1992: la speculazione internazionale guadagna a spese del sistema Italia 48 miliardi di dollari.
2012: la speculazione internazionale guadagna a spese del sistema Italia 50 miliardi di euro
2016/17 la speculazione sta ripartendo con i crediti problematici:
quanto le lasceremo guadagnare questa volta?
Un appello alla comunità degli esperti di questo settore: prima che sia troppo tardi facciamone un case study e proponiamo delle soluzioni.
Steve Eisman, grande esperto e protagonista di speculazioni internazionali, proprietario di uno dei maggiori hedge fund, in un’intervista al Guardian dice con chiarezza ciò che finora veniva solo intuito o sussurato: è in corso un attacco alle banche italiane, da parte degli speculatori internazionali, tramite vendite allo scoperto.
Non parliamo di uno speculatore qualunque ma dell’uomo la cui vicenda reale (che gli ha permesso una plusvalenza da un miliardo di dollari) ha ispirato The Big Short – La Grande Scommessa, il film che ha vinto un Oscar. Nel 2007-2008 attaccò, vendendo allo scoperto i loro titoli tramite il suo hedge fund, le banche USA scegliendo quelle che detenevano più titoli di finanza strutturata basati sui mutui subprime. Oggi ci sta riprovando con le banche europee, in particolare con quelle italiane.
E’ interessante (riporto sintesi italiane sull’articolo del Guardian) il giudizio di Eisman:
- le autorità europee sono state troppo ‘accomodanti’ nei confronti delle banche europee. Quelle americane, per l’intervento della Fed, non vendono più mutui sub-prime ai consumatori, sono diventate ‘noiose’ come investimento.
- Con l’elezione di Trump: ‘Credo che ci potrà essere un ammorbidimento delle durissime regole imposte dall’amministrazione Obama nei confronti delle società finanziarie, in particolare sulla vendita dei loro prodotti al pubblico. L’aria è cambiata, a tutto vantaggio delle banche che vogliono approfittarsi dei clienti’. (sottinteso, nota di chi scrive, le banche europee possono approfittarsi dei clienti e questo crea degli scompensi utilizzabili dalla speculazione).
In particolare, per quanto ci riguarda, l’obiettivo della speculazione al ribasso sono le banche italiane gravate da NPL per 360 miliardi di euro, in gran parte concentrati nei primi cinque gruppi: Intesa-San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI.
E’ interessante capire su quali studi e presupposti di analisi Eisman basa la sua scelta di colpire. Comprenderlo potrebbe suggerire dei mezzi per contrastare la speculazione e impedire che nel futuro si ripresentino situazioni oggettive favorevoli agli speculatori,.
Nel 2007-2008 studiò e scelse, per attaccarle, le banche USA che detenevano più titoli di finanza strutturata basati sui mutui subprime. E’ importante notare che i corsi azionari di queste banche erano alti (e quindi c’era spazio per speculare al ribasso) perché le agenzie di rating concedevano la tripla A, dopo aver ricevuto laute commissioni per la loro attività di consulenza alle stessa banche per costruire i bilanci in modo da raggiungere tale valutazione.
Oggi, ancora una volta, coglie il nesso per speculare proprio nell’intreccio collusivo fra vigilanti e vigilati che noi da anni denunciamo su altri fronti (manipolazione continua dei tassi d’usura, gestione delle segnalazione alla Centrale Rischi, esclusione del reato di usura dal novero dei reati obiettivo della legge 321)
Il prof. Zingales è chiarissimo sul punto: “…. il futuro dell’Italia dipenda dal valore delle sofferenze bancarie. In realtà, il problema non si limita alle sole sofferenze, ma anche ai cosiddetti incagli, oggi ridenominati “inadempienze probabili” (IP). La Banca d’Italia definisce le sofferenze come crediti la cui riscossione non è certa perché i soggetti debitori sono in stato di insolvenza o in situazioni equiparabili. Le IP rappresentano esposizioni nei confronti di soggetti in situazione di difficoltà obiettiva ma temporanea. Anche in un mondo ideale, separare le sofferenze dalle IP è difficile. …… Una sofferenza richiede un accantonamento intorno al 60%, un’IP al 30%. La differenza è enorme. Prima dell’operazione con Atlante, Monte Paschi di Siena (MPS) aveva €27,7 miliardi di sofferenze lorde (in bilancio al 37% del valore nominale) e €16,9 miliardi di IP lorde (in bilancio al 71% ). Per ogni miliardo di sofferenze che MPS riesce a classificare come IP evita accantonamenti (e quindi perdite) per €341 milioni. Quando la tentazione di piegare le regole è così forte, possiamo fidarci di questa classificazione? Questa fiducia è fondamentale per valutare un piano di intervento per il sistema bancario italiano, perché oltre ai €200 miliardi di sofferenze ci sono €160 miliardi di IP. Se queste IP valgono il 40% invece dell’70% cui sono state inscritte a bilancio, il sistema bancario ha bisogno di €48 miliardi di capitale per ripianare le perdite su IP, .. oltre …. alle decine di miliardi necessari per colmare le perdite sulle sofferenze. Come possiamo sapere se le IP sono sofferenze nascoste o sono veramente casi di temporanea illiquidità? ……. Ricordiamoci che negli altri Paesi esiste un termine, non performing loans, ossia crediti deteriorati, che include sia le sofferenze sia quelli che una volta chiamavamo incagli e che oggi si chiamano inadempienze probabili o unlikely to pay.”
