali partendo dal presupposto che i principi basilari della lingua dei segni sono la facilità articolatoria del segnante e la facile percezione visiva del ricevente, sottolinendo come si verificasse in chiave di evoluzione linguistica:
- La tendenza dei segni a 2 mani asimmetrici a diventare simmetrici es: macchina fotografica, provare
- La tendenza a spostare il luogo del segno perché sia più percepibile es: santo, oppure per non coprire il viso o assumere connotazioni razziali es: Africa
- La tendenza ad eseguire in modo semplice i segni composti es: intelligente
- La tendenza a ridurre ad una sola configurazione i segni che ne prevedono due es: occupato
- La tendenza ad una maggiore fluidità. Es: compleanno senza che si afferri qualcosa
- Una riduzione dell’ampiezza dei movimenti es: Ministero
- In alcuni segni l’estensione del pollice per facilitare l’esecuzione come ad esempio in uccidere o piangere
- La tendenza alle inizializzazioni
La lingua si evolve anche in termini lessicali vuoi perché ci sono segni che non si adottano più essendo stati chiusi gli istituti in cui si insegnavano, e che rappresentano un patrimonio che appartiene solo a quanti per esempio al Gualandi di Roma ci hanno lavorato; ci sono ancora segni mutati in ragione del mutamento della forma degli oggetti che rappresentavano, ad esempio il telefono.
Altri invece non subiscono la variazione nonostante sia variata la dimensione o forma dell’oggetto cui si riferivano, per esempio televisione conserva le manopole pur non corrispondendo più nella realtà, o bar che simula ancora il movimento della vecchia macchina da caffè. Accanto a segni che permangono ci sono i neologismi anche nella lingua dei segni pensiamo soprattutto all’evoluzione tecnica e informatica.
E troviamo segni dettati dai mutamenti socioculturale avvenuti nella comunità sorda soprattutto alla luce della legge 104/92 che ha permesso alle persone sorde di abbattere le barriere della comunicazione proprio all’Università. Studiando le varie materie i sordi hanno sentito l’esigenza di accogliere un linguaggio specifico che spesso viene introdotto proprio dagli studenti e dagli interpreti. Quello che balza agli occhi sono innanzitutto le differenze tra il segnato dei giovani e quello dei sordi anziani o vecchi: la tendenza per i primi è quella di segnare veloce tendendo a spezzare i segni ed è visibilissimo, guardando le mani, ci si accorge se si tratta degli uni o degli altri. In questo si riscontra una somiglianza con le lingue vocali, anche i giovani udenti tendono ad utilizzare un parlato molto veloce.
L’aspetto interessante è che con i telegiornali in Lis sta avvenendo ciò che è accaduto per l’italiano degli anni 60: la televisone sta avviando un processo di standardizzazione che vede in Roma il cuore pulsante e il punto di riferimento del segnato, anche perché lì è presente il gruppo di ricerca ISTC-CNR e molti altri gruppi e cooperative che operano in tal senso.
Altro elemento che individua i cambiamenti della lingua è lo spazio. Così come per l’italiano il dialetto toscano si è affermato sulle altre parlate dialettali locali per assumere valenza nazionale diventando per convezioni letterarie, politiche ed economiche l’Italiano Nazionale, mantenendo inalterate le diversità che si ravvisano in aspetti fonetici, lessicali, nella costruzione della frase e nell’italiano scritto, pensiamo ad un Camilleri. Gli errori delle influenze delle parlate regionali si ravvisano anche nell’italiano scritto, il romanesco raddoppia la b, sottrae la doppia in parole come terra, guerra. Al centro, nord e sud variano ad esempi i modi di dire ora, adesso, mo’; cocomero, anguria, melone d’acqua. Esistono ancora in Italia le cosiddette lingue di minoranza, diffuse in aree specifiche del nostro Paese.
La comunità sorda si considera essa stessa lingua di minoranza al pari delle altre culture minoritarie presenti in Italia quali il tedesco in Alto Adige, il Catalano parlato ad Alghero, e così anche la Lis conserva al suo interno varietà dialettali ad esempio il termine difficoltà a Torino si fa con 4 mentre nel resto di Italia è paragonabile ad inflessioni vocali tipo denuncia/denunzia presenti come varianti in Italiano.
A Torino e Trieste sono più marcate le configurazioni 3/5 di una volta ad esempio il segno albero o castello. Lo stesso segno può assumere significati diversi e variare da regione a regione anche qui. Es: malato e Roma. Variazioni lessicali presenti anche nei modi di segnare i colori, i giorni della settimana, le stagioni, le parentele. Inoltre la Lis varia in funzione delle influenze dell’ASL dovute al tentativo da parte dell’Ens (Ente Nazionale Sordomuti), negli anni Sessanta di costruire una lingua dei segni universale, il Gestuno che era intrisa di segni statunitensi; in realtà si tentò di seguire il modello dell’esperanto per le lingue vocali, entrambi fallirono perché costruiti su basi artificiali. Altri segni americani sono entrati a far parte della Lis per via delle borse di studio Fullbright attraverso cui le persone accedevano alla formazione della Gallaudet University e riportavano alla comunità sorda una volta rientrati in Italia, dove venivano riconosciuti come leader.
Altro aspetto è l’utilizzo dell’Asl al pari dell’inglese per gli udenti, quale lingua internazionale.
Ecco perché la Lis, come le lingue vocali, conosce le due dimensioni di cambiamento quella nel tempo e nello spazio. La lingua subisce variazioni anche sulla base del contesto sociale di riferimento e il mezzo utilizzato. La lingua scritta ha regole più rigide di quella orale.