In estrema sintesi, ancora una volta, come nei casi sopra citati (usura, Centrale Rischi, legge 321, che hanno comunque dato il loro contributo alla dilatazione degli NPL) risulta evidente che gli Istituti Bancari, pilastro fondamentale dell’economia italiana, sono essi stessi la causa di gran parte delle loro difficoltà attuali. Quando nel libero mercato una parte stravolge le regole, (con il compiacente silenzio dei regolatori) i danni si ripercuotono alla fine su tutti i componenti del sistema, anche su quelli che apparentemente e per qualche tempo ne hanno beneficiato.
Eisman, nell’intervista al quotidiano britannico Guardian, sostiene: quasi tutte le banche italiane contabilizzano queste partite non secondo gli standard internazionali, (intorno al 20% del valore nominale) ma, come concede loro la collusiva normativa vigente, al 40-50%.
La conferma che lo spazio per la speculazione esiste lo troviamo nel fatto che, seppur molto in ritardo, le banche italiane si sono rese conto del problema, solo due esempi fra i mille possibili:
il presidente di Intesa Sanpaolo, non è favorevole alla cessione degli Npl. Negli ultimi tempi ha «rimesso in bonis» ben 40.000 posizioni in difficoltà, in pratica ha transato con aziende e famiglie ed ha restituito loro dignità creditizia
Unicredit, secondo anticipazioni giornalistiche prevede maxi accantonamenti per far fronte ai crediti deteriorati, per un valore monstre fino a 9 miliardi di euro. ….. “In data 30 settembre, UniCredit aveva a bilancio crediti deteriorati per un valore di 51,3 miliardi di euro, con un coverage del 61,9%, dunque svalutati del 38,1%, ma a un valore ancora più elevato rispetto alle attese dei mercati”. Con questa operazione si arriverebbe ad un 30% medio
Esiste una soluzione, o meglio prima che sia troppo tardi è possibile farne un case study e proporre delle soluzioni?
Con altri amici, gli avvocati Mandico, Pagano, Griffo, l’imprenditore Perrotta, che condividono l’impegno a favore di coloro che sono danneggiati dalla evidente, italica, collusione di cui sopra fra sorvegliati e sorveglianti, abbiamo cercato di sviluppare un dibattito partendo da un’intelligente provocazione di un importante dirigente bancario.
per chi volesse leggerli ecco i link.
http://www.wallstreetitalia.com/opinioni/condono-bancario-utile-per-tutti-ce-anche-precedente/
http://www.loralegale.eu/6824-2/
http://www.loralegale.eu/economia-la-necessita-di-un-nuovo-patto-tra-banche-e-consumatori/
http://www.affaritaliani.it/economia/npl-serve-un-grande-condono-bacario-450314.html
Do una rapida sintesi del dibattito perché fornisce il canovaccio di una possibile soluzione:
- la banca ha il diritto/dovere di recuperare il credito da chi non paga.
- in una situazione normale le sofferenze, sono inferiori al 7/10% dei crediti bancari.
- oggi su circa 1.500 miliardi di crediti bancari, 350 miliardi sono classificati crediti deteriorati. 200 miliardi sono sofferenze, considerati in gran parte persi, e valgono nei bilanci delle banche valgono più o meno 85 miliardi.
- questi 200 miliardi di sofferenze riguardano nella sostanza, considerando garanti, cointestatari e dipendenti, quasi 10 milioni di persone, (mi verrebbe da aggiungere impoveriti, futura facile preda dei Trump italiani)
- non è più un problema tecnico delle banche, è un problema politico.
- Il pensiero debole e omologato sostiene che le banche debbono cedere i crediti ai fondi di investimento per liberarsi di questa zavorra.
- Tra gli strumenti da adottare, non va esclusa una soluzione che metta in condizione debitore e banca di trovare soluzioni concordate nell’ambito di regole molto precise che favoriscano l’accordo non oltre il limite minimo del valore di mercato dei crediti, sostanzialmente corrispondente al prezzo che i cessionari sono disposti a pagare per acquistarlo.
Ho intenzionalmente sottolineato in grassetto gli ultimi tre punti perché sono le reali proposte di soluzione.
- bisogna uscire dalla rassegnazione come concetto di fondo per cui ognuno di noi viene deresponsabilizzato e decolpevolizzato, in una tollerante accettazione della deriva casuale degli avvenimenti; è necessaria invece una forte presenza sia sul piano dell’etica, sia sul piano della conoscenza;
- la normalizzazione, nell’interesse di tutto il sistema, dei rapporti fra banche e consumatori) è indispensabile. Tale normalizzazione però, per essere efficace, deve dare atto che il 2008 e poi, per l’Italia, il 2011 hanno segnato un momento di rottura epocale. Tutto il sistema, banche, imprese, governo opposizioni deve impegnarsi per una forte discontinuità, come seppe fare Roosevelt con le leggi bancarie del New Deal, oppure, su di un altro piano, Mandela in Sudafrica con la Commissione Tutu. Alcuni milioni di imprese e cittadini, alleviati dall’ossessione dei debiti bancari che non possono più pagare, devono tornare a vedere il futuro con ottimismo, a far ripartire le loro aziende, ad aumentare i loro consumi ecc. Tutto a beneficio del PIL e della ripresa.
Giovanni Pastore
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