Se la lingua scritta è importante perché i popoli attraverso scrittura e lettura progrediscono, è pur vero che senza parlare gli stessi neppure esistono. Fino a poco tempo fa non esisteva una forma scritta della Lis ultimamente la possibilità di riprendere in video comincia a determinare anche la nascita della letteratura sorda.
Fino al 1700 ci sono stati tentativi di mettere nero su bianco la Lis ma tutti i sistemi risultavano inadeguati e tra questi la trascrizione di un segno ma non il movimento, oppure al segno si sostituiva l’etichetta verbale, oppure si provava ancora con un ideogramma.
Grazie agli studi di Elena Antinoro Pizzuto, purtroppo scomparsa prematuramente, all’Unità di ricerca del Sign Language Deaf Studies dell’ISTC-CNR di Roma si porta avanti un sistema di trascrizione della Lis, basato sui glifi, ideato da Valery Sutton che, provato dai sordi, funziona molto bene; è entrato a far parte del Progetto Firb VISEL, E-LEARNING sordità e lingua scritta, finanziato dal MIUR. La classe sociale di provenienza influisce sul modo di parlare e scrivere delle persone. E così le classi popolari parlano un italiano in cui si nota soprattutto:
- Scarso uso di aggettivi e subordinazioni
- Un uso poco corretto dei pronomi (A te ti piace?Io ci avevo detto bene)
- Un uso poco corretto di tempi e modi (Se sarei)
- Un uso poco corretto nel comparativo (più meglio)
- Una scarsa attenzione nell’uso dei vocaboli quando in realtà l’italiano è lingua ricca di sinonimi (Dire, raccontare, confessare, declamare, pronunciare, annunciare o per dare: donare, regalare, fissare un appuntamento, concedere un permesso, assegnare un appalto)
Nella Lis questa precisione è più marcata che in italiano per esempio nei segni mangiare a seconda della cosa che si mangia il verbo assume funzione classificatoria: mangiare il panino è diverso che la mela o in tagliare. Altre volte la Lis è meno precisa e, dunque, la bravura dell’interprete consiste nel rintracciare il sinonimo più adeguato a conferire un tono meno piatto al discorso del sordo. Le stesse differenze si rintracciano nei sordi figli di sordi e sordi che imparano la Lis da grandi. Avendo avuto un retaggio di cultura oralista i secondi si esprimono in un italiano più radicato. La lingua adottata cambia sulla base del contesto in cui essa si esprime variando di volta in volta lo stile e il registro sulla base dell’interlocutore cui si rivolge. La lingua nel tempo varia anche sulla base degli eufemismi che accoglie (dal greco eufemismo ammorbidire una parola) quindi se la cameriera diventa la collaboratrice domestica, il sordo, per ignoranza, diventa il non udente. Questo lavoro di adattamento del contesto linguistico si trasporta tutto nel lavoro dell’interprete che specie quando si trova ad affrontare la trasposizione dei segni in voce è chiamato a recuperare il valore semantico di un eufemismo, essendo la Lis molto diretta e poco costruita, e a riadattarla in funzione di norme e regole che appartengono al mondo udente. Un esempio tra tutti è una sorta di mancanza di tatto, per me pura e semplice spontaneità, che fa dire ad un sordo che sei grassa, che se ti incontra dopo tanto tempo sei più vecchia, cosa che un udente pur pensando non farebbe. Probabilmente perché ai sordi vissuti in istituti è mancata la comunicazione che avviene tra madre e figlio di educazione al bon ton – Questo non si dice – e la correzione di determinate abitudini è rimasta isolata. La stessa cosa avviene nella comunicazione riguardante il sesso. Si può essere espliciti mimando la comunicazione o meno diretti. Anche il sordo adatta la propria lingua in funzione dell’interlocutore che ha di fronte soprattutto in ragione dell’evidenza che ha di riscontrare se l’udente conosce o meno la Lis. E allora il sordo ti viene in soccorso rallentando oppure segnando in modo semplice la frase, ugualmente adatta il segnato quando si trova in una conferenza ben sapendo di rivolgersi ad un uditorio misto.
Parallelamente dunque l’interprete si troverà ad affrontare la stessa sfida di contesto, dunque varierà il proprio registro linguistico che sia in segni piuttosto che in parole in funzione del contesto di traduzione in cui si trova ad operare.
Ne va da sé che anche il tipo di lavoro che si compie varia in relazione al settore specifico di riferimento. Le intenzioni del linguaggio variano in funzione dello scopo che intendiamo raggiungere e del mezzo scritto o orale che adottiamo, va da sé che avremo un linguaggio differente sulla base delle stesse.
Abbiamo tanto da imparare gli uni dagli altri, sordi e udenti…Mentre in Italia si pensa a perdere di vista l’italiano come lingua madre, mentre in Italia si sta sempre più a concentrarsi sul valore “economico della lingua” abdicando la funzione di “nazionalità” all’Europa, mentre in Italia perdiamo le nostre tradizioni dimenticando l’italiano, sempre in Italia vi è tutto un mondo parallelo che lavora per custodirle. Si è sordi a questo approccio di confronto tra le lingue perché non si è disposti a cedere al prossimo neanche un centimetro di condivisione, si è sordi tra gli udenti quando si mercificano i diritti.
Nadia Lisanti
Foto: le prima due dall’alto in basso sono di Giancarlo Sanfilippo; l’ultima in basso ritrae la nostra Nadia Lisanti.
